Il recente discorso di Papa Francesco all’Associazione Italiana contro le Leucemie, i Linfomi e il Mieloma (AIL), pronunciato il 14 dicembre 2024, offre un’occasione preziosa per riflettere su cosa significhi davvero prendersi cura dei malati. Il Pontefice ha ricordato che non si tratta solo di gestire una malattia, ma di rispondere ai bisogni integrali di ogni persona: corpo, mente e spirito. Come ha sottolineato, “non dimentichiamo mai che ogni paziente è una persona, non un numero, e la sua dignità è inviolabile”.
Per chi, come i Camilliani, vive quotidianamente l’esperienza di stare accanto a chi soffre, queste parole non sono solo un incoraggiamento, ma un richiamo alla radice del proprio carisma. Nel segno di San Camillo de Lellis, l’assistenza è un’opera di prossimità, che pone al centro la fragilità umana, accompagnandola con tenerezza e rispetto. Papa Francesco ha insistito sull’importanza della prossimità, definendola un antidoto all’indifferenza: “ascoltare, comprendere e stare vicino ai malati è un modo di onorare la vita e di far crescere la speranza”.
Inoltre, il Papa ha esortato a sostenere la ricerca scientifica, affinché il progresso medico cammini sempre insieme all’etica e all’attenzione alla persona, e ha ricordato che la fede può offrire un orizzonte di luce nelle ore più oscure. “La speranza cristiana non toglie il dolore, ma lo illumina”, ha detto, invitando tutti, dalla società civile alle istituzioni, a costruire una vera “cultura della cura”.
In questo orizzonte, il ministero dei Camilliani si rinnova ogni giorno: accanto ai malati, con loro e per loro, per testimoniare che ogni fragilità può essere accolta, ogni ferita medicata, ogni paura compresa. Chi si prende cura del malato non solo lo aiuta a vivere meglio, ma accoglie in lui il riflesso della dignità umana e del mistero dell’amore di Dio.
Ufficio Comunicazione
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