La misericordia è amore concreto e visibile. Si esprime attraverso opere che rispondono ai bisogni, vecchi e nuovi, delle persone. Le opere di misericordia spirituale ci invitano a prestare attenzione, in particolare, alla qualità dei nostri rapporti quotidiani con le persone. Ne ho parlato nel mio libro Un cuore attento, riflettendo sulla misericordia e sulla compassione.
Mi ha incuriosito, in particolare, un’opera di misericordia: sopportare pazientemente le persone moleste. È un’opera di misericordia non facile da attuare. Le persone che in vari modi ci “molestano” non mancano mai. A dire il vero le “molestie” fanno parte della vita e non sono sempre legate alle persone. Non bisogna, però, perdere l’attenzione sulla “pazienza” che ci viene consigliata, e sulla sofferenza che tutto ciò può comportare. Sopportare pazientemente le persone moleste focalizza la nostra attenzione sulle persone “pesanti” perché ci importunano, ci disturbano, sono sgradevoli.
Diverse sono le categorie nelle quali possiamo collocare le persone di questo tipo. Le descrive Christian Albini nel suo piccolo libro Sopportare pazientemente le persone moleste, nel quale ci invita ad aver pazienza con gli altri come Dio con noi. Ci sono i molesti “dannosi” che procurano solo disagio con la loro invasione, ma soprattutto con la mancanza di rispetto, quelli che fanno discorsi poco attenti alla sofferenza altrui: sono quelli che Giobbe chiama i «consolatori molesti». Ci sono poi i molesti “scomodi”, che disturbano il nostro quieto vivere e i nostri egoismi con le loro richieste di giustizia. Ci sono i molesti “provocatori” che disturbano con la loro stessa presenza: sono le persone ai margini sociali, una provocazione alla nostra responsabilità. Ci sono poi i molesti che consideriamo “detestabili” in quanto diversi per la loro identità, le loro convinzioni e i loro comportamenti. Sono persone che ci disturbano in vari modi e che cerchiamo di tenere lontane.
E allora che fare con le persone moleste? Se c’è la speranza che le persone che ci “molestano” possano cambiare, può essere sufficiente farlo notare agli interessati, dire loro che ci disturbano, che così non si fanno degli amici, che tutto ciò complica la loro vita e le relazioni con gli altri. Altre volte non ci resta che prendere le distanze, o far capire loro in modo chiaro che ci sono dei limiti, dei “confini” da rispettare. Una terza via è quella di sopportare la persona così com’è. È quello che suggerisce san Paolo: «Portate i pesi gli uni degli altri». Ma questo ci ricorda che anche noi possiamo essere “molesti” per gli altri. E quindi la sopportazione deve essere reciproca. Del resto sia le famiglie, che le amicizie, che le comunità resistono solo così.
La difficoltà di questa opera di misericordia sta nella virtù della pazienza, che non è qualcosa di puramente passivo, che ci fa accettare tutto senza muovere un dito o dire una parola. La pazienza ci invita a sostenere l’urto delle molestie (persone o situazioni), ma anche a resistere di fronte all’ostilità e a non rinunciare a lottare contro ciò che non è solo “molestia” ma vera e propria ingiustizia. «A quelli che vi molestano – ci consiglia Anselm Grün – non date così tanto potere. Restate saldi. Mostrate capacità di resistenza. Non crollate! Rimanete in piedi, senza lasciavi piegare. Al fratello molesto, alla sorella fastidiosa è concesso essere come sono, ma non fatevi condizionare da loro. State dalla loro parte, ma non portate per intero il loro peso, perché spetta a loro doverlo portare. Aiutateli a portarlo, perché abbiano il loro posto nella comunità, ma non lasciate che la comunità sia determinata da loro: ciò la schiaccerebbe e basta».
Le altre opere di misericordia ci invitano ad “agire”. Questa sembra solo passiva. Ma non è così. Sopportare indica sforzo, attività, resistenza, controllo, speranza che le cose cambino, facendo quello che è possibile perché questo avvenga. La pazienza implica un “patire” che porterà frutto, perché nasce dall’amore.
Non dobbiamo dimenticare che, a volte, le persone ci risultano moleste perché, in qualche modo, risvegliano dentro di noi qualcosa di “molesto” che ci abita e che in qualche modo avevamo rimosso e dimenticato. E ciò che ci molesta sono spesso i nostri limiti e le nostre fragilità. La sopportazione paziente dell’altro che è sentito come fastidioso va di pari passo con la pazienza verso noi stessi.
Saper resistere di fronte alle “molestie” e alle sofferenze della vita, saperle affrontare e sopportare “attivamente”, anche con l’aiuto degli altri (e di un Altro), può portare a scoprire in noi delle forze che non credevamo di avere e a diventare persone migliori.
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