La vita del credente è una grande e meravigliosa avventura che arriva al suo culmine nell’istante della morte, morte che non è un traguardo, ma un trampolino di lancio per una vita che non avrà più fine. Infatti durante la celebrazione del funerale in Chiesa, il sacerdote proclama solennemente la nostra fede: “ Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta ma trasformata, e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata una abitazione eterna nel cielo”. Pertanto i fiori più belli che in tale circostanza dobbiamo offrire, non sono quelli che appassiscono, ma quelli che non marciscono: le opere di carità compiute in suffragio del defunto. Seguirà dopo il mesto rito del seppellimento. Ma quest’ opera di misericordia, nell’opinione prevalente sia della comunità cristiana che della società civile , sembra ormai debba essere affidata ai servizi sociali o alle così dette “pompe funebri”. In effetti , sia la povertà che il benessere nel mondo, non solo non facilitano il degno seppellimento dei morti, ma ne acuiscono l’urgenza e la necessità.
Per i paesi poveri, posso raccontare come esempio, una mia personale esperienza vissuta in Madagascar, dove mi trovavo per partecipare ai festeggiamenti per i 50 anni di permanenza di mia sorella Suora in quella splendida isola. Stavamo un giorno a pranzo, quando sopraggiunsero correndo dei ragazzi per comunicare a mia sorella che a distanza di qualche chilometro avevano intravisto il corpo di un vecchio morto, abbandonato in un prato e circuito da alcuni cani. Mia sorella, già ammaestrata dall’esperienza, si era da tempo attrezzata degli arnesi necessari per compiere la pia opera della sepoltura. Infatti, ci alzammo subito da tavola, lei corse in un ripostiglio dove aveva sempre pronta una zappa per scavare la fossa, un lenzuolo per avvolgere la salma, due pezzi di legno per formare una croce, l’acqua santa e i fiori che poteva sempre prelevare dalla Cappella.
Con questi arnesi, guidati dai ragazzi, con un’auto ci portammo sul luogo dove trovammo con tristezza il corpo di un anziano, in parte già straziato dai morsi dei cani. Ci mettemmo subito all’opera: Io scavai la fossa, poi avvolgemmo il cadavere con il lenzuolo e lo calammo giù coprendolo di terra, aspergendolo con l’acqua santa e recitando delle preghiere, mentre Suor Maria sistemava la croce e i fiori sulla tomba. In quel momento toccai con mano quanto fosse attuale questa opera di misericordia, non solo in Madagascar, ma anche in molti altri paesi sottosviluppati dell’Africa e dell’Asia, dove noi Camilliani siamo presenti con diversi ospedali e dove i miei confratelli sono ogni tanto chiamati a compiere lo stesso pietoso ufficio di seppellire persone sole e abbandonate. Paradossalmente, la stessa necessità va emergendo anche nei paesi industrializzati, nelle grandi città e attorno alle grandi Stazioni Ferroviarie o aeroportuali. Quante volte, ad esempio, attorno alla Stazione Ferroviaria centrale di Napoli sono stati trovati dei barboni o anziani d’inverno avvolti in grossi cartoni, morti assiderati dal freddo, dove poi i Comuni sono costretti a trovare luoghi per seppellirli nell’anonimato, senza un fiore e senza una preghiera, trattati come dei cani. Se questo avviene a Napoli, come in tante altre grandi città, immaginate cosa può accadere in America.
Difatti, anni addietro, trovai un giornale presso la grande casa dei Gesuiti, che riportava in prima pagina una notizia dagli Stati Uniti, dove presso il Collegio Sant’Ignazio di Cleveland, era sorta l’Associazione dei Seppellitori, formata da circa cento studenti universitari, i quali, scriveva l’estensore dell’articolo, “quando viene notata una necessità, lasciano la classe, indossano giacca e cravatta e si trasformano in seppellitori. Visitano la casa in lutto, pregano per il defunto, confortano gli afflitti, portano la bara, e fanno la guardia d’onore al cimitero”. Tutto questo naturalmente lo compiono come gesto di carità e di condivisione del dolore. Che bello se nascesse qualcosa di simile anche dalle nostre parti! Ci bastino questi due episodi per convincerci che seppellire i morti diventerà sempre più una emergenza, perché abbondano ormai numerosi anziani soli e soprattutto tanti stranieri o sbandati, senza parenti e bisognosi di tutto.
Per questo, l’opera di seppellire i morti interpella le nostre comunità cristiane, e la Parola di Dio ci suggerisce con quale spirito dovremo compiere questo gesto di carità tanto antico. Il Siracide così caldamente ci esorta:” Figlio, versa le lacrime sul morto e con sincero dolore intona il tuo lamento; avvolgi il cadavere come è stabilito e non trascurare la sua sepoltura.”(Sir. 38,16) Questo infatti è stato lo spirito con cui Tobia ha adempiuto tale pietoso ufficio, il quale, pur di non lasciare insepolti e abbandonati nelle strade i cadaveri dei suoi fratelli ebrei perseguitati, metteva a rischio non solo il suo patrimonio ma anche la sua famiglia e la sua vita.
Mandato dal padre in cerca di parenti e amici, tornò dicendo: “ uno della nostra gente è stato ucciso e gettato nella piazza, l’hanno strangolato un momento fa. Io allora mi alzai lasciando il pranzo intatto, lo tolsi dalla piazza e attesi il tramonto per portarlo a seppellire…e piansi;”(Tb.2,7) mentre i vicini così lo deridevano: “ è dovuto fuggire ed eccolo ora di nuovo a seppellire i morti.”(Tb.2,8) Ma era stato in precedenza il generoso esempio del suo padre Tobi ad infondergli tanto coraggio; stupenda infatti è la testimonianza che egli stesso ci offre:”Io Tobi, passavo tutti i giorni della mia vita seguendo le vie della verità e della giustizia…facevo spesso l’elemosina e se vedevo qualcuno dei miei connazionali morto e gettato dietro le mura di Ninive, io lo seppellivo. Seppellivo anche quelli che aveva ucciso Sennacherib nella sua collera, egli uccise molti israeliti; io sottraevo i loro corpi per la sepoltura.”(Tb.1,15-19) Nel Nuovo Testamento poi, San Luca descrive in maniera molto amorevole la sepoltura del corpo di Gesù:” Un uomo giusto di nome Giuseppe di Arimatea, si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo depose dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia , nel quale nessuno era stato sepolto.”(Lc.23,53) Anche le pie donne si recarono al sepolcro con oli profumati per mostrare tutto il loro amore per il corpo di Gesù. Dalla Parola di Dio apprendiamo inoltre che seppellire i morti è un’opera gradita a Dio come l’elemosina, perché libera dalla morte e purifica da ogni peccato”. Anche i Padri della Chiesa raccomandavano ai cristiani questo gesto di grande carità e di profonda umanità: San Cipriano Vescovo di Cartagine (III Sec.d.Cr.) così affermava rivolgendosi ai Cristiani:” Se dei miseri o degli stranieri muoiono, non lasciamo che restino insepolti. Queste sono le opere, i doveri della misericordia: se qualcuno ne assume l’iniziativa, offrirà a Dio un sacrificio autentico e gradito”.
Il vero culto dei morti quindi non si manifesta nella ostentazione di vistosi monumenti che vorrebbero prolungare anche oltre la morte la superbia umana e la separazione delle classi sociali. La sepoltura invece, deve restare un austero segno di quella morte che rende tutti uguali; per il cristiano la speranza ha solo un nome: Gesù Cristo Risorto! Vi sono poi interi paesi del terzo mondo dove questa opera di carità è da attuarsi nel senso letterale del termine: i morti rimangono abbandonati lungo i marciapiedi e solo la pietà dei cristiani riesce a offrire, come Tobi e Tobia, col cuore e a proprie spese una degna sepoltura. Questa opera di carità, infine, ci offre l’occasione per accennare alla possibile richiesta di cremazione della salma, che la Chiesa non condanna a condizione che sia purificata dalle motivazioni storiche di disprezzo del corpo o di negazione della vita futura, ricordando inoltre che da sempre nella Chiesa gli oggetti sacri sono stati distrutti con il fuoco, come segno di grande venerazione e rispetto.
Padre Rosario Messina
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