L. Sandrin, Lo vide e non passò oltre, EDB, Bologna, 2015 pp.231
«Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto». Così inizia la celebre parabola nella quale l’evangelista Luca racconta che nessuno si fermò a curare il ferito, a eccezione di un samaritano che decise di non passare oltre e di lasciarsi guidare dal cuore, divenendo così icona della compassione di Dio.
I racconti biblici dell’incontro e della guarigione dei malati mostrano l’importanza di una cultura dell’attenzione alle persone nei vari momenti della loro storia, al fine di cogliere anche nelle esperienze di fragilità e vulnerabilità i luoghi privilegiati di una cura reciproca, di uno scambio d’amore e di un «con-forto» abitato dallo Spirito. Una ricchezza che spesso resta nascosta tra le piaghe di una pastorale a senso unico. Le domande che le persone oggi rivolgono alla comunità cristiana, ma anche i problemi che non trovano voce, provocano la compassione nelle sue varie espressioni e chiedono una diversa cura pastorale. Ma provocano anche una più attenta e specifica riflessione teologica che ne esprima qui e ora tutta la ricchezza. È questo il compito della teologia pastorale.
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