Attraverso alcuni documenti del nostro Archivio Storico ripercorriamo la giornata del 19 ottobre 1969 quando la statua di San Camillo, dopo il discorso del Card. Colombo, viene scoperta dal drappo: San Camillo, da quel momento, veglierà visibilmente sulla antica Ca’ Granda dove in vita più volte esercitò l’assistenza ai malati, e dove riformò i servizi ospedalieri.
«Il gesto di Milano che eleva sulla guglia del suo Duomo la statua marmorea di San Camillo è quanto mai significativo e doveroso. Forse, se un rimprovero dobbiamo rivolgerci, è di avere tardato troppo». Così si è espresso il Cardinale Giovanni Colombo nel discorso ufficiale pronunciato il 19 ottobre 1969, in uno splendido pomeriggio autunnale, sul «tetto» della cattedrale milanese, prima di impartire la benedizione alla candida statua del Patrono degli ospedali e degli infermieri, eretta per iniziativa della Unione Cattolica Infermieri di Milano, con la collaborazione del Comitato Organizzatore e della Ven. Fabrica del Duomo, su una guglia prospicente la antica «Cà Granda».
I motivi ispiratori
L’idea di innalzare sul Duomo la statua di San Camillo de Lellis era sorta da tempo nell’animo dei più diretti interessati, i Padri Camilliani, che da oltre tre secoli e mezzo, nel nome del loro Fondatore, si prodigano come infermieri e sacerdoti nella assistenza ai malati portando – con la caratteristica “croce rossa” sull’abito talare – il contrassegno di quello spirito di carità cristiana spinto, se necessario fino al sacrificio della vita (avevano il voto di assistere i malati anche in caso di peste, senza abbandonarli). Il Fondatore aveva infatti prescritto ai suoi “ministri degli Infermi”, fin dal 1584, nella «Regola XXVI»: «Prima ognuno domandi gratia al Signore che gli dia un affetto materno verso il suo prossimo acciò possiamo servirli con ogni carità così dell’anima come del corpo, perché desideriamo con la gratia di Dio servire a tutti gli infermi con quell’affetto materno che suol una amorevole Madre al suo unico figlio infermo».
D’altra parte, un secondo motivo aveva accentuato il desiderio di vedere un giorno eretta sul Duomo la benedicente figura del Fondatore: ossia il fatto che proprio Milano ed il suo Ospedale Maggiore furono per S. Camillo un punto d’orientamento decisivo nel delineare definitivamente la forma del nuovo ordine religioso addetto all’assistenza dei poveri infermi.
Infatti nel 1595 il Santo, dopo aver portato a Milano un primo gruppo di religiosi ed avere avviato trattative sia con la Curia Arcivescovile che con il Capitolo dell’ospedale Maggiore, ricevette da quest’ultimo risposta affermativa il 13 febbraio, con l’accettazione alla Cà Granda di 13 Ministri degli Infermi. Come ben ha notato il Bascapé «da quel momento cominciò, per i Camilliani, l’esperimento più importante, in uno dei più famosi ospedali d’Italia, esperimento attraverso il quale si concretarono le finalità e i metodi del nuovo Ordine, e si delineò sempre meglio lo spirito informatore dell’attività camilliana e si formularono ed enunciarono in modo definitivo le “Regole” per il servizio d’infermeria». «Fu questo – continua Bascapé – il primo ospedale accettato dai Ministri degli Infermi col pieno esercizio spirituale e corporale, cioè con l’attuazione integrale della duplice funzione assistenziale voluta dal Santo: morale e sanitaria.
Perciò Camillo mostrò di prediligere il nosocomio milanese, nel quale ebbe spessissimo a prestare le sue cure ai sofferenti, ma in modo più squisito che altrove, poiché bramava assai che il servizio agli infermi in questo ospedale procedesse assai bene, per avere buone ragioni di accettare poi altri ospedali».
Tuttavia il desiderio di erigere la statua del Santo su una guglia del Duomo, venne rimandato: non ad essi, i Padri Camilliani, ma agli infermieri milanesi e lombardi, spettò l’onore di aver promosso e condotto a termine il tanto atteso gesto. E ciò è pieno di significato: non soltanto perché, nella attuale situazione post-conciliare è doveroso compito dei laici dare testimonianza di fede nei valori spirituali della loro professione; ma anche perché essi – in realtà rappresentano gli eredi di coloro (infermieri e degenti milanesi della Cà Granda) che costituirono l’oggetto di intensa e inesauribile attenzione da parte di San Camillo, che dal 1594 al 1613 curò l’Ospedale Maggiore come la pupilla dei propri occhi: e le “Regole” ad essi lasciate sono del 1613, l’anno precedente al sua morte: quasi testamento vivo e perenne della sua mente e del suo cuore.
Interprete del loro pensiero, la Presidenza Diocesana e quella Regionale della Unione Cattolica Infermieri di Milano lanciarono la proposta con un piano programmatico concreto: e quando, richiesta la collaborazione del presidente dell’Ospedale Maggiore, dott. Gaetano Lazzati, che a sua volta consultò attraverso l’Associazione degli Ospedali Lombardi (A.D.O.L) i Presidenti degli enti ospedalieri della Lombardia, si ebbe la certezza della adesione convinta di tutto il settore, si passò alla formazione di un Comitato d’Onore, presieduto dal Ministro della Sanità, sen. ing. Camillo Ripamonti, e di un Comitato Organizzatore, composto da rappresentanti dell’Ordine dei Ministri degli Infermi, e delle Istituzioni e Associazioni più importanti della città e della regione. Fu così stabilito in dettaglio il programma delle manifestazioni.
Esso fu architettato in tre tempi, quasi a sottolineare i tre principali motivi della iniziativa: un motivo storico (riconoscimento della validità dell’opera di San Camillo come riformatore dell’ospedale del suo tempo); un motivo ideale (richiamo alla scintilla che ha accesso ed alimentato la spiritualità del santo della carità ospedaliera e infermieristica); un motivo attuale (impegno a realizzare un rinnovamento non soltanto legislativo ed organizzativo, ma altresì umano, sociale e cristiano, dell’ospedale contemporaneo in Italia).
È parso opportuno cogliere la occasione dell’annuale Giornata del Personale di assistenza ospedaliera per presentare ufficialmente alle autorità e ai rappresentati degli enti ospedalieri e delle case di cura il modella della statua, opera dello scultore Ettore Cadraschim su commissione della Ven. Fabbrica del Duomo, e saggiamente guidato dal presidente avv. Melzi d’Eril e dall’architetto ing. Carlo Ferrari da Passano, cui particolarmente si deve il superamento di tutte le difficoltà tecniche della iniziativa. In tale convegno regionale, dopo la rievocazione dello storico dell’Ordine, padre Mario Vanti, fu ascoltata la parola del Ministro della Sanità, sen. ing. Camillo Ripamonti, che attestò chiaramente ed autorevolmente il perenne valore dell’opera del Santo.
«Il richiamo ai tempi in cui visse ed operò San Camillo ed alla Milano, alla quale egli offrì la parte migliore delle sue iniziative e della sua carità – affermava il Ministro – non è privo di significato e soprattutto di indicazioni e di insegnamenti per gli uomini che oggi in questa Milano, capitale della tecnica e del progresso, guardano agli anni 2000. Anzi, è proprio il Santo che oggi ci ricordiamo che ammonisce con l’esempio della sua vita sui fini e sulla essenza del vero progresso.
«La civiltà si afferma e si stende solo quando si afferma e si estende la dignità dell’uomo ed il valore della persona umana. La testimonianza di sensibilità umana e di dedizione cristiana che dette San Camillo alla sua epoca non è priva di significato, per coloro che, come lui, oggi, dopo quattro secoli, si ritrovano a considerare i bisogni dei sofferenti e ad apprestare nuove e migliori forme di assistenza agli ammalati.
«È importante ricordare, oggi non solo l’opera caritativa, quanto la capacità organizzativa di Camillo de Lellis nel campo dell’assistenza sanitaria ed ospedaliera; è a Lui che si deve la riforma dei servizi di infermeria che da Milano si estese a tutta la Lombardia ed oltre.
«E la riforma dell’assistenza ospedaliera scaturì come frutto di carità e di esperienza… Le “Regole” proposte all’osservanza dei “Fratelli nell’Ospedale Maggiore di Milano per servire con ogni perfezione i poveri infermi” non dovrebbero suonare oggi sgradite all’orecchio del personale infermieristico laico: brevi e saggi precetti che rispecchiano la grande considerazione in cui va tenuto l’ammalato in quanto tale e come “persona”».
[…]L’aspetto «ideale» della missione di assistenza ai malati è stato vissuto con il «Pellegrinaggio degli Infermieri lombardi a Bucchianico», luogo natale di San Camillo, e con la tradizionale offerta dell’olio per la «Fiaccola della Carità»: è – questa – una lampada votiva, donata nel 1959 dagli Infermieri d’Italia e benedetta da Papa Giovanni XXIII, che arde perennemente nel Santuario della cittadina abruzzese, dove nacque, il 25 maggio 1550, festa della Pentecoste, il Santo della carità infermieristica. Da allora ogni anno gli Infermieri di una regione d’Italia, a turno, sono chiamati ad offrire l’olio per alimentare tutto l’anno la lampada, a simboleggiare la carità – virtù animatrice dell’assistenza ospedaliera – non deve mai estinguersi, sull’esempio del Santo.
[…]L’ inaugurazione della statua avvenne sul tetto del Duomo, il 19 ottobre, festa della Dedicazione del Tempio Maggiore della diocesi. Sul palco d’onore, accanto al Card. Giovanni Colombo e all’Arcivescovo Ausiliare S. Ecc. Mons. Giuseppe Schiavini, erano il p. Forsennio Vezzani, generale dell’ordine; il medico provinciale, prof. Nicola Tecce; il Vice Sindaco di Milano e Presidente della Ven. Fabbrica del Duomo, avv. Gian Paolo Melzi d’Eril; gli Assessori comunali dott. Gianfranco Crespi e dottor Lino Montagna, il Vice Sindaco di Bucchianico, la Presidente Centrale della U.C.I Maria Bacchion con il Consulente Centrale P. Vittorio Ottazzi; lo storico dell’ordine, p. Mario Vanti; p. Luigi Achilli, direttore della «Rivista degli Infermieri»; il sen Giovanni Maria Cornaggia Medeci; la marchesa Litta e innumerevoli rappresentati di enti ospedalieri.
[…]Durante la cerimonia il Card. Colombo ha tratteggiato la missione svolta da San Camillo nella Chiesa: «ero malato e mi avete visitato: la parola di Dio che incendiò la sua vita e ne fece una bandiera fu questa!» e prima dello scoprimento della statua, con voce alta e vibrante cosi esclamò: «Salga dunque in alto San Camillo, sulla tomba di San Carlo che egli personalmente conobbe al cui dolente appello di “ministri proporzionati” al numero e alle esigenze degli infermi rispose mandando i suoi figli. E questi si susseguirono lungo i secoli nella nostra città e nella nostra diocesi mantenendo lo spirito del loro Fondatore e rendendosi particolarmente meritevoli nel campo della pastorale della sofferenza.
«Salga in alto, San Camillo, a colloquio con la nostra Madonnina: da lei, che contempla confortatrice ai piedi della croce su cui soffriva e moriva il suo Gesù, imparò che bisogna stare accanto al letto dei malati con l’affetto di una madre per il suo unico figlio.
«E dal cielo della nostra città, la sua celeste protezione discenda su tutti i sofferenti negli ospedali, nelle cliniche, nelle case, sulle strade dove gli infortuni si fanno sempre più frequenti. Sia stimolo e conforto agli amministratori, ai medici, agli infermieri, ai cappellani, alle suore, a tutto il personale. Dia ispirazione profonda e completa ai legislatori per una riforma ospedaliera che non trascuri nessun valore della persona umana, da quello del corpo a quello dello Spirito, da quello religioso a quello psicologico, da quello individuale a quello familiare e sociale».
Sono le 16.45: davanti alla eccezionale assemblea di infermieri e infermiere, di autorità e rappresentanze della Lombardia, il drappo che nasconde la statua sulla guglia, impressivamente si stacca: appare candida e benedicente su Milano, la amorevole figura del Santo della carità ospedaliera.
19 Ottobre – Festa della Dedicazione del Duomo
San Camillo benedice Milano da 40 Anni su una delle Guglie del Duomo
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