LETTERA PASTORALE INTER-CONGREGAZIONALE
Religiosi Camilliani – Figlie di san Camillo
Ministre degli Infermi di san Camillo
Anno Santo della Misericordia – 2016
LEGGI IL TESTO DEL MESSAGGIO – formato PDF ITALIANO INGLESE SPAGNOLO FRANCESE
ESSERE CAMILLIANI,
CAMILLO, Enrico, Maria Domenica, Luigi, Giuseppina, Nicola, Germana, Ettore, Aristea …
La chiamata ad essere testimoni e profeti della misericordia di Dio!
«Non possiamo sfuggire alle parole del Signore: e in base ad esse saremo giudicati: se avremo dato da mangiare a chi ha fame e da bere a chi ha sete. Se avremo accolto il forestiero e vestito chi è nudo. Se avremo avuto tempo per stare con chi è malato e prigioniero (cfr Mt 25,31-45). Ugualmente, ci sarà chiesto se avremo aiutato ad uscire dal dubbio che fa cadere nella paura e che spesso è fonte di solitudine; se saremo stati capaci di vincere l’ignoranza in cui vivono milioni di persone, soprattutto i bambini privati dell’aiuto necessario per essere riscattati dalla povertà; se saremo stati vicini a chi è solo e afflitto; se avremo perdonato chi ci offende e respinto ogni forma di rancore e di odio che porta alla violenza; se avremo avuto pazienza sull’esempio di Dio che è tanto paziente con noi; se, infine, avremo affidato al Signore nella preghiera i nostri fratelli e sorelle. In ognuno di questi “più piccoli” è presente Cristo stesso. La sua carne diventa di nuovo visibile come corpo martoriato, piagato, flagellato, denutrito, in fuga… per essere da noi riconosciuto, toccato e assistito con cura. Non dimentichiamo le parole di san Giovanni della Croce: «Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore».
(Francesco, Misericordiae Vultus. Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia, 15)
«Guardiamo infine ai Santi, a coloro che hanno esercitato in modo esemplare la carità. … Nel confronto «faccia a faccia» con quel Dio che è Amore, l’uomo avverte l’esigenza impellente di trasformare in servizio del prossimo, oltre che di Dio, tutta la propria vita. Si spiegano le ingenti iniziative di promozione umana e di formazione cristiana, destinate innanzitutto ai più poveri, di cui si sono fatti carico dapprima gli Ordini monastici e mendicanti e poi i vari Istituti religiosi maschili e femminili, lungo tutta la storia della Chiesa. Figure di Santi come Francesco d’Assisi, Ignazio di Loyola, Giovanni di Dio, Camillo de Lellis, Vincenzo de’ Paoli, Luisa de Marillac, Giuseppe B. Cottolengo, Giovanni Bosco, Luigi Orione, Teresa di Calcutta — per fare solo alcuni nomi — rimangono modelli insigni di carità sociale per tutti gli uomini di buona volontà. I santi sono i veri portatori di luce all’interno della storia, perché sono uomini e donne di fede, di speranza e di amore».
(Benedetto XVI, Deus Caritas est. Lettera enciclica sull’amore cristiano, 40)
«L’assistenza prestata alle necessità e ai dolori fisici e spirituali degli infermi vuol essere il prolungamento dell’inesauribile misericordia e pazienza e bontà di Gesù Signore, il quale si chinò su tutte le miserie dell’umanità ferita dal peccato, e attraverso la cura dei corpi doloranti diede pace e salvezza alle anime. La vostra presenza negli ospedali, nelle case di cura, al capezzale dei poveri e dei bisognosi sia pertanto l’irradiazione costante della carità di Cristo, l’apologetica vissuta della delicatezza, del disinteresse, dell’eroismo, se è necessario, di chi ha fatto dell’esempio di Gesù Signore l’unica ragione di tutta la propria vita, la misura di una necessità senza misura, la molla segreta di uno slancio destinato a spezzarsi solo con la morte».
(Paolo VI, Ai Camilliani, vol. III, Tip. Pol. Vat., 1965, pp. 289-290)
La misericordia di Dio non è un ideale disincarnato dalla realtà, relegato al mondo delle pie pratiche e delle devozioni del cuore, ma un’esperienza concreta che tocca le storie e le ferite di ogni singolo essere umano.
Lo testimoniano le vicende esistenziali e i percorsi spirituali dei santi e dei beati, i quali sono testimoni privilegiati di come l’amore di Dio e il suo perdono di fatto non hanno limiti. Tra questi testimoni alcuni hanno fatto della misericordia «la loro missione di vita» in modo più specifico; altri sono diventati apostoli della misericordia e del perdono piegandosi sulle ferite più profonde dell’umanità.
È per questa ragione che abbiamo scelto di riflettere sull’esperienza della misericordia-compassione, in questo anno giubilare della misericordia a partire dalla preziosa memoria ‘camilliana’ che ci accomuna: il carisma di misericordia verso i sofferenti consegnatoci da san Camillo de Lellis, letto e riflesso nelle parole, nelle scelte, nelle decisioni, nell’universo intimo spirituale dei “nostri” santi, beati e servi di Dio.
Chiamiamoli pure “profeti” della misericordia. Uomini e donne di Dio che, con le loro intuizioni, la loro vita, le loro parole, hanno annunciato quell’abbraccio di misericordia del Padre che Cristo narra nella parabola del “figliol prodigo” e si trasfigura poi nella cura, nella dedizione compassionevole del “buon samaritano”.
I loro nomi sono iscritti nel grande libro della storia dei nostri istituti religiosi di ispirazione camilliana e rientrano idealmente nel capitolo dedicato a coloro che possono essere considerati i “beati” del perdono, della carezza divina, dell’accoglienza assoluta, dell’amore gratuito, del dono del proprio cuore a chi è misero, malato e nel bisogno.
San Camillo de Lellis
«Tutte le sue contemplationi, estasi, ratti, e visioni, consistevano in trattenersi quasi le notti intere a mirar fisso sopra qualche corpo morto, o moriente o altro povero infermo destrutto. Et in questi corpi così estenuati e macilenti considerava esso l’estrema miseria della vita humana… Et in simili spettacoli d’horrore imparava esso a vivere per morire, e quelli furono sempre i suoi libri e le sue schuole dove imparò a disprezzare il mondo, et amare i suoi prossimi» (Sanzio Cicatelli, Vita del P. Camillo de Lellis – Vms – 251).
Beata Giuseppina Vannini
«Le idee interne che ci turbano non sono mai prodotte da spirito buono, quindi non sono da Dio. Quel manco totale di confidenza in Dio, temendo anche di non salvarsi è roba diabolica. È molto meglio abbondare nella filiale confidenza in Dio che dubitare d’una sì grande bontà e misericordia. Ben inteso che il demonio godrebbe di vederla fare il grosso sbaglio di lasciare il suo posto per cercare una maggior quiete e perfezione» (MV lettera 53 a Sr. Gerarda Legrand).
Beato Enrico Rebuschini
«L’assistenza prestata alle necessità e ai dolori fisici e spirituali degli infermi vuol essere il prolungamento dell’inesauribile misericordia e pazienza e bontà di Gesù Signore, il quale si chinò su tutte le miserie dell’umanità ferita dal peccato, e attraverso la cura dei corpi doloranti diede pace e salvezza alle anime, irradiando costantemente la carità di Cristo, l’apologetica vissuta della delicatezza, del disinteresse, dell’eroismo. Questo stile cristico sembra essere il compendio dei propositi e dell’apostolato del Servo di Dio Enrico Rebuschini, che ha seguito fedelmente l’esempio e la dottrina di Cristo e consacrò la sua vita al servizio dei malati e dei peccatori, ai quali, con umiltà e carità, ha distribuito largamente i doni della Redenzione, offrendo loro di fare l’esperienza della misericordia di Dio e di quella dolcezza del Vangelo di cui tutti abbiamo bisogno» (dal Decreto super Virtutibus).
Beata Maria Domenica Brun Barbantini
«L’onnipotenza di Dio! Quante delizie, qual magnificenza si presenta davanti agli occhi che vogliono apprezzare la bontà di un Dio Creatore verso noi vili creature! Ma io, creatura vilissima, come ho corrisposto? Come ho amato il mio Creatore, il mio Redentore, il mio generoso Benefattore? I miei peccati lo dimostrano abbastanza. La mia ingratitudine servirà sempre a umiliarmi, a domandare misericordia e perdono, non a sgomentarmi, né mai a diffidare della divina misericordia. Coraggio dunque, dico anche a te mia cara figlia…, Iddio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva» (dagli Scritti spirituali, n.80).
Beato Luigi Tezza
«L’unico che dovete esercitare è il potere della fermezza dolce, senza debolezze, e della misericordia che perdona sempre, seguendo l’esempio di Gesù. Ascoltate chi vi parla, entrando nei suoi pensieri, nelle sue lotte, nelle sue sofferenze, nelle sue pene. Trasferitevi in lei. Siate ferma, realistica, giusta e buona; parlate poco di voi stessa. Se avete delle malate curatele e fatele curare con la tenerezza di una Madre» (dagli Scritti, anno 1892).
Servo di Dio Nicola D’Onofrio
«S. Paolo ha la coscienza di essere l’apostolo delle genti ma unicamente per l’infinita misericordia di Dio che l’ha convertito dal peccato. Noi siamo un monumento vivente della misericordia di Dio. Gesù disse a S. Caterina da Siena “Tu sei colei che non è, Io sono Colui che è”. Questo è il più grande motivo per poterci umiliare dinanzi all’altissimo. Questa è una cosa elementare, pure quasi nessuno lo fa!… Se conosciamo la strada che ci porta alla santità, all’opera. Non sappiamo fin quando vivremo. Quando uno possiede l’umiltà si riconosce subito come quando uno è superbo. Dall’umile si sprigiona un fascino irresistibile per cui anche il peccatore è prostrato. Per giungere ad essa ci sono molti mezzi che ci aiutano. L’umiltà vera consiste nel riconoscere il proprio nulla e nell’amarlo, sperando solo nell’infinita misericordia di Dio, altrimenti l’umiltà sola sarebbe disperazione. Abbiamo dinanzi a noi sempre la figura di Gesù umile» (Riflessioni a margine degli Esercizi Spirituali, anno 1960).
Serva di Dio Germana Sommaruga
«L’azione della Sommaruga si è sviluppata in opere di misericordia di vasto respiro spirituale e sociale, che inaugurarono anche nuove forme di presenza della donna nella Chiesa e nella comunità civile.
Dopo Gesù Cristo e il suo Vangelo, principale ispiratore di Germana fu san Camillo de Lellis, luminoso esempio cui ben si adatta l’epiteto di «gigante della carità», capace di mostrare, con le parole e con le opere, aspetti fondamentali della misericordia di Dio e di promuovere una riforma del mondo della sanità e della cura del malato che ancora oggi attende di essere pienamente attuata.
Da san Camillo Germana imparò la straordinaria lezione della misericordia e della compassione che si sprigionano dalla parabola evangelica del Buon Samaritano: imparò, così, a rimanere accanto agli infermi e fece sì che altre donne e altri uomini, con lei, fossero attirati dall’amore ricevuto e donato nei momenti del dolore. Si impegnò inoltre perché lo stile camilliano di approccio alla sofferenza non si limitasse a preoccuparsi di alleviare i bisogni fisici, ma si prendesse cura anche dell’animo umano, spesso più malato e ferito del corpo» (dalla testimonianza del Cardinale Dionigi Tettamanzi – Arcivescovo di Milano).
Servo di Dio Ettore Boschini
«Nel cielo della sua vita nello Spirito brillavano tre luci particolari: il Cristo della misericordia, la Vergine Immacolata e san Camillo. La particolare devozione di fratel Ettore al Cristo misericordioso, promossa da santa Faustina e autenticata da precisi interventi di Giovanni Paolo II, aiuta a comprendere con maggiore accuratezza un aspetto della sua spiritualità. Nelle iniziative di carità egli puntava non solo a salvaguardare la dignità delle persone ma anche a promuoverne la salvezza, appellandosi alla misericordia divina. La filantropia diventava così carità non solo perché motivata soprannaturalmente, ma anche perché si dirigeva alla totalità della persona.
Nel suo amore al Cristo misericordioso vi era anche quella dimensione riparatrice rintracciabile nella maggior parte delle anime mistiche, così profondamente unite al Signore da avvertire in maniera acuta l’ansia di riparare le offese inferte all’oggetto del loro amore» (dalla testimonianza di p. Angelo Brusco).
Serva di Dio Aristea Ceccarelli
«L’esperienza umana va accolta, letta e compresa solo in un’ottica di fede: l’uomo che non ha la fede conosce solo nei limiti, a differenza dell’uomo che ha fede il quale vede più lontano. Solo in un ottica di fede, di adesione convita al Cristo Crocefisso si comprende il dolore e la vita. Che cosa vi è più grande di un Dio? Più vile di una mangiatoia? L’amore illuminato di Dio per noi misere e spregevoli creature. L’umiltà di un Dio! … che cosa non devono provare le povere anime nostre? Amate lagrime! Quanto desidero di soffrire, di patire, tanto con la grazia di Dio e per solo e unico e puro amore Suo. Dio, Dio solo e con Lui ameremo senza misura il nostro Prossimo. Un sì incessante, Iddio ci darà la forza, la possibilità, i mezzi. Bisogna essere innamorati, bisogna aver fatto esperienza dell’amore Crocefisso, della sua infinita misericordia per comprendere la nostra vocazione alla compassione e alla santità» (dagli Scritti e Memorie).
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