A colloquio con Maria Domenica Brun Barbantini

Di Angelo Brusco in Camillianum – Libri di storia e spiritualità camilliana – Vari, N.12, 1995, pp. 289-300

Per illustrare la spiritualità e il carisma di Maria Domenica Brun Barbantini, ho immaginato una sorta di conversazione aperta, durante la quale la nuova Beata si mostra disponibile a rispondere alle libere domande dei partecipanti. La scelta di questo genere letterario mi pare adattarsi alle doti di buona comunicatrice possedute dalla Brun Barbantini. Non solo parlava con facilità, ma ha anche lasciato molti scritti: un’autobiografia, numerose lettere, oltre la redazione delle prima regole della Congregazione e altre composizioni.

A fare il primo intervento è stato un giovane che si diceva interessato al tema della spiritualità. “Avverto in me – egli afferma – un forte anelito all’interiorità, un desiderio di sfuggire alla dispersione divorante, a quella sottile alienazione che rischia di rendere l’uomo estraneo a se stesso. Molti miei coetanei si trovano nella stessa situazione. Ho un’amica che è appena entrata in un convento di contemplazione. Altri seguono dei gruppi ispirati a scuole spirituali dell’oriente. Vorrei proprio sapere da Lei, che cos’è la spiritualità”.

La risposta della Madre è iniziata con un aneddoto certamente molto conosciuto però sempre significativo.

“Due giovani stavano giocando con delle pietre lungo un ruscello. Passò un signore e chiese loro: cosa state facendo? Ammucchio dei sassi, rispose il primo. Mentre il secondo esclamò entusiasta. Sto costruendo una cattedrale.

Poi continuò: “Nel cuore d’ogni uomo e d’ogni donna è nascosto un desiderio profondo di realizzare il progetto della propria vita utilizzando e organizzando le energie presenti nella sua persona. Tale desiderio non sempre è avvertito in maniera cosciente. A volta è trascurato e perfino combattuto. Quando sarai più avanti negli anni, sorgeranno nel tuo spirito interrogativi come questi: mi sono realizzato? In che misura ho portato a compimento la mia vita? Quante volte mi sono poste queste domande, nei momenti di riflessione, nelle lunghe ore di preghiera, nei tempi di verifica della mia vita e delle mie iniziative…

Ebbene, la spiritualità è l’insieme delle aspirazioni, delle convinzioni e dei valori che raccolgono e organizzano in un progetto unitario la vita di una persona, portandola a costruire la propria cattedrale, ad autorealizzarsi”.

A questo punto, ho avuto un momento di distrazione che m’ha consentito di comprendere meglio il concetto espresso dalla Beata. Le sue parole m’hanno fatto pensare a mia mamma, morta un anno fa, il 22 maggio. Spesso, riflettendo sul lungo percorso della sua vita, mi sono sorpreso a interrogarmi su ciò che aveva fatto vivere quella donna così importante per me, a ciò che aveva fatto vivere quella donna così importante per me, a ciò che aveva dato senso alla sua vicenda umana.  Al di là dei concreti avvenimenti che hanno sostanziato la sua vita, mi è parso di cogliere un disegno unitario, il crescere di una cattedrale da lei innalzata progressivamente, seguendo con creativa fedeltà un interiore filo conduttore e attingendo ad una forza che consentiva ai suoi desideri, alle sue nostalgie, alle sue ricerche, alla sua irrequietezza di trovare riposo e realizzazione, nell’ambito modesto di una vita semplice, confrontata giorno dopo giorno con le ordinarie sfide dell’esistenza.

Mentre, seguendo questi pensieri, cercavo di identificare la spiritualità di mia madre, prese la parola una signora di mezza età, dallo sguardo intelligente e inquieto: “Comprendo, madre, ella disse. Il concetto di spiritualità da lei espresso può essere accolto da tutti,. Ma proprio per questo è un po’ vago.

A me interessa sapere dove hanno trovato la loro fonte e il loro alimento quell’interiore filo conduttore, quelle strutture portanti che le hanno consentito di costruire cosi armoniosamente la cattedrale della sua esistenza, che noi ora ammiriamo!”.

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