di Padre Koffi Médard ABOUE, M.I.
L’Istituto delle Figlie di San Camillo (FSC) non ha altro carisma che il carisma di San Camillo cosi come si evince dall’articolo 1 della Costituzione dell’Istituto: “In trasmissione diretta da San Camillo de Lellis, tramite i Beati Fondatori, la Congregazione ha ricevuto dallo Spirito Santo il dono di testimoniare l’amore sempre presente di Cristo verso gli infermi, nel ministero spirituale e corporale esercitando anche con rischio della vita” (Cost. art. 1). In fondo questa scrittura è, in altri termini, il carisma che l’Ordine dei Ministri dei infermi ha ricevuto in eredita dal proprio fondatore San Camillo nel lontano 1591 e che ha custodito di secolo in secolo e trasmesso a vari istituti religiosi, organismi, associazioni che formano quello che chiamiamo oggi la Famiglia carismatica camilliana (FCC). L’articolo 1 della Costituzione dei Ministri degli infermi recita: “L’Ordine dei Ministri degli Infermi, parte viva della Chiesa, ha ricevuto da Dio, tramite il Fondatore San Camillo de Lellis, il dono di rivivere l’amore misericordioso sempre presente di Cristo verso gli infermi e di testimoniarlo al mondo”. A proposito è giusto ribadire con P. Angelo Brusco che : “Dal secolo XVI, in cui è nato e vissuto san Camillo, ad oggi, il carisma della carità misericordiosa verso gli ammalati, che Camillo de Lellis ha ricevuto da Dio ed ha trasmesso alla Chiesa, si è arricchito attraverso l’apporto di molte persone significative, ciascuna delle quali ha arricchito il disegno originario del Fondatore dei Ministri degli Infermi, aggiungendovi nuove sfumature originali” (in Camilliani/s, n. 80 anno VIII – settembre-ottobre 1994).
Nella Famiglia carismatica camilliana questo carisma è, nelle varie costituzioni, scritto in lettere d’oro perché è la fonte ispiratrice che legittima presso gli organi decisionali ecclesiali la loro aggregazione con pieni diritti alla spiritualità di San Camillo. In questa FCC spicca in modo eccellente l’Istituto delle FSC per la sua fedeltà creativa al carisma di San Camillo. La beatificazione dei fondatori (Madre Vannini 16 ottobre 1994: P. Luigi Tezza 04 novembre 2001) e la canonizzazione prossima della Madre (13 ottobre p. v.) non sono altro che il riconoscimento della Chiesa dei meriti di questa Famiglia religiosa nello sviluppare il dono che Dio ha fatto al mondo attraverso di lei. Dunque è tutta l’opera dei fondatori ma particolarmente della Madre Giuseppina Vannini che viene riconosciuta, confermata e riproposta alla Chiesa e al mondo come “Nuova scuola di carità” secondo la felice espressione di Papa Benedetto XIV. (Papà Benedetto XIV, 1746). Ancora secondo P. Angelo, tra le figure fondatrici di un ramo di spiritualità camilliana, «“occupa un particolare rilievo Giuseppina Vannini”: la prima croce rossa di san Camillo, che dopo di lui, splenderà a Roma nella luce dei Beati (e adesso dei Santi) segno della validità e continuità del suo intramontabile messaggio”. In tale dinamica appare chiaro che il carisma e la spiritualità della beata Vannini vanno ricompresi alla luce del carisma e della spiritualità di san Camillo, anche attraverso la mediazione offerta dal religioso camilliano, beato Luigi Tezza». Insomma, tutto della vita e nella vita della nostra Santa dice e respira il carisma di San Camillo.
Madre Vannini e il carisma di San Camillo
L’origine della fondazione dell’Istituto ha qualche cosa di strano, cioè che Madre Vannini è partita dal primo momento con l’idea di fondazione perché cosi voleva Padre Tezza. Non è che la Madre aveva prima vissuto e praticato un carisma che poi gli è stato riconosciuto come per Camillo e per tanti altri fondatori. Ma questo fatto non toglie nulla alla eroicità dell’esperienza di Madre Vannini anzi diventò, nel suo caso, un modo originale perché Dio aveva voluto così. Dal primo momento la Madre aveva chiara l’idea che questa è ormai la sua vera via di santificazione e, alla scuola di P. Tezza, non ha mai dubitato della sua nuova chiamata.
La storia della nostra santa ci restituisce abbondantemente delle condizioni fragili di salute della Madre, condizioni che alla fine le impediscono di concretizzare la sua vocazione nella congregazione delle Figlie della Carità di Siena. Cosi come scrive Suor Emilia Flocchini: “A ventuno anni ottiene il diploma di maestra d’asilo e chiede di entrare nel noviziato delle Figlie della Carità a Siena. Ma poco dopo ritorna a Roma per motivi di salute e per un periodo di prova. L’anno seguente torna a Siena, ma poi viene definitivamente dimessa dall’istituto perché ritenuta inadatta” (cfr. Santa Giuseppina – Giuditta Adelaide Vannini – Vergine, fondatrice).
Queste condizioni di salute diventeranno il punto di forza di una esperienza ricca e forte per la fondazione del suo Istituto. La Madre è diventata credibile come san Camillo perché come lui, lei ha sperimentato nella propria vita e sulla propria pelle la sofferenza, che da lei aveva moltissimi volti: da quelli fisici a quelli spirituali, passando da quelli morali, umani ecc.
Rimasta orfana in tenera età da entrambi i genitori (Angelo e Annunziata), la nostra cara Giuditta conoscerà la vita non tanta tenera dell’orfanotrofio presso le Suore della Carità nonostante l’amore materno delle brave suore. A tutto questo si aggiungeranno la fine inaspettata dell’esperienza con le suore della carità, le condizioni economiche difficili, le menomazioni fisiche e, più tardi, le malignità che erano sorte sul suo rapporto con P. Luigi Tezza. «Tutto il suo operato, l’esempio dato nella cura agli infermi, la fondazione stessa delle Figlie di San Camillo, insieme al padre Luigi Tezza è sanzionato dal crisma della prova e del dolore. Dolore fisico, la lunga cardiopatia, ma soprattutto dolori morali, accettati ed offerti con totale dedizione e generosità» (Dal libretto di Pensieri a cura di P. Carlo Colafranceschi).
Nella Roma di quei tempi, vi immaginate come a 32 anni la nostra Giuditta già senza genitori rimase come col cerino in mano, diremo senza prospettiva né futuro? Non è uno scherzo, era la pura e dura realtà della sua vita. Ma come racconta il salmo 149, “il Signore protegge il forestiero, sostenta l’orfano e la vedova” perché la nostra cara Giuditta non tarderà a scoprire il vero progetto di Dio su di lei. Il signore è grande e misericordioso, lento a lira e pieno di perdono.
L’incredibile incontro con P. Luigi Tezza, camilliano
Nella breve bibliografia che scrisse P. Colafranceschi leggiamo cosi sulle condizioni che permisero l’incontro di Giuditta con P. Luigi Tezza: “Nel dicembre 1891, le suore di Nostra Signore del Cenacolo, residenti in Roma in Via della Stamperia 78, offrivano annualmente un corso di esercizi spirituali alle signore e signorine di lingua francese. Mancando improvvisamente il predicatore ufficiale, le suore si rivolsero al camilliano Padre Luigi Tezza che aderì di buon grado. Il direttore spirituale di Giuditta le passò quell’informazione e la giovane, pratica della lingua, senza indugio si associò al gruppo”.
Quel 17 dicembre 1891, ultimo giorno del ritiro, dall’incontro voluto da Giuditta, due preoccupazioni si incontrano e si danno reciprocamente una mano d’aiuto nel nome del Signore. P. Luigi era confrontato alla difficoltà di rimettere in piedi le Terziarie camilliane e Giuditta con una solida base umana e spirituale era in ricerca di una esperienza religiosa che possa colmare le sue aspirazioni. Con la saggezza che solo viene dallo spirito Santo Giuditta chiese tempo di riflessione al Padre che le propose di prendere in mano la rifondazione delle Terziare camilliane e di fondare un Istituto d’ispirazione camilliana. Nella preghiera lei si presentò due giorni dopo e disse a P. Lugi: «Eccomi a sua disposizione per il suo progetto. Non sono capace di nulla io. Confido però in Dio”. La Giuditta troverà infatti nella proposta di P. Luigi e nel carisma camilliano la propria strada, il cammino della propria realizzazione umana e cristiana, la perla evangelica della carità, per la quale vale la pena vendere tutto per acquistarla
Di fatto, ci possiamo chiedere: Cosa c’è di normale in quel fortuito incontro di due anime? Dio è al commando, possiamo solo dire oggi, noi che vediamo dai nostri occhi le sue meraviglie di Dio nella vita di questi due beati. Mi viene una grande emozione e mi viene di cantare il salmo 123: “Se il Signore non fosse stato per noi – lo dica Israele – se il Signore non fosse stato per noi, quando eravamo assaliti …Il nostro aiuto è nel nome del Signore: egli ha fatto cielo e terra”.
La Fondazione dell’Istituto delle Figlie di S. Camillo
Da questo momento tutto andrà velocemente. P. Luigi senza tardare, informa i suoi superiori e ottiene l’autorizzazione del Cardinale Vicario di Roma a procedere in questa iniziativa. Giuditta inizia a fare vita comune con Vittorina Panetta ed Emanuela Eliseo, preparate da padre Tezza. Il 2 febbraio 1892, ricorrenza della conversione di San Camillo, nella stanza-santuario dove è morto il Santo, le tre donne ricevono lo scapolare con la croce rossa: è l’atto di nascita di una nuova famiglia religiosa innestata sul tronco camilliano”
In Vannini, nelle sue compagne e in tante altre donne si realizza in pienezza con la dimensione femminile il pensiero di San Camillo quando raccomanda di servire l’ammalato come suol sa fare una mamma per il proprio unico figlio malato. Con loro contempliamo i tratti tipicamente femminili del carisma di San Camillo. Loro hanno interpretato con il genio femminile il messaggio di tenerezza e compassione (cfr. Messaggio di Papa Francesco alla FCC, Roma il 18 marzo 2019) intrinseco al nostro carisma. “San Camillo, invitando i suoi religiosi a servire i malati con cuore di madre, aveva avuto l’intuizione che la cura dei malati deve fare appello a quelle qualità ed atteggiamenti che sono tipici del ‘genio femminile’: la ricettività, la disponibilità, la tenerezza, l’accoglienza, la capacità di ascolto, l’intuizione, la sensibilità nel cogliere le situazioni, l’attitudine a farsi carico dei problemi altrui, l’inclinazione ad offrire il proprio aiuto” (Angelo Brusco in Camilliani/s, n. 80 anno VIII – settembre-ottobre 1994) che Vannini, le compagne e le Figlie dopo di loro metteranno quotidianamente in atto nella loro cura dell’infermo.
Un’altra prova nella vita della nostra cara Giuditta sarà che “mentre il giovane Istituto si sviluppava rapidamente, si addensarono attorno al Tezza insinuazioni malevoli, con deduzioni nei riguardi delle Figlie di S. Camillo”. Allora nel maggio 1898 il P. Luigi Tezza viene trasferito in Francia poi, il 3 maggio 1900, ricevette l’ordine di partire per il Perù. Obbedì con grande libertà d’animo, liberà di uno che si sentiva davvero innocente. A Lima vi rimase per ben 23 anni che lo portarono a spegnersi serenamente nel Signore il 26 settembre 1923.
“L’allontanamento di padre Tezza costituisce un dramma per madre Giuseppina, che deve addossarsi da sola il peso del nascente istituto. Ma non si perde d’animo: ha ricevuto da lui quanto occorre per proseguire. Dotata di mirabile fortezza e fiduciosa nell’aiuto del Signore, riesce a diffondere l’istituto in varie parti d’Italia, Francia, Belgio e in Argentina. Nonostante una salute debole, spesso travagliata da languori e da emicranie, la fondatrice non si risparmia: visita ogni anno le case, si prodiga per le suore e le accompagna con amabilità e con vigore. Il 21 giugno 1909, dopo tante resistenze, riesce ad ottenere il decreto di approvazione diocesana sotto il titolo di Figlie di San Camillo. Nel 1910, dopo l’ultima visita a tutte le case in Italia e in Francia, è colpita da una grave malattia di cuore… Sentendo avvicinarsi il momento della sua dipartita, ripete alle figlie: «Fatevi coraggio! Anzitutto è Dio che manda avanti le cose e non io. E poi dal paradiso potrò fare voi di più di quello che non faccio stando in questo mondo. Quando io non sarò più, credete pure che si farà meglio di quanto non si faccia adesso» Purificata ulteriormente dal dolore, il 23 febbraio 1911 madre Giuseppina rende serenamente l’anima a Dio” (cfr. Emilia Flocchini).
In sostanza, “alla Vannini si deve quanto nel campo assistenziale-infermieristico le Figlie di San Camillo hanno operato a Roma, Cremona, Mesagne, Brescia, Rieti, Bonsecours, Monticelli d’Ongina, Caprarola, Buenos Aires. Tutto con soddisfazione delle autorità ecclesiastiche e civili, superando difficoltà sorte per incompatibilità ideologica con non pochi rappresentanti anticlericali delle amministrazioni locali. Molte furono le religiose che diedero la vita nell’esercizio del loro ministero, per le fatiche e il contagio assistendo i malati di tifo e tubercolosi. Scorrendo le pagine del Primo necrologio dell’Istituto in cui sono ricordate molte sorelle morte in giovane età per la loro totale dedizione nell’assistenza agli infermi, troviamo lo spirito che le animava, lo stile del servizio con cui si avvicinavano ai malati, ottenendo loro con la carità grandi benefici spirituali oltre che fisiche” (Costanza Petretto, Il femminile del carisma camilliano).
La Madre aveva fissato lo stile dell’Istituto in termini chiari: “È il modo di essere e di agire di una Camilliana verso la comunità, verso il malato e verso sé stessa, con cuore di madre, sì che in qualsiasi parte del mondo andiamo ci possano riconoscere come “le Figlie di San Camillo di Roma” (Madre Vannini). In effetti, il Decreto della sua beatificazione recita: «Con cura materna e con soprannaturale sapienza guidò la Congregazione perché fosse di gloria a Dio e di servizio agli ammalati, seguendo in ciò l’esempio di S. Camillo, maestro e modello di amorevole e misericordiosa dedizione ai sofferenti. […] Fu amorosamente vicina e assidua madre nei riguardi delle sorelle della Congregazione, degli ammalati, dei poveri, dei peccatori… sollecita com’era della loro salvezza spirituale e corporale; e insegnava alle Suore a comportarsi allo stesso modo con gentilezza e senza risparmiarsi» (Congregatio de Causis Sanctorum, Decretum Beatificationis Servae Dei Josephinae Vannini – Fundatricis Congregationis Filiarum S. Camilli (1859-1911), Roma 7 marzo 1992).
Conclusione: La Carta Magna della Figlia di San Camillo
La Madre Vannini, prima di spegnersi nel Signore a solamente 52 anni ha consumato la propria vita in questa bellissima opera di dedizione generosa al prossimo bisognoso (malato e non). Questo messaggio evangelico che traspare dalla sua vita si riassume in senso pratico in queste regole degli uffici che ha creato tramite le opere di misericordia corporali e spirituali (fine apostolico del suo Istituto): 1. Dar da mangiare agli affamati (cuciniera) 2. Dar da bere agli assetati (cuciniera) 3. Vestire gli ignudi (guardarobiera, lavandaia) 4. Alloggiare i pellegrini (portinaia) 5. Visitare gli infermi (infermiera) 6. Visitare i carcerati (cappellana) 7. Seppellire i morti (cappellana) 8. Consigliare i dubbiosi 9. Insegnare agli ignoranti 10. Ammonire i peccatori 11. Consolare gli afflitti 12. Perdonare le offese 13. Sopportare le persone moleste 14. Pregare Dio per i vivi e per i morti.
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