Uno scambio di e-mail mi ha portato quasi casualmente – credo provvidenzialmente! – ad incontrare suor Nadine Tenace, una religiosa francese anche se il suo cognome tradisce origine italiane.
Appartiene alla Congregazione di Notre Dame de Bon-Secours de Troyes, fondata da pere Paul Sebastian Millet. Questa congregazione annovera ed invoca San Camillo de Lellis come patrono, protettore e fonte ispirativa del proprio carisma: l’assistenza ai malati, soprattutto ed in modo del tutto privilegiato nelle loro famiglie e a domicilio, per manifestar l’azione stessa di Cristo che ha guarito i malati e annunciato loro la buona novella della Salvezza, per sostenere lo spirito della fede … e lo stile della famiglia (cfr. Regola di Vita, n. 4).
Negli statuti della Congregazione (Cost. n. 10) si legge chiaramente che “ogni suora si inserisce nell’Istituto a nome della Chiesa, per testimoniare un aspetto particolare del Vangelo, che rivela il volto di Cristo:
il Cristo servo: la lavanda dei piedi (Gv 13,1-20);
il Cristo compassionevole: il Buon Samaritano (Lc 10,29-39).”
La Congregazione è orientata verso la visita, il sollievo dei malari, la prossimità, la presenza duratura secondo un’attitudine di compassione.
Lo stesso pere Millet, nei suoi passaggi romani, ha sostato a lungo nella nostra chiesa di “S. Maria Maddalena”, davanti all’altare che custodisce le spoglie di san Camillo ed ha pregato intensamente davanti al “nostro” crocifisso.
Proprio nella Contemplare Cristo morto e risorto, ispirata dallo Spirito Santo, pere Sebastian Paul Millet, cerca di conformarsi a Cristo Gesù, e rispondere alla chiamata in entrata: per fornire sollievo dal membra sofferenti di Cristo.
È la fede nella parola di Gesù: “Ero malato e mi avete visitato” (Mt 25, 36), che ha dato vita alla Congregazione di Notre Dame de Bon-Secours de Troyes. L’intuizione di padre Millet ha sempre la sua logica oggi per riferimento ai membri sofferenti di Cristo, nello spirito che lo ha caratterizzato: la carità, l’umiltà, la semplicità.
Così, quando vede il suo prossimo paziente, gli sembra di vedere Gesù. A causa di questo, è più facile per lui essere vicino alla sofferenza, perché è Cristo stesso che guarisce.
Questo spirito di compassione vissuto quotidiano si manifesta con l’attenzione e il rispetto dell’altro nella situazione in cui vive è quello di credere e fiducia in lui nonostante le sue debolezze e la vulnerabilità, a volte anche unirsi al suo rivolta a rivelare il vero significato.
UN PRÊTRE FONDATEUR
Padre Paul Sebastian Millet è il fondatore della Congregazione di N. D Bon Secours de Troyes nata in occasione della festa dell’Annunciazione il 25 marzo, 1840.
E ‘nato in un piccolo villaggio di Champagne, a Mériot, il 21 Maggio 1797, nel pieno tumulto della Rivoluzione francese. È entrato nel Seminario Minore di Troyes il 12 gennaio 1816. E ‘stato ordinato sacerdote il 31 agosto 1823. E’ diventato vicario di Arcis sur Aube il 1 giugno 1824.
Guardò la gente del suo tempo come un uomo di Dio. Ha scoperto che i malati di tutte le categorie mancavano di cure efficaci ed erano spesso abbandonati sia in campagna che in città. Maltrattati, la morte era precoce e la cellula famiglia si stava deteriorando rapidamente, sia in termini di coesione familiare che nella vita di fede.
Fu ispirato a fondare una congregazione religiosa per porre rimedio alla decadenza dello spirito di fede e della famiglia, per la custodia e la cura dei pazienti a casa, in un servizio gratuito.
LE CHARISME
Maria occupa un ottimo posto nella Congregazione. Lei è la “fondatrice del Bon-Secours”. Accanto a Gesù sulla croce si erge Maria, la madre sua che in ginocchio accoglie il corpo del figlio crocifisso, in solidarietà con tutti i dolori dell’umanità. Questo esprime la doppia dimensione di servizio della Congregazione: servizio ai malati e ai poveri, ma anche compassione, condivisione del dolore degli uomini.
La compassione diventa presenza, ascolto, servizio, supporto, condivisione e testimonianza.
Si cerca di dire Dio senza nominarlo necessariamente, secondo la credenza di San Bernardo: “Quello che facciamo, grida più forte di quello che diciamo”.
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