L.Sandrin – N.C.Beneges – F.T.Roselló, Avere cura di é. Per aiutare senza burnout. EDB, Bologna, 2008 pp. 108
Un nuovo tipo di stress lavorativo, che gli studiosi hanno chiamato burnout (letteralmente bruciarsi), sta richiamando sempre di più l’attenzione. È presente, in modo particolare, nelle professioni d’aiuto. Ne sono interessati coloro che lavorano nel campo sociale, sanitario, in quello dell’istruzione e dell’educazione: giocano su un terreno psicologicamente a rischio, soffrono, che ne siano coscienti o meno, e le conseguenze spesso si vedono. Il burnout è un tipo di «esaurimento emotivo e professionale» che tocca tutta la persona in modi e gradi diversi: fisicamente, emotivamente, intellettualmente, socialmente e spiritualmente. Ciò che si fa (e la vita stessa) man mano perde senso, significato e direzione. Si ha l’impressione di girare a vuoto o di essere in trappola e non poter sfuggire. Quello che prima aveva particolare valore, e sul quale si investiva il meglio di sé, viene messo in questione o del tutto abbandonato. Alcuni autori parlano del burnout come della «sindrome del buon samaritano deluso». L’autentico amore di sé non ha niente a che vedere con l’egoismo: implica il saper «farsi prossimo a se stessi» e presuppone una sana accettazione di sé. Questo libro, scritto a più mani, vuol essere un invito a prendersi cura di sé e ad amarsi, essenziale per star bene noi e far star bene coloro che, per vari motivi, vogliamo aiutare.
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