Messaggio del Prefetto ad interim del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale in occasione della
XV Giornata delle Malattie Rare (28 febbraio), 28.02.2022
Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Prefetto ad interim del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, l’Em.mo Card. Michael Czerny, S.I., in occasione della XV Giornata delle Malattie Rare, che ricorre ieri 28 febbraio:
Le malattie che rientrano nel novero di quelle considerate rare, pur colpendo un numero limitato di persone per tipo di patologia, sono nel complesso numerose; nel mondo circa 300 milioni di persone vivono con una malattia rara[1].
L’impatto negativo di vivere con una malattia rara è sentito per tutta la vita e in ogni aspetto della vita dalle persone affette da questo genere di patologie e dalle loro famiglie. La loro è una lotta continua per ottenere una diagnosi corretta, per accedere ai servizi e all’assistenza sanitaria appropriata nonché alle terapie spesso molto costose; i cosiddetti farmaci orfani hanno un mercato limitato e alcune Case farmaceutiche non investono nella produzione di molti di questi farmaci perché non garantiscono un adeguato ritorno economico.
Nei paesi a basso reddito questo impatto negativo è ancora più forte perché le scarse risorse ed investimenti sulla ricerca, la diagnostica e le terapie, escludono all’accesso alle cure i molti malati con patologie rare, poveri e indigenti.
Occorre un ripensamento radicale e globale dei sistemi politici, economici e sanitari per assicurare ricerca e sviluppo di nuovi farmaci e avere cure efficaci per tutti e tale obiettivo si può raggiungere solo se si debella innanzitutto la pandemia dell’egoismo, individuale e sociale, per promuovere una cultura dell’accoglienza, della solidarietà e del bene comune[2].
In aggiunta ai problemi legati alla ricerca, diagnosi e cura, i malati con patologie rare devono affrontare la discriminazione, lo stigma e, addirittura, l’esclusione sociale. Difficile è l’inclusione e l’integrazione nei sistemi educativi; i genitori lottano per trovare scuole idonee e disposte ad accogliere i loro figli con una malattia rara. Ricordiamo che le malattie rare si manifestano prevalentemente in età pediatrica essendo la maggior parte di origine genetica.
Spesso, le famiglie delle persone con una malattia rara vivono situazioni di forte disagio economico; i maggiori costi associati alle cure, all’assistenza continuativa, alle terapie riabilitative le portano ad essere soggette ad un maggior rischio di impoverimento e di isolamento ed esclusione sociale ed economica.
Molte di queste famiglie vivono con meno reddito perché accedere, mantenere e tornare al lavoro è una sfida continua non solo per chi è affetto da una patologia rara, ma anche per le persone care che se ne prendono cura, generalmente donne, spesso i principali caregiver; sono loro che pagano il prezzo più alto di questa esclusione. Il mondo del lavoro, infatti, penalizza queste persone non solo per le difficoltà legate a eventuali disabilità e alla mancanza di flessibilità (di orario, di sede di lavoro, ecc.) ma anche per i problemi di informazione e di orientamento.
Papa Francesco ci ricorda che il diritto al lavoro è un diritto che deve essere garantito a tutti, soprattutto alle categorie più fragili, quali sono le persone che vivono con una malattia rara. Si devono ricercare soluzioni che aiutino a costruire un nuovo futuro del lavoro che si fondi su condizioni lavorative decenti e dignitose e che promuova il bene comune.[3]
Ogni persona che vive con una malattia rara ha la sua storia ma tutti insieme, come comunità, condividono paure, sfide, speranze e la loro voce corale deve essere ascoltata e le loro istanze accolte per dare una spinta condivisa ad un cambiamento globale, di conversione verso un mondo più giusto, equo, inclusivo e sostenibile.
Concludo questo Messaggio con le parole di Papa Francesco: “questo tempo di pandemia ci sta insegnando ad avere uno sguardo sulla malattia come fenomeno globale e non solo individuale. […] Individualismo e indifferenza all’altro sono forme di egoismo che risultano purtroppo amplificate nella società del benessere consumistico e del liberismo economico. L’antidoto è la cultura della fraternità, fondata sulla coscienza che siamo tutti uguali come persone umane, tutti uguali, figli di un unico Padre (Cfr Fratelli tutti, 272)”[4].
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