di Giuliano Davide Di Menna
L’incontro pubblico tenuto sabato pomeriggio 20 aprile a Bucchianico, nella Sala dei Banderesi, su Germana Sommaruga “laica camilliana insegnante 1914-1995”, ha sorpreso i convenuti per due aspetti:
-aver conosciuto la “persona” Germana Sommaruga ignota a tanti;
-aver sentito i relatori accomunare le parole multiculturalità e speranza.
L’incontro, promosso dalle Associazioni culturali A.C. De Meis e Camilliana (comitato festa 2013), è inserita nel novero degli eventi preparatori all’apertura dell’Anno giubilare camilliano. Ivana Barbara Torto con la sua relazione ha coinvolto l’uditorio raccontando con naturalezza le sue deduzioni personali emerse dopo aver letto le biografie e gli scritti della Sommaruga: le sue origini ebraiche e cagliaritane, la perdita della madre, la scoperta di San Camillo de Lellis, nato come lei il 25 maggio, per il grande insegnamento a sollevare la sofferenza altrui nel quotidiano. Colpivano le parole camilliane “ovunque si soffre si muore” alla giovane diciassettenne ben inserita nella società borghese milanese che così individuava il suo progetto di vita, lontano dai clamori del successo mondano. Si dedicò al suo lavoro di insegnante con rara serietà affiancandovi la totale dedizione al prossimo sofferente.
Il suo progetto poté concretizzarsi nel 1948 quando l’Istituto Secolare Missionarie degli Infermi venne fondato dopo che Papa Pio XII emanò l’importante documento Provida Mater Ecclesia che regolava la nascita degli istituti secolari all’interno della Chiesa cattolica. Subito una cinquantina di aderenti e poi tante attività portarono Germana ad operare in Italia e all’estero; le sigle U.C.I (Unione Cattolica Infermieri) C.A.M. (Centro Assistenza Amalati) O.A.R.I. (Opera Assistenza Religiosi Infermi) sono la sintesi di tante dedizioni all’ammalato tuttora vive e operanti, alimentate dal suo lavoro e sensibilità.
Ma di Germana, come ha ribadito Ivana B. Torto, colpisce soprattutto lo spirito avanguardistico per aver posto il concetto di “interculturalità” (dall’inglese interculturality e che si diffuse tra gli ambienti scientifici italiani negli anni ’60) come fondamento primo per la sua opera di assistenza al prossimo sofferente e di diffusione del messaggio cristiano. Diceva: come si può comunicare la speranza del Cristo se non si comprendono le culture delle persone alle quali parliamo: nessuna imposizione ma induzione alla riflessione e avvicinamento con gli strumenti culturali propri di chi ci ascolta. La Torto, significativamente ha posto in relazione le date di fondazione del’Istituto (1948) con quelle dell’ONU (1945) e della Costituzione Italiana (1947-48) a ribadire quanto siano stati fertili gli anni del dopoguerra e quanto ancora i presupposti di rispetto reciproco, nella dignità e diversità, siano da realizzare. Germana, come ha ricordato Patrizia Buracchio, esponente dell’Istituto Secolare Missionarie degli Infermi Cristo Speranza, è stata più volte a Bucchianico per visitare il luogo natio di San Camillo de Lellis, sua guida spirituale e di ispirazione.
La speranza, come ha detto Patrizia, si accompagna sempre alla carità: essere vicino a chi soffre significa aiutarlo con tutti i mezzi disponibili ma anche donargli la speranza del Cristo. La sofferenza presente nella vita dell’uomo non ha senso se non è vissuta con la luce della speranza per un futuro migliore e nella nostra individuale crescita spirituale. Il modello di San Camillo si attua anche con un “contagio” della santità: il suo esempio ha fatto emergere nel tempo e per 4 secoli sensibilità straordinarie in persone che sono protagoniste di una santità semplice e quotidiana laddove l’amore verso il prossimo è il faro guida di tante persone che ne hanno fatto il proprio progetto di vita: Germana Sommaruga, Nicolino D’Onofrio, Fratel Ettore Boschini (tutti fortemente legati a Bucchianico) ci hanno lasciato il modello della santità semplice e nelle opere. Non solo buoni propositi, ha detto il parroco camilliano P. Mario nella sua relazione, ma soprattutto opere per non cadere nella banalità del vivere.
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