Un confratello dai capelli argentei scrive a Gesù Bambino questa lettera che volentieri condividiamo con tutti voi.
Roma, 23 dicembre 2013
Mi hanno chiesto di scriverti una letterina che tu porterai ai Camilliani che ricordano i 400 anni del viaggio di Camillo verso i prati del cielo. È facile notare un clima spirituale poco entusiastico del nostro presente e un po’ perplesso per il futuro. Sappiamo che, quando si preparava la celebrazione dei 300 anni, la “pianticella” di Camillo attraversava, allora sì, un periodo molto più burrascoso dell’attuale. Era diventata proprio piccola (178 Camilliani nel 1891), e non era molto più grande l’anno della celebrazione. Oggi, invece, è diventata un albero robusto (1200 Camilliani) come mai nella sua storia. Ha radici in molti paesi di tutti i continenti, con rami potenti, numerosi giovani, ricchi di speranza per il domani. È vero che il ramo più alto è stato colpito da un fulmine, ma la pianta è rigogliosa, gli altri rami sono pieni di vitalità, l’albero ha energie abbondanti per sfidare i venti e gli uragani. È come la vite del Vangelo che ha bisogno di essere potata perché porti frutto in abbondanza.
Quel memorabile mattino, nel viaggio di ritorno a Manfredonia, Camillo meditava la vanità del suo girovagare e ha intuito che il suo futuro era diverso, “vivere solo per Dio”; qualche anno dopo, nell’ospedale San Giacomo a Roma, i suoi occhi hanno scoperto “il Cristo presente nel malato”; nel mezzo delle sue paure, quella sera di metà agosto, il Crocifisso gli ha detto “non temere, continua, è opera mia!” e le paure sono passate, mentre le difficoltà gli faranno sempre buona compagnia. Quando curava un malato Gesù gli ricordava “stai curando me”. Questa è la nostra ricchezza.
Da allora ne è passato di tempo! Quante cose sono cambiate. Quante meraviglie nuove ha la medicina per curare i malati. Anche le sofferenze sono diverse, i bisogni sono diversi, perfino i desideri e le aspirazioni dell’uomo sono altra musica. Tempi, storie, linguaggi nuovi, altre realtà. Eppure il malato, in ogni angolo del mondo, ha sempre bisogno di cura, della sensibilità e dell’attenzione di altri uomini e di altre donne. In ogni paese ci sono situazioni, malattie, necessità particolari, ci sono altre culture, ricchezze o povertà, ma ci sarà sempre bisogno di un fratello o una sorella che tende una mano al malato e gli fa sentire la sua presenza.
Il nostro essere nel mondo in modo significativo o banale, efficace o insignificante, necessario o superfluo: questo è l’oggetto della riflessione. Una cosa è certa: i Camilliani si caratterizzano per la “cura totale” del malato, senza riduzionismi. In ogni tempo della storia, in ogni paese, il loro ruolo è portare questo messaggio di Gesù all’umanità: “curate i malati e annunziate il Vangelo”. L’intelligenza e il cuore faranno scoprire i modi, i mezzi e l’opportunità del momento per portare una gioiosa notizia. La tenerezza di una madre per il proprio figlio sarà sempre la luce di un sole che non tramonta mai e sarà un punto di riferimento.
Stavamo celebrando con la chiesa l’anno della “Nuova evangelizzazione” e sembrava non prendere slancio, pensavamo fosse una “questione” non per noi, ma per “ il mondo”, non per i cristiani, i preti, i religiosi, la chiesa. Poi è arrivato papa Francesco e il vento è cambiato improvvisamente. Si sente la primavera dello Spirito, la fragranza del Vangelo. Abbiamo riscoperto che proprio ciascuno di noi ha bisogno di essere nuovamente evangelizzato e che ogni uomo ha diritto a ricevere la gioiosa salvezza di Dio. È come una nuova luce che improvvisamente si è accesa e illumina le cose che erano in penombra, avvolte dal grigiore dell’abitudine. Ora ci appaiono diverse, nuove nella loro bellezza. Finalmente si sente la gioia di respirare l’aria fresca di un nuovo mattino pieno di speranza evangelica.
Per celebrare il IV Centenario della morte di San Camillo il modo migliore è lasciarci evangelizzare nuovamente, riflettere sul nostro carisma, riscoprire l’infinita bellezza della nostra consacrazione a Dio per il bene degli uomini. Rivedere quanto è prezioso il nostro “essere uomini di Dio consacrati alla cura dei malati”. Leggendo l’esortazione di papa Francesco, La gioia del Vangelo, siamo certamente aiutati a riscoprire la nostra missione, la luminosità intensa della nostra scelta giovanile e l’attualità creativa della nostra presenza nella storia. Via la fiacchezza e la rassegnazione! Certamente portiamo un tesoro in vasi di creta, ma sappiamo anche, fragili e preziosi, che Dio ci ha scelto, che ha scommesso su ciascuno di noi per seguire l’esempio di Camillo. Non esistono problematiche umane che non possono trovare soluzione, con l’aiuto di Dio. Se la strada è già tracciata la percorreremo, se non è segnata la inventeremo insieme a Camillo.
[Leggi la rassegna stampa delle attività per il IV Centenario]
I Camilliani su Facebook
I Camilliani su Twitter
I Camilliani su Instagram