In copertina P. Albino Turcato, camilliano, nel lebbrosario di Khokwat in Thailandia, 1960 ca.
L’AIFO, Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau, propone come tema: “MAI PIU’ ingiustizie, discriminazioni, lebbre nel mondo”.
Siamo spronati a collaborare fattivamente e attivamente affinché ad ogni uomo sia assicurato l’inalienabile diritto ad una vita dignitosa, senza limiti o restrizioni e soprattutto senza isolamenti. Per compiere tutto ciò la comunità ecclesiale è chiamata in prima persona a spendersi, consapevole, come amava ripetere Raoul Follereau, che “nessuno ha il diritto di essere felice da solo”.
Forse le cure non bastano. Bisogna reinserire a pieno titolo la persona guarita nel tessuto sociale originario: nella famiglia, nella comunità, nella scuola o nell’ambiente di lavoro. Per promuovere e contribuire a tale processo di reintegrazione, peraltro ancora quasi impossibile in molte realtà, è necessario sostenere e incoraggiare ulteriormente l’associazionismo tra gli ex-malati; al contempo, insieme a loro, promuovere la diffusione delle comunità che, come già realizzato ad esempio in India, in Brasile e in Ghana, diventano delle vere famiglie che comprendono e accolgono le persone, offrendo un terreno fertile al mutuo aiuto, ad un’autentica fratellanza.
Anche riflettendo sulla guarigione operata da Gesù su di un malato di lebbra, come riportato nel capitolo 1 del Vangelo di Marco, il Cristo, “mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!». Subito la lebbra scomparve ed egli guarì”. Poi “gli disse: «Guarda di non dir niente a nessuno, ma va’, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro».
Ecco che Gesù, dunque, non solamente sana la persona nella sua interezza ma sollecita l’uomo da Lui guarito a presentarsi a colui che poteva decretarne il pieno reinserimento nella società, la riammissione nel ‘consorzio umano’.
È forse questo, oggi come oggi, l’ostacolo maggiore da superare per chi è stato segnato dall’hanseniasi e chi opera in suo favore. Le disabilità, i segni inconfondibili lasciati dalla malattia sono ancora oggi simili a dei marchi a fuoco. La paura del Morbo, tra i più temuti nella storia umana, vince sulla ragione, la mancanza di conoscenza della patologia da parte della comunità esclude i guariti che, a loro volta, a causa della sofferenza e delle discriminazioni subite hanno perso il senso della dignità che gli è propria, inalienabile anche se il corpo presenta mutilazioni. “Per” loro e, soprattutto, “con” le persone rimaste vittime della lebbra dobbiamo impegnarci ancora più a fondo affinché possano trovare accoglienza, solidarietà, giustizia.
Come religiosi camilliani siamo impegnati fin dall’inizio della nostra avventura missionaria con le persone affette dalla lebbra. Tra gli ultimi, perché emarginati nelle loro società e dimenticati dai media, i lebbrosi. I Camilliani continuano la loro opera in diverse realtà, con una attenzione non solo alla prevenzione ma anche alla riabilitazione completa: fisica, intellettuale e morale. Attualmente questa attività si realizza Khokwat in Tailandia, in alcuni centri dello Yunnan in Cina ed a Fianarantsoa in Madagascar.
Vivono ancora nel mondo tanti malati del morbo di Hansen, i lebbrosi. In Tailandia il famoso e storico villaggio di Khokwat continua il suo servizio curando i lebbrosi cronici rimasti. Nello Yunnan (Cina) il governo ha permesso ai nostri missionari di ristrutturare e gestire alcuni lebbrosari della zona grazie alla passione e all’interessamento prima di fratel Giordan, e ai nostri giorni di padre Matteo Kao, che ne continua con passione l’opera. In questa regione, nella quale è iniziata l’avventura missionaria del nostro Ordine nel lontano 1946 e dalla quale, nel 1952, i nostri missionari sono stati cacciati dalle truppe di Mao Tse Tung, si è ripartititi oggi sempre curando i lebbrosi, quasi a continuare un lavoro e una passione lasciati sospesi, pronti però a riprendere perché l’amore vince sempre l’odio; l’uomo, prima o poi, prende sempre il sopravvento sulle ideologie e i fanatismi di parte.
Tutto questo è solo una piccola goccia nell’immenso mare del bisogno perché, come dice Madre Teresa: «Il mare è fatto di gocce, ma se a questo mare mancasse la tua goccia, sarebbe un mare più povero».
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