“…non vi abbandonerò!” – Biografia

Scarica qui il PDF “Validità del processo diocesano”

MARIA ARISTEA CECCARELLI

…non vi abbandonerò!
La follia dell’amore

Serva di Dio Maria Aristea Ceccarelli
Laica, sposa …madre!

di Andrea Maniglia

01 - Maria Aristea con crocifissoSin dagli albori della cristianità non sono mai mancate nella storia della Chiesa, figure di laiche e spose, distintesi per la loro santità. Quella di Maria Aristea Ceccarelli è una santità così straordinariamente ordinaria che non si fatica a metterne insieme i pezzi per dimostrarne l’eroicità. La testimonianza di Aristea emerge ancora più limpida e chiara in una società, come la nostra, mediatica e culturale, editoriale, televisiva e cinematografica in cui alcuni definiscono il matrimonio come atto fragile e costantemente in bilico, e da un certo punto di vista lo è. Aristea offre, in quanto testimone credibile del Vangelo, un modello alto di sposa e laica cristiana.

Non ha inseguito sogni o illusioni: la sua vita si è concretizzata in una spiritualità solida edificata sulla roccia e che ha avuto per cemento armato la fede in Cristo. Sacrifici, dolori, tragedie sono stati affrontati con lo stesso spirito che anima i martiri. Forte nella fede, è andata incontro al Signore con estremo coraggio.

Potrebbe suscitare meraviglia e stupore, ma se mi chiedessero dove ho avuto la possibilità di conoscere ed approfondire la straordinaria figura della Serva di Dio Maria Aristea Ceccarelli, dovrei rispondere francamente: a casa sua! Si, tra le mura della sua casa, in via Ancora, nei pressi di Porta Pia, a Roma; in quella Roma, cara a molti, madre feconda di santità, vivaio fertile di testimoni, di cristiani autentici, di uomini maturi, in poche parole di santi. Proprio quelle mura, oggi abitate, per arcano disegno della Divina Provvidenza, da un bravo e caro amico sacerdote; quelle mura, impregnate di santità, ma anche di lacrime silenziose, di offerta quotidiana al Signore; quelle mura dove era di casa il dolore e la gioia, l’umiliazione e l’accoglienza, la violenza e il perdono, la bestemmia e la preghiera, la brutalità e il sorriso materno mi hanno concesso la straordinaria grazia di incrociare sul mio cammino la splendida figura di questa donna, di questa moglie, di questa cristiana … di santa. La sua casa per me, è stata casa di accoglienza, profuma di famiglia, perché in via Ancona si andava e si va per incontrare persona care e amabili, per ascoltare parole buone, che sollecitano, che accompagnano, che spalancano i confini e gli orizzonti vasti del vivere cristiano.

Nella sua enciclica Evangelii Nuntiandi, papa Paolo VI scriveva che la «Chiesa vive per evangelizzare». È per questo che evangelizzare non è solo il compito principale di alcuni nella Chiesa, ma l’unico compito di tutti i membri che della Chiesa fanno parte. Evangelizzare non è solo comunicare un messaggio, ma instaurare il Regno dei Cieli in questo mondo, cosa che include necessariamente rendere Gesù Cristo presente in tutti gli ambiti della vita umana. Annunciare è confrontarsi col mondo, portare all’uomo i segni dell’amore di Dio di cui egli tanto, oggi, necessita. La figura di Aristea Ceccarelli incarna la visione del Vaticano II, in modo riassuntivo nella frase riportata in Lumen Gentium, 31: «Cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali ed ordinandole secondo Dio». Lei ha trattato le realtà del mondo e le ha orientate verso Dio, conformata a Gesù Cristo ha partecipato alla sua medesima missione. La sua vocazione, prettamente laicale, la rende luminoso modello per quanti, sono chiamati non solo a trasformare il mondo, ma anche a fare della terra un luogo più degno ed abitabile. E per proclamare, con voce decisa, al nostro mondo che il suo destino trascendente è di convertirsi al regno della verità e della vita di Dio, della santità e della grazia, della giustizia, dell’amore e della pace. La Serva di Dio è stata come un piccolo

fermento, e si è santificata nel mondo esercitando la propria vocazione sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo ha manifestato Cristo agli altri principalmente con la testimonianza della sua stessa vita e col fulgore della sua fede, della sua speranza e carità (cfr. Lumen Gentium, 31). È stata per molte anime immagine della Parola vivente e, così come luce, ha illuminato il cammino irto di molti. Maria Aristea ci ricorda l’urgenza di formare uomini e donne capaci di incidere, secondo la propria vocazione, nella vita pubblica, orientandola al bene comune.

Infanzia

08 - ARISTEA cresimaAffacciata sull’Adriatico, capoluogo marchigiano, Ancona è uno dei maggiori porti italiani. Essa ha dato i natali e ha accolto lungo il cadenzare dei secoli uomini di ogni dove che con le loro arti l’hanno, non solo abbellita e resa illustre, ma impreziosendola hanno reso grande la nostra penisola. Proprio in questa terra, il 5 novembre 1883, di lunedì, mentre si gioiva per la firma tra Austria-Ungheria e Romania del trattato segreto difensivo tendente a contrastare l’influenza della Russia nei Balcani, veniva alla luce, in una casa modesta, la nostra Serva di Dio. I suoi genitori, Antonio e Nicolina Menghini, erano di discrete condizioni. Dodicesima di sedici figli, di cui solo cinque sopravvissero all’infanzia, fu portata al fonte battesimale il 9 dicembre dello stesso anno, le furono imposti i nomi Aristea Margherita, fu battezzata dal parroco del tempo don Cesare Brunetti.

Occorre però spendere una parola sulle figure dei genitori della Serva di Dio, ciò ci aiuterà a capire, con più accuratezza, il carattere forte di Maria Aristea. Il padre Antonio era di facili amori, e pur avendo già una donna e un figlio che lo aspettavano, durante il servizio militare si invaghi di Nicolina, madre della Serva di Dio, e scappò con lei. Dopo la morte della prima moglie, Antonio si unì definitivamente a Nicolina. Fu la Parrocchia che registrò il loro matrimonio ad offrire alla neo sposa una piccola dote di sussidio. Essi, poi, fissarono la loro abitazione in via Vasari, nel rione Archi e qui presero a gestire una trattoria situata al pian terreno. Il padre, nonostante fosse di famiglia benestante e pure istruito, aveva un carattere forte, irascibile, scontroso e assai violento. Era dedito al gioco e al vino e risolveva ogni questione con le mani. Sovente bestemmiava e sperperava tutto il suo guadagno. La madre invece, impegnata continuamente nel lavoro in trattoria, era analfabeta e di indole assai chiusa e dura.

Aristea crebbe abbandonata a se stessa, non ricevette nessuna istruzione scolastica e religiosa; sin da tenerissima età manifestò un senso di attrazione verso le realtà soprannaturali e appena poteva si recava nella vicina Chiesa del Crocefisso, e in spirito quieto, imparava qualche piccola preghiera della tradizione. Passò, così, la sua fanciullezza tra casa, chiesa, bettola e negozi. In casa Ceccarelli non esisteva colazione o pranzo e la madre per distrarre i bambini dai morsi della fame soleva raccontar loro delle semplici storielle. Aristea manifestò sempre, nei confronti dei suoi genitori, un atteggiamento rispettoso ed ossequiente, umile e delicato, affettuoso e premuroso. Anche se nel suo cuore soffriva molto la noncuranza della madre nei suoi riguardi. Queste inclinazioni caratteriali segneranno sempre la vita di Aristea: donna dolce, affabile, amorevole, sempre disponibile verso il prossimo, in particolar modo verso i poveri e i bisognosi.             Desiderando imparare a leggere, si mise d’accordo con una maestra, che per un soldo, le dava qualche lezione. Aristea si accostò alla sacramento della Prima Comunione quando aveva circa 11 anni. Fece tutto da sola, si preparò nel migliore dei modi all’incontro con Gesù. Così anche per il sacramento della confermazione che ricevette nella cattedrale di Ancona.