San Camillo de Lellis (1550 – 1614), soprannominato il Gigante della Carità, ha grandemente contribuito alla riforma del sistema sanitario, dando così impulso alla Controriforma cattolica alla fine del XVI secolo, ponendo al centro di ogni progetto di cura, la persona malata, colta nella pienezza della sua dignità fisica, morale, spirituale, relazionale. Per Camillo ‘i diritti dei deboli non erano diritti deboli’, anzi erano il motivo per cui il suo cuore pulsava con maggiore vitalità e con grande passione.
Il cuore di san Camillo – cito da uno dei grandi storici dell’Ordine – “era pieno di carità per tutti: una carità ordinata che procedeva da Dio e a Dio tornava, attraverso le creature, alle quali tutte faceva del bene, senza le riserve dell’egoismo. Una carità tanto straordinaria persuase i testimoni di essa che il cuore di Camillo dovesse portarne un contrassegno visibile; fu così che dopo la morte del Santo si volle vedere il suo cuore. ‘era tanto bello – assicura un testimone – da sembrare un rubino, e di tanta grandezza da restarne tutti ammirati’. La Provvidenza intervenne in favore del Santo, e soprattutto dei suoi Figli, permettendo che il cuore di Camillo si conservasse e si conservi tuttora alla loro ammirazione e devozione” (M. Vanti, lo Spirito di San Camillo, 1986 [V edizione], 379–380).
La Reliquia del cuore si trova stabilmente presso la Casa Generalizia dell’Ordine dei Ministri degli Infermi (Camilliani), fondato da san Camillo alla fine del XVI secolo per servire i malati nel corpo e nello spirito, attraverso una varietà di servizi. La reliquia trova la sua giusta collocazione nella stanza che fu infermeria della comunità e che accolse Camillo nei giorni dell’agonia. Quella stessa stanza (Cubiculum) è stata nel tempo trasformata in piccola cappella privata, riccamente decorata nell’epoca barocca e ornata di quadri settecenteschi. Niente, tuttavia, può competere con la bellezza del cuore di Camillo che si staglia al centro del Cubiculum, eterna testimonianza della grandezza di Camillo de Lellis[1].
Per la storia della reliquia ci affidiamo al p. Sanzio Cicatelli, contemporaneo di Camillo, che giornalmente andava annotando quanto osservava del Padre Fondatore, compilando un prezioso “manoscritto” che gli permetterà di stampare subito all’indomani della morte una biografia. Parlando dell’espianto del cuore, ci riporta quanto affermato dal p. Giacomo Mancini che al momento della morte era il Prefetto della Casa Generalizia di Roma. Per soddisfare la curiosità sulla causa della morte, ma soprattutto per estrarne il cuore come reliquia, furono chiamati due chirurghi dell’Ospedale Santo Spirito di Roma, dove Camillo aveva servito i malati per alcuni decenni e a lui molto devoti: il dottor Girolamo Bianchi primario e l’aiuto Michele Ercolini. Ecco il testo originale: “fu aperto per vedere di che male fusse morto, e stante che morisse con opinione di santità, fu risoluto che se ne pigliasse il Core, e quello se conservasse, sperando un giorno che si sarebbe venuto all’informatione delle sue rare attioni che però ne dovesse essere Beatificato, et così poi in mia presenza, levato detto core dal corpo, fu posto in un catino, e sopra un poco di aromi e di lì messo in una cassetta di cipresso, e detto da Padri che si mandasse in Napoli per dare parte del corpo alla Casa Professa, che fu la seconda da lui fondata”. Appena estratto, il cuore apparve di un rosso così vivo che: “pareva un rubino ed era di tanta grandezza che fece restare ammirati quanti lo videro”. Messa nella cassettina di legno di cipresso, la preziosa reliquia venne affidata al p. Giovanni Califano che riferisce: “il Core, che io testimonio ritenni appresso di me per mia devotione et per la credulità di santità che io avevo, et ho, et per mia devotione domandai a Superiori licenza di portarlo a Napoli come reliquia, et mi fu concesso, et lo portai a Napoli”.
Al di là però della verità storica, il messaggio reale che la presenza del cuore vuole offrire ai credenti è il significato profondo che la presenza del cuore suggerisce a tutti noi: proprio san Camillo ripeteva spesso, soprattutto a quelli che assistevano i malati: “Più cuore in quelle mani, fratelli”. Volendo dire che ogni gesto della vita che noi compiamo ha un valore solo se compiuto con amore e con gioia, tanto più quando questi gesti si compiono verso coloro che soffrono e attendono dai noi una carezza e un sorriso.
La reliquia del cuore di san Camillo trae il suo significato dal Cuore di Cristo, “fornace ardente di carità”, come invochiamo nelle litanie del Sacro Cuore. Senza il suo riferimento non si spiegherebbe la stessa carità del santo: “una carità che da Dio procedeva e a Dio tornava attraverso l’amore del prossimo, specie dei poveri infermi nei quali vedeva l’immagine stessa del suo Signore”.
Nell’Antico Testamento si parla 26 volte del cuore di Dio, considerato come l’organo della sua volontà: rispetto al cuore di Dio l’uomo viene giudicato. A causa del dolore che il suo cuore prova per i peccati dell’uomo, Iddio decide il diluvio, ma poi si commuove dinanzi alla debolezza umana e perdona. C’è poi un passo veterotestamentario nel quale il tema del cuore di Dio si trova espresso in modo assolutamente chiaro: è nel capitolo 11 del libro del profeta Osea, dove i primi versetti descrivono la dimensione dell’amore con cui il Signore si è rivolto ad Israele all’alba della sua storia: “Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio” (v. 1). In verità, all’instancabile predilezione divina, Israele risponde con indifferenza e addirittura con ingratitudine. “Più li chiamavo – è costretto a constatare il Signore -, più si allontanavano da me” (v. 2). Tuttavia Egli mai abbandona Israele nelle mani dei nemici, perché “il mio cuore – osserva il Creatore dell’universo – si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione” (v. 8).
Il cuore di Dio freme di compassione! Il Cuore di Gesù offre alla nostra contemplazione il mistero del cuore di un Dio che si commuove e riversa tutto il suo amore sull’umanità. Un amore misterioso, che nel vangelo ci viene rivelato come incommensurabile passione di Dio per l’uomo. Egli non si arrende dinanzi all’ingratitudine e nemmeno davanti al rifiuto del popolo che si è scelto; anzi, con infinita misericordia, invia nel mondo l’Unigenito suo Figlio perché prenda su di sé il destino dell’amore distrutto; perché, sconfiggendo il potere del male e della morte, possa restituire dignità di figli agli esseri umani resi schiavi dal peccato. Tutto questo a caro prezzo: il Figlio Unigenito del Padre si immola sulla croce: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (cfr. Gv 13, 1). Simbolo di tale amore che va oltre la morte è il suo fianco squarciato da una lancia (cfr. Gv 19, 34).
Nella nostra cultura occidentale il cuore assume significati diversi, talvolta paradossalmente contradditori: è poesia per gli innamorati, amore per i genitori, ricerca per la scienza medica, speranza per chi ne attende il trapianto, lugubre esibizione per la letteratura horror, passione frenetica per i fans di “reliquie laiche” di divi e star (non di rado commercializzate in aste milionarie!), vita che nasce e pulsa eppure talvolta strappata dal suo grembo materno.
Noi siamo invitati a frequentare la scuola del Cuore di Cristo per educare il nostro cuore alla pietà compassionevole, all’amore che si dona, alla dedizione che si prende cura di chi soffre. È quanto ci testimonia e ci propone il cuore di san Camillo, plasmato e trasformato dal Cuore misericordioso di Cristo.
La storia della Salvezza, da Adamo ed Eva, attraverso Abramo, Davide, i profeti, Giovanni Battista fino al culmine Gesù Cristo è una lunga serie di ciò che i francesi chiamano ‘estoire’, racconto e storia. Noi tutti siamo parte di una grande storia ed è davvero un racconto meraviglioso. All’interno di questa grande storia ci sono molti altri racconti che si intersecano e sono degni di essere raccontati, e tra essi ricordiamo anche il nostro cammino personale. Le storie ci ricordano come arrampicarci nell’animo di ciascuno ed una volta arrivati non solo diventiamo raccontatori di storie ma anche coloro che fanno si che le storie diventino vere. Mi ha sempre affascinato il fatto che Gesù ha comunicato molti dei suoi grandi insegnamenti attraverso storie (Parabole). E, naturalmente, lo stesso Vangelo è la storia più grande mai raccontata con i suoi alti e bassi di sofferenze, di tradimenti, di compassione, di misericordia ma sempre dominata dall’ amore.
La contemplazione della reliquia del Cuore di san Camillo ci offre una opportunità unica di raccontare una volta di più la storia di Gesù, attraverso gli occhi di Camillo de Lellis. Ma è anche qualcosa in più del dire o presentare la storia così come la vediamo noi Camilliani. Anche noi diventiamo parte di un affascinato uditorio dal momento che il cuore di Camillo ci obbliga a prendere nota e ad ascoltare la storia dell’uomo Camillo in cui ha pulsato, la sua presenza carismatica e spirituale verso i poveri, i malati e i bisognosi.
È nel raccontare di nuovo la storia eterna e nell’ascoltare altri raccontarla, con le loro sfumature particolari, che noi iniziamo a scandagliare le vere profondità del mistero, ed in questo ci rendiamo più consapevoli dei suoi contenuti. Nel tornare a raccontare la storia di Gesù, metteremo in luce – ovviamente – le nostre enfasi e sfumature. Saremo costretti a riflettere sulle nostre credenze e – si spera – a essere del tutto onesti nella presentazione che ne segue. Saranno le nostre convinzioni a influenzare e sfidare, ma allo stesso tempo lasciandoci tuttavia aperti alla sfida, al dialogo ed a una ricerca della Verità senza sosta. Siamo tutti pellegrini vulnerabili, pronti ad apprendere in ogni momento, mentre cerchiamo di decifrare il mistero di Gesù.
Mentre torniamo a raccontare la storia di Gesù, diventiamo sempre più parte di ciò che condividiamo a motivo del fatto che la fede condivisa viene messa sotto il microscopio della nostra coscienza e degli occhi altrui. Nel raccontare, diventiamo più convinti della nostra fede, così come siamo di nuovo profondamente toccati e incoraggiati dalle sue espressioni quotidiane e dalla autorevolezza e attualità che questo messaggio porta al mondo di oggi. Così il pubblico omaggio alla reliquia del Cuore di san Camillo ci offre la possibilità di raccontare di nuovo la storia di Gesù Cristo. È una opportunità meravigliosa di evangelizzare e di essere evangelizzati dalle persone stesse che in quel cuore possono trovare accoglienza, consolazione, significato di vita!
Concludo con l’augurio che Camillo rivolgeva a quanti si dedicavano al servizio degli infermi- e chi di noi oggi non ha in casa un bambino, un anziano, un disabile, un malato? Pertanto “Felici e Beati voi se potrete essere accompagnati al Tribunale di Dio da una lacrima, da un sospiro di questi poverelli infermi! Siatene certi che andrete a godere Dio eternamente”.
[1] Il cuore è contenuto in una teca di cristallo di Murano che avvolge il cuore e ne assume il disegno e la forma. La teca di cristallo è di 11 cm d’altezza, 10 di larghezza e 7 cm di profondità. Il reliquiario che accoglie la teca è disegnato come un antico sacello di epoca classica. Quattro colonne doriche formano la base della cupola alla cui sommità si erge la croce, simbolo importante dell’Ordine dei Camilliani. All’interno del sacello, due angeli elegantemente e soavemente sostengono la teca e la offrono alla vista del pellegrino e del fedele. Il sacello è 70 cm in altezza, 38 cm in larghezza e 34 cm in profondità.
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