Parrocchia ‘camilliana’: Ospedale aperto Casa di speranza e di misericordia.

PDF SPAGNOLO    FRANCESE   PORTOGHESE

Il 19 aprile 2017, nel pomeriggio, presso il Centro Santa Fè – San Paolo (Brasile) – 48 partecipanti, tra religiosi camilliani e collaboratori laici, si sono radunati per il III° simposio internazionale dei parroci e dei ‘rettori’ camilliani, in rappresentanza di una quindicina di nazioni e di diverse province e delegazioni dell’Ordine.

La prossimità della chiesa è stata testimonianza dalla visita fraterna dell’arcivescovo di San Paolo, mons. Odilo Pedro cardinal Scherer e dalla presenza fra di noi, per tutta la durata dell’incontro, del nostro confratello camilliano, mons. Prosper Kontiebo, vescovo di Tenkodogo in Burkina Faso. La loro sola presenza ci ha ricordato che ogni nostra forma di ministero, in particolare quello parrocchiale, si inserisce sempre nell’ambito della comunione con la chiesa locale ed universale.

I momenti di riflessione e di condivisione sono stati scanditi attorno all’identità della parrocchia dal profilo ‘camilliano’: la parrocchia camilliana come ‘ospedale aperto’, dove conoscere, amare e servire soprattutto le persone più povere e malate, tra kononia (luogo di comunione), kerigma (annuncio della Parola di salvezza), diakonia (missione e servizio di carità).

L’obiettivo del raduno è stato quello di elaborare delle linee guida che possano accompagnare la missione dei camilliani a cui viene affidata la responsabilità pastorale di una parrocchia, affinché continuando a vivere pienamente il loro carisma camilliano, contribuiscano a formare delle comunità cristiane ‘camilliane’, sensibili alle persone che soffrono, ai loro membri più bisognosi. Le attività svolte dai religiosi camilliani devono avere la loro specificità, perché – come dice Papa Francesco – il pastore deve emanare l’odore delle sue pecore ma anche le pecore devono respirare l’odore del loro pastore.

In un sempre più marcato pluralismo culturale e religioso, come possiamo annunciare la buona notizia di Gesù Cristo, il volto misericordioso del Padre? Le nostre comunità parrocchiali sono chiamate ad essere ‘comunità di comunità’ che sanno accogliere e ascoltare le paure e le speranze della gente, le domande e le attese (cfr. Gaudium et Spes 1), anche inespresse – soprattutto quando si accompagnano alla stagione difficile e apparentemente senza senso della malattia, della fragilità, della vecchiaia, della solitudine – e che sanno offrire una coraggiosa testimonianza e un annuncio credibile della verità che è Cristo, che ancora una volta, attraverso i nostri gesti e le nostre parole, ‘esorta, incoraggia, tocca, prende per mano, cammina insieme’, realizzando la grande liturgia della salvezza integrale dell’uomo.

      La parrocchia ‘missionaria’ è formata da ‘discepoli missionari’ del Signore, che nella varietà dei loro doni e carismi (sacerdoti, religiosi, laici) si pongono al servizio della fede delle persone, di tutte le persone, da raggiungere – dentro la loro storia personale – nelle dimensioni degli affetti, del lavoro e del riposo, della formazione umana e spirituale, tenendo viva nella loro agenda pastorale la prospettiva dell’animazione e della promozione vocazionale, soprattutto tra i giovani; è un ‘ospedale aperto’ che accoglie, cura e rilancia la persona in ogni fase della sua storia e che coinvolge – offrendo adeguata formazione – tutte le componenti della comunità in questa opera di cura: dalla vita che nasce alla vita fragile che soffre e che muore, dalla famiglia che si compone e scompone tra mille difficoltà e tensioni, alla responsabilità educativa, in un costante dialogo con le tutte le istanze ecclesiali, sociali, formative e sanitarie del territorio.

Le parrocchie ‘camilliane’ devono continuare ad assicurare la dimensione popolare della Chiesa, rinnovandone il legame con il territorio nelle sue concrete e molteplici dimensioni sociali e culturali: c’è bisogno di parrocchie che siano ‘case aperte’ a tutti, che – con uno stile sobrio e determinato – si prendano cura dei poveri, che collaborino con gli altri soggetti sociali e con le istituzioni per la promozione di una sana cultura antropologica, in questa epoca caratterizzata dalla ‘cultura dello scarto’ (cfr. papa Francesco).

Anche le parrocchie ‘camilliane’ hanno bisogno di ‘nuovi’ protagonisti: una comunità che si sente tutta responsabile del Vangelo, con dei pastori sensibili nel promuovere carismi e ministeri, sostenendo la formazione dei laici, con le loro associazioni, creando spazi di reale partecipazione, con una particolare sollecitudine verso coloro che si impegnano nel mondo sanitario, del volontariato sociale, della promozione sociale. L’impegno non è facile, ma è esaltante. Esserne protagonisti è un dono di Dio. Bisogna viverlo insieme, in un clima spirituale “alto”. Ce lo chiede il Signore, che, come a Paolo, continua a ripetere a ciascuno: «Non aver paura, ma continua a parlare e non tacere… perché io ho un popolo numeroso in questa città» (At 18,9-10) e ce lo chiede l’intuizione del nostro Fondatore San Camillo, che desiderava avere ‘mille braccia’ per poter raggiungere e servire il maggior numero possibile di infermi e di poveri, soprattutto quelli che lui considerava il ‘mare magnum’, coloro che vivevano la sofferenza e spesso anche l’approssimarsi della morte, nelle loro case.

Dal confronto di diverse esperienze vissute fra di noi in questi giorni, abbiamo compreso che non esiste “la” parrocchia ‘camilliana’, ma ne esistono molte e con tanti volti, a seconda delle misure e delle collocazioni, delle storie e delle risorse, dei contesti geografici in cui ci si pone: tuttavia siamo concordi nel ritenere che vadano coltivati ed implementati alcuni atteggiamenti di fondo, che ne qualificano il volto ‘camilliano’: ospitalità, ricerca, identità. L’ospitalità consiste nel saper fare spazio a chi è, o si sente, in qualche modo estraneo, o addirittura straniero, rispetto alla comunità parrocchiale ma porta tutto il suo disagio e la fatica della propria ricerca nella fede ma anche nella vita e nelle relazioni. La ricerca di coloro che non coltivano più domande su Dio o di coloro che la sofferenza – fisica, relazionale, spirituale – ha posto in uno stato di apatia verso la vita stessa, dovrebbe aiutarci ad evitare la chiusura in forme di ministero autoreferenziale, per sperimentare un ministero permanentemente in ‘uscita’ (cfr. papa Francesco).

A nulla però varrebbe accogliere e cercare se poi non si avesse nulla o poco da offrire. Qui entra in gioco l’identità della fede, della speranza e della carità, che deve trasparire dalle nostre parole e dai nostri gesti. Il “successo” sociale della parrocchia non deve illuderci: il rifermento costante alla nostra carisma e alla spiritualità camilliana, alla nostra fraternità religiosa devono continuamente purificare le nostre motivazioni profonde e il nostro operato per poter giungere a condividere le felicità e le sofferenze di ogni creatura umana. Una condivisione sostenuta dalla «speranza [che] non delude» (Rm 5,5). Perché la speranza cristiana ha questo di caratteristico: essere speranza in Dio. È Dio il fondamento della nostra speranza e anche del nostro impegno a rinnovare la parrocchia, perché possa testimoniare e sappia diffondere la speranza cristiana nella vita quotidiana. Questa tensione è ciò che, alla fine, dà senso alla vita della parrocchia ‘camilliana’. In essa si riconosce un segno, tra le case degli uomini, di quella ‘casa di misericordia’ che è allo stesso tempo la casa del Padre che attende e ristora la dignità del figlio che ritorna (Lc 15,11-32), ma è anche quell’albergo dove il buon samaritano porta il ‘malcapitato’ ferito e chiede anche ad altri di collaborare con lui alla sua cura e alla sua salvezza (Lc 10,25-37).

   Esprimiamo un ringraziamento speciale a tutti i nostri religiosi camilliani che si dedicano samaritanamente a questo ministero nella chiesa, coltivando anche l’impegno e la  speranza di suscitare nuove vocazioni camilliane attraverso la loro testimonianza. Questa attività parrocchiale non è una dimensione ministeriale marginale – come finno ad un recente passato – ma una forma da valorizzare per il nostro Ordine e da vivere con grande creatività pastorale.

Esprimiamo sentimenti di riconoscenza ai confratelli della provincia camilliana brasiliana che hanno accolto di ospitare questo incontro, accompagnandoci con un’organizzazione molto rigorosa e con una fraternità profondamente calorosa.

Preghiamo affinché san Camillo continui a proteggervi e ad ispirarvi nella vostra missione e l’esperienza delle tenerezza materna di Maria, Madre del Signore, vi sproni ad essere strumenti dell’amore e della misericordia di Dio.

San Paolo (Brasile), 19-23 aprile 2017

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