Tratto dal libro: Provincia Italiana dei Religiosi Camilliani, Dire il VAngelo nel mondo della salute. Orientamenti, Gabrielli editore, San Pietro in Cariano (Verona), 2015, pp.92
Il mondo della salute rivolge numerose sfide alla comunità ecclesiale. Considerate come appelli di Dio e affrontate appropriamene, tali sfide offrono l’opportunità di comunicare con fedeltà creativa il messaggio dell’amore redentivo di Cristo non solo ai sofferenti nel corpo e nello spirito, ma anche a quanti sono impegnati nella promozione della salute.
L’evoluzione della scienza e della tecnologia, unitamente ai numerosi cambiamenti scientifico-tecnici, culturali, religiosi ed etici, ha trasformato il mondo della salute in uno dei crocevia più importanti e complessi della società, attraversato dalla quasi totalità della popolazione. È stato giustamente affermato che la vita umana è uscita dalle mura domestiche per realizzarsi, nei suoi momenti più critici e decisivi, nel mondo sanitario. È in tale modo che si verificano gli eventi fondamentali dell’esistenza umana (cfr. DH2): nascita, eventuale recupero della salute, invecchiamento, morte; che avvengono le più avvincenti e preoccupanti ricerche scientifiche; che si possono cogliere gli interrogativi fondamentali dell’uomo del nostro tempo concernenti il senso della vita, il perché della sofferenza e della morte. Non meraviglia, quindi, che il mondo sanitario sia diventato il luogo dove vengono a collisione i diversi progetti che si hanno sull’uomo, sul suo divenire e sulla sua felicità, nonché le diverse concezioni della società.
Tra i fattori che sono all’origine dell’attuale assetto del mondo sanitario vanno ricordati il processo di laicizzazione della cura dell’assistenza dei malati, il progresso della scienza e della tecnologia medica, lo sviluppo dell’ospedale moderno.
Ai grandi cambiamenti sociali e organizzativi corrisponde anche il sorgere di una diversa cultura, le cui caratteristiche possono essere identificate nel nuovo concetto di salute e di malattia, nell’accresciuta presa di coscienza da parte della popolazione dei propri diritti al benessere fisico e psichico, nella graduale dissociazione della cura del malato dalla visione cristiana dell’uomo.
Un terreno favorevole al formarsi di questa nuova visione è stato il processo della secolarizzazione, germinato nell’illuminismo e maturato progressivamente nei secoli successivi. Come tutti gli altri universi umani, anche il mondo sanitario è dominato dalla coscienza della sua autonomia nei confronti del sacro e dallo sviluppo di una serie di saperi e tecniche orientati a rispondere ai problemi posti all’umanità in quest’area della vita umana.
Accanto ad aspetti decisamente positivi, nella secolarizzazione sono visibili i germi di modi di essere e di agire che contrastano con una visione antropologica autenticamente umana e cristiana, quali “una sorta di atteggiamento prometeico dell’uomo che (…) si illude di potersi impadronire della vita e della morte” (EV,15), la tendenza a rimuovere gli aspetti negativi dell’esistenza – la sofferenza, la malattia e la morte -, il passaggio dalla medicina dei bisogni a quella dei desideri.
Anche nella cura e nell’assistenza del malato – che hanno conosciuto un enorme evoluzione positiva – sono identificabili alcuni limiti conseguenti al progresso medico e organizzativo. Da una parte viene denunciata l’accentuata medicalizzazione di tutti i segmenti dell’esistenza (nascita, crescita, invecchiamento, morte) e la riduzione dei fenomeni umani, relazionali, esistenziali a fenomeni meramente tecnici, dall’altra si fa sempre più viva l’esigenza di umanizzare il servizio al malato, reso più problematico dall’interferenza di interessi politici ed economici, dalla burocrazia a volte opprimente, dalla metodologia del lavoro basata sulla rapidità e sull’efficienza, dai conflitti contrattuali e, soprattutto da un deterioramento della scala dei valori che rende più ardua la considerazione del malato come persona.
È a questo mondo della sanità, caratterizzato da luci e ombre che, come Chiesa, siam chiamati ad aprirci, animati da speranza, da spirito di collaborazione e dalla consapevolezza di rendere, attraverso il nostro servizio, un contributo essenziale alla salvezza dell’uomo.
Ci aiutano a questa apertura due atteggiamenti: il dialogo e il confronto. Il dialogo favorisce una conoscenza obiettiva di quanto si muove nel mondo della salute. Attraverso un colloquio intelligente e rispettoso con quanti sono coinvolti negli ambienti sanitari, sia come pazienti che come operatori professionisti o volontari, potremo renderci conto della complessità che caratterizza il mondo in cui essi sono chiamata ad operare, cogliendone sia gli aspetti positivi che i limiti.
Superando reazioni emotive e atteggiamenti moralistici sarà possibile renderci conto che nel mondo della salute si respira l’atmosfera culturale della società in cui esso opera. Giustamente è stato osservato che non son i medici ma la società a essere giudicata dal mondo in cui essa si offre e si muore. Infatti, il comportamento sia degli ammalai come quello degli operatori sanitari è radicato nella cultura della società in cui essi vivono e lavorano.
Nel mondo della salute, infatti, sono presenti le ambivalenze che caratterizzano la nostra cultura. All’apertura universalista e a un’accresciuta sensibilità per i diritti di tutti i cittadini, fa da contrasto un indebolimento della coscienza etica dell’esistenza, con conseguente perdita di senso del lavoro, della fedeltà, del sacrificio, della condivisione; l’affermazione del valore della vita, della dignità della persona, della salute, dell’accompagnamento dei pazienti, … è spesso contradetta dalla banalizzazione della nascita, dalla rimozione della morte, dalla riduzione della salute a sola vitalità fisica, dall’emarginazione di determinate categorie di malati. A slanci di grande generosità fanno da contrappeso comportamenti radicati in una mentalità soggettivistica e relativistica, secondo la quel l’unico e indiscutibile riferimento per le scelte da compiere è la propria soggettiva e mutevole opinione o, addirittura, il proprio egoistico interesse o capriccio.
L’alleanza con le forze positive presenti nel mondo della salute va accompagnata anche dal confronto. Tale atteggiamento diventa necessario quando si pensi che il nuovo contesto sanitario si è creato fuori dalla Chiesa e, spesso, contro le forme che la sua assistenza caritatevole dirigeva da secoli. Come ignorare che la medicina e i servizi sociali hanno esteso la loro influenza al punto da determinare quali sono i comportamenti umani da adottare? I professionisti di queste scienze definiscono e risolvono i problemi che turbano la persona a tutti i livelli, compreso quello etico, diventando degli specialisti in materi di aborto, di sterilizzazione e di trapianto d’organi.
L’abbinare dialogo e confronto è compito da mantenere con perseveranza. Se, infatti, viene meno il dialogo, corriamo il rischio di trasformarci in una presenza giustapposta, intervenendo quando il mondo della salute ha già realizzato i propri progetti senza di noi. Il trascurare il confronto porta a rinunciare ai valori evangelici, optando per un orizzontalismo che snatura la nostra missione evangelizzatrice. L’armonizzazione dei due atteggiamenti ci rende disponibili a progettare con quanti sono impegnati nel mondo della salute, un umiltà, con lo spirito del servizio, forti della convinzione che la fede è essenziale alla riuscita dei progetti degli uomini.
È con questo spirito che siamo chiamati a leggere le parole del Concilio, applicandole in particolare a coloro che operano nel mondo della salute: “Le gioia e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” (GS 1)
I Camilliani su Facebook
I Camilliani su Twitter
I Camilliani su Instagram