«Vorrei precisare che sono andato tra i lebbrosi
non perché sono buono
ma perché sono innamorato di Gesù Cristo»
Chi era Candia?
Quali sono i tratti della sua santità?
«La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento.
Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. In questa Esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni … Una gioia che si rinnova e si comunica».
(papa Francesco, Evangelii gaudium, 1)
Il dottor Marcello Candia, un ricco industriale milanese, ha speso tutti i suoi soldi e tutta la sua vita per i poveri, i lebbrosi, gli ammalati poveri, gli indios, i caboclos. Le cronache del nostro tempo ci portano sempre notizie negative, furti, rapine, ammazzamenti, guerre, processi, ecc.
Abbiamo bisogno di buone notizie: la vita di Marcello Candia è un’ottima notizia!
- “Da ricco che era, si è fatto povero per noi” (2 Cor. 8-9).
- Le tre caratteristiche della sua santità.
- Cosa insegna a noi oggi Marcello Candia.
I) “Da ricco che era, si è fatto povero per noi” (2 Cor. 8-9).
Quando, se Dio vuole, Marcello Candia (1916 -1983) diventerà beato e santo, sarà il primo industriale del nostro tempo ad essere proposto dalla Chiesa come modello di vita cristiana eroicamente vissuta secondo il modello di Cristo. Ecco in breve i quattro periodi della sua vita.
1) Il periodo della formazione (1916-1945)
Marcello nasce a Portici (Napoli) il 27 luglio 1916 da genitori milanesi. Nel 1906 il padre Camillo aveva fondato a Milano la “Fabbrica italiana di Acido Carbonico dottor Candia e C.” ed educa i figli (Linda, Fernanda, Marcello, Emilia e Riccardo) all’onestà e al lavoro. La madre Luigia Mussato (Bice), donna colta e religiosissima, trasmette ai figli la fede e la carità verso i poveri. Marcello dirà sempre di aver appreso dalla mamma i fondamenti della vita cristiana e dal papà il senso profondo del dovere da compiere. Ringrazierà il Signore di avergli dato due genitori esemplari.
Marcello Candia ricordava: “Ho avuto dei genitori che mi hanno dato il gusto della vita. Posso dire che la fede mi è stata insegnata da mia madre, una fede in Dio molto legata all’amore al prossimo. Mamma Bice accompagnava noi suoi figli a visitare ed aiutare i poveri, la domenica pomeriggio era normalmente dedicata a questo. Con il passare degli anni, la visione della mia responsabilità verso chi soffre mi si è presentata completamente in un modo molto più vasto. E questa è stata l’origine della mia vocazione missionaria”.
Fin da giovane, Marcello Candia manifesta un forte spirito religioso e la passione per le opere di carità, due caratteristiche che rimarranno fondamentali in tutta la sua vita. Questo suo orientamento a Dio e al prossimo diventa esclusivo dopo la morte della mamma (7 febbraio 1933), quando Marcello ha 17 anni. Il dolore acutissimo rappresenta per lui la svolta decisiva della vita, quella della “scelta radicale per Dio”.
In quel tempo un grande Cappuccino, fratel Cecilio Cortinovis, che aveva fondato a Milano l'”Opera di San Francesco” per l’aiuto ai poveri, educa Marcello alla carità attiva, all’amore per gli ultimi con uno spirito non comune di delicatezza e di rispetto delle persone. I suoi compagni di studi dicevano che Marcello Candia aveva “una doppia vita”: da un lato un impegno quasi fanatico per lo studio, la lettura, la buona riuscita negli esami (si laurea tre volte: chimica, biologia, e farmacologia); dall’altro la disponibilità di tempo, di affetti, di donazione ai poveri e alle varie opere di carità che inizia o incontra sul suo cammino.
2) Gli anni da industriale e della vocazione missionaria (1945-1965)
Con la fine della guerra, nel 1946 assume la direzione dell’azienda paterna: il papà si ritira e morirà nel 1950. Marcello potenzia l’azienda fino a farla diventare una delle prime in Europa nel ramo chimico, con l’adozione di nuovi metodi di produzione. Si rivela manager industriale capace e fortunato. Un suo collaboratore, il prof. Siro Lombardini, in un’intervista mi diceva: “Aveva un fiuto straordinario per i soldi, tutto quello che toccava diventava oro!”.
Nei vent’anni dal 1945 al 1964, Marcello si dedica anche alle opere di carità e di missione. Ecco un elenco incompleto di opere che fonda e finanzia:
1945 – La “Casa della Madre e del Fanciullo“, per ospitare una quarantina di ragazze-madri con i loro bambini. L’opera continua ancor oggi in Milano.
1947 – “La Missione“, rivista di cultura missionaria, l’Ambulatorio gratuito per i poveri e i missionari, la raccolta e spedizione di medicine alle missioni.
1948 – La “Scuola di medicina per i missionari” (preti, fratelli e suore) presso l’Università di Milano, con diploma di infermiere di valore internazionale.
1950 – Compie il primo viaggio in Amazzonia con mons. Aristide Pirovano del Pime, fondatore e primo vescovo della diocesi di Macapà, che lo invita ad fondare un ospedale per i poveri nella sua diocesi. Marcello promette che presto andrà da lui.
1954 – Dopo un incontro con l’arcivescovo di Milano, mons. G.B. Montini, inizia e finanzia il “Collegio per gli Studenti d’Oltremare” a Milano, col prof. G. Lazzati.
3) I 18 anni di missione in Amazzonia (1965-1983)
Nel 1964 Marcello Candia vende la sua industria e tutte le sue proprietà in Italia e l’anno dopo parte per l’Amazzonia dove spende tutti i suoi soldi e soprattutto i suoi ultimi 18 anni di vita (muore nel 1983 a 67 anni). Marcello tornava ogni anno in Italia per chiedere preghiere e aiuti per le sue opere, dopo aver speso tutti i suoi capitali.
A Macapà Candia costruisce l’ospedale San Camillo e San Luigi e lo affida ad una Congregazione religiosa che ne assicuri lo spirito e la continuità: i Camilliani del Brasile. La proprietà e l’amministrazione del complesso ospedaliero passano ai Camilliani, Candia si riserva di abitare un modesto appartamento nel cortile dell’ospedale, la “maloca”, la capanna degli indios. Anche dopo la donazione, Candia continua ad interessarsi dell’ospedale, dotandolo anche di nuove attrezzature; ogni anno ne sosteneva la gestione con rilevanti somme raccolte durante i suoi viaggi in Europa, che voleva fossero devolute all’assistenza gratuita dei più poveri.
L’ospedale di Macapà allora era il più grande e moderno del Amazzonia: un edificio a due piani lungo 110 metri sulla strada e 92 metri l’ala collegata a T. A Marcello non basta. Nel 1966 compie la prima visita, col vescovo mons. Giuseppe Maritano del Pime, nel lebbrosario di Marituba vicino a Belem in foresta e poi manda aiuti (macchine da cucire e da scrivere, stoffe, strumenti di lavoro, ecc.).
Anche in Brasile, come già in Italia, Candia non si accontenta di un’opera o due: dopo l’ospedale di Macapà e il lebbrosario di Marituba (in quest’ultimo porta i missionari del PIME e le Missionarie dell’Immacolata), costruisce e finanzia altre opere: al termine della sua vita (31 agosto 1983) saranno 14 le opere da lui costruite e finanziate, nelle quali è coinvolto anche per la direzione e lo spirito missionario da tutelare: ospedali, lebbrosari, il “Centro studi e ricerche sulle malattie tropicali”, centri sociali in “favelas”, due conventi di clausura femminili per le Carmelitane (uno a Macapà e l’altro a Belo Horizonte), una scuola per infermiere, un centro di accoglienza per handicappati e ragazzi sbandati, ecc.
Un’attività instancabile che meraviglia in un uomo non più giovane, nel Brasile di mezzo secolo fa dove tutto andava a rilento, con difficoltà a farsi capire (non aveva imparato bene il portoghese), a trovare sul posto validi collaboratori, ad ottenere dalle autorità i debiti permessi. I militari che comandavano in Brasile negli anni sessanta e settanta sospettavano chissà quali trame segrete in un industriale che veniva a vivere e a spendere i suoi soldi fra i poveri. Lo ostacolavano e umiliavano in vari modi!
4 – La Via Crucis degli ultimi tempi (1982-1983)
Le fatiche e tensioni a cui Marcello si sottoponeva gli causano, dal 1967 al 1977, ben cinque infarti, fin che, il Venerdì Santo 1977 (9 aprile) viene operato a S.Paolo del Brasile: gli mettono tre by-pass al cuore e lo consigliano di tornare in Italia, se vuol sopravvivere. Un mese dopo Marcello è di nuovo a Macapà: continuerà a soffrire di cuore fino al termine della vita. Spesso doveva massaggiarsi il cuore e le gambe, il freddo gli era micidiale: eppure ogni anno tornava in Italia nei mesi più freddi (vicino a Natale) per poter raccogliere aiuti per le sue opere, per i suoi poveri.
Marcello Candia soffriva di mal di cuore e temeva di morire per questo male, all’improvviso. Invece muore di cancro al fegato. Gli ultimi mesi ha sofferenze lancinanti, non solo fisiche per il cancro, ma per le molte delusioni che gli venivano dal comportamento di alcune persone: da una era stato addirittura accusato di aver rubato i soldi dei lebbrosi…
Il crollo fisico avviene nel maggio 1983. Continua a lavorare con particolare intensità, fin che parte da Belem per l’Italia il 10 agosto. Ricoverato alla Clinica dei Camilliani S. Pio X di Milano, vi muore il 31 agosto per cancro al fegato con metastasi ossea all’altezza del polmone destro. Il p. Forsenio Vezzani, Camilliano della Clinica S. Pio X, ha scritto dopo la morte: “Non credo che nella nostra Clinica lo dimenticheremo facilmente. I fratelli infermieri del reparto mi hanno assicurato di non aver mai visto un malato come lui, che non si lamentava mai di nulla e ringraziava sempre di tutto. Eppure, un malato grave quanto era lui, che soffriva moltissimo, ha la tendenza a lamentarsi. Ciò che ha stupito tutti e ha fatto capire che in quest’uomo c’era qualcosa di non comune, era che pregava molto, da solo e in compagnia. Fino all’ultimo il suo pensiero era rivolto verso i suoi poveri, i lebbrosi, le opere di carità e di Vangelo che aveva fondato“.
I Camilliani su Facebook
I Camilliani su Twitter
I Camilliani su Instagram