QUALE NAVIGAZIONE?
Angelo Brusco
“Nel linguaggio marinaresco si chiamava prima navigazione quella che si fa con l’aiuto dei venti a vele spiegate. Seconda navigazione era quella che si doveva intraprendere quando cadevano i venti; la nave rimaneva immobilizzata dalla bonaccia, e, per uscirne, occorreva mettere mano ai remi”.
In quale delle due navigazioni si trova la vita consacrata in questo momento storico: nella prima o nella seconda? Mi associo a quegli esperti del settore che non hanno dubbi nel rispondere: nella seconda navigazione. Vari, infatti, sono i fattori che hanno fatto cadere, o moderato, i venti che sostenevano l’andatura gagliarda della vita consacrata. Essi hanno vari nomi: il venir meno di una società cristiana compatta, la decrescita delle vocazioni, l’invecchiamento dei religiosi, lo scadimento della scala dei valori…
Passando dalla prima alla seconda navigazione, il compito di far progredire la nave diventa più difficile, perché si tratta di trovare nuove modalità di vivere gli ideali di sempre. Cambiare per rimanere se stessi esige creatività, capacità di rischio, fiducia. Che fare?
A livello generale, anche da parte del nostro Ordine, continuano a sbocciare proposte, documenti, numerosi progetti relativi a svariati settori della vita consacrata… Se non posso sapere a quali risultati porteranno tutte queste iniziative, è certo però che esse indicano la volontà di non cadere in quella sonnolenza di cui ci parla il vangelo, per cui le seguo con interesse nella speranza che scendano al cuore producendo quella mozione degli affetti, di cui parla S. Ignazio, necessaria per il cambiamento.
E a livello individuale? Per quanto mi riguarda, mi propongo di essere e di rimanere un vir desideriorum, un uomo dei desideri, come il profeta Daniele. Nella parola desiderio c’è il termine “stelle”, in latino sidera. Il desiderio è segno di vita; pervaso com’è dall’attesa del nuovo, strappa dall’immobilità e promuove il cambiamento.
Al vertice dei miei desideri mi sforzo di porre e mantenere l’autentica, gioiosa esperienza del Cristo misericordioso. Come ignorare che la forza del carisma che Camillo ha lasciato all’Istituto da lui fondato, prima che nelle opere e nei servizi, deve brillare in una novità di vita, in cui vengano riprodotti i tratti caratteristici del divino samaritano, medico delle anime e dei corpi? Sono convinto che mantenendo vivo questo desiderio mi sarà possibile cogliere tutte quelle occasioni che la vita mi offre per un cammino di crescita umana e spirituale, facendone beneficiare quanti incontro nell’esercizio del mio ministero.
Il mio desiderio non è poggiato sul nulla, bensì sul fatto di essere stato voluto e amato, di continuare ad essere desiderato da Dio. Non è forse tutto qui il messaggio della fede: Dio ti ama, non sei venuto dal caso, sei stato voluto, sei custodito? Affidandomi a questa risorsa, il mio desiderare vuol dire non finire mai di amare la vita, di starci dentro volentieri, di avere dei progetti per me e per gli altri, di sentire che posso superare gli ostacoli che si frappongono al processo della costante conversione a cui sono chiamato. E’ sentirsi abitati dallo Spirito e lasciarlo agire in me: lo Spirito che soffia, che spinge in avanti, che fa nuove tutte le cose, che crea e ricrea continuamente.
So che questo desiderio abita, e in intensità anche maggiore, nel cuore di tanti miei confratelli. Questa consapevolezza rafforza in me la speranza che il tempo di ripiegamento e di mancanza di respiro, che sembra caratterizzare la Chiesa in generale e gli Istituti religiosi, sarà superato. Mi riferisco alla speranza che porta a stare nella complessità, a discernere tra bene e male e a contare su un promessa – fatta da Gesù e riproposta a noi da San Camillo – che non sarà delusa.
Con questo spirito, sono convinto che questa seconda navigazione avvicinerà me e il nostro Ordine a quel porto che reca l’insegna di cieli nuovi e terra nuova.
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