Preghiera dell’Anno della Misericordia
La mia non sarà una riflessione sistematica, ma a flash, ad immagini, che possiamo – se vogliamo – continuare a coltivare più tardi!
Per introdurmi nella riflessione, comincio dall’esito finale proposto dal “titolo” di questa mia proposta: l’UMANIZZAZIONE.
Umanizzazione: Gaudium et Spes (n.12) tenta una definizione semplice ma unificatrice di ciò che è l’UOMO (HUMANUM): “Che cosa è l’uomo, che tu ti ricordi di lui? o il figlio dell’uomo che tu ti prenda cura di lui? L’hai fatto di poco inferiore agli angeli, l’hai coronato di gloria e di onore, e l’hai costituito sopra le opere delle tue mani. Tutto hai sottoposto ai suoi piedi » (Sal8,5)”.
L’uomo è “icona di Dio” e questa iconicità divina, si manifesta nei tratti più alti e qualificati che esprimono la potente verità, bontà e bellezza della nostra umanità: intelligenza (che cerca la verità), coscienza (che discerne il bene) e libertà (contesto necessario affinché intelligenza e coscienza possano esprimersi in pienezza) (GS 15-16-17).
La “misericordia” e la “compassione” in che modo possono renderci “più uomini” (non super-uomini), ma “uomini”, ossia congrui, coerenti, adeguati sempre di più alla nostra vocazione, al nostro comune progetto di vita, che è quello di esplicitare sempre di più, di performare sempre meglio, di concretizzare sempre più realisticamente la “scintilla divina” che portiamo dentro di noi?
Vorrei – solo come metodo di riflessione – distinguere tra MISERICORDIA (miseria-cuore) (impetrata da Dio e goduta nel suo benefico irraggiarsi nella nostra vita – DONO dall’alto) e COM-PASSIONE (condivisa in senso trasversale, cum-patere con i fratelli – dal DONO al CON-DONO).
Per capire la radicale umanizzazione che la misericordia accolta nella vita, può produrre, bisogna prima inoltrarsi con una buona dose di coraggio e di onestà, là dove l’humanum ha raggiunto la sua deformazione più brutale, arrivando a generare un male BANALE (H. Arendt, La banalità del male); banale perché abissale e contemporaneamente perché NORMALE, perché non più considerato male, perché relativizzato, e come tale diventa un male assoluto (AB-SOLUTO), assoluto, perché SCIOLTO-LIBERO di pervadere tutti i gangli vitali dell’esistenza umana, senza temere più alcuna resistenza seria alla sua diffusione.
L’uomo è stato e viene continuamente sventrato quanto “perde di vista l’uomo – l’uomo secondo Dio”. “Dov’era Dio ad Auschwitz?” Domanda sbagliata! La vera domanda da porci è: “Dov’era l’uomo ad Auschwitz”. L’abissalità del male dilaga quando all’uomo viene impedito da dentro o da fuori di essere uomo/antropos (da anatrein = colui che rende ragione, colui che chiede ragione – PERCHE’?).
Primo Levi – In Se questo è un uomo impera la radicalità del male: l’autore, appena giunto nel lager, chiede a tutti con insistenza disperata “Warum?” (Perché?) e un compagno gli risponde “Hier ist kein Warum” (qui non c’è alcun perché). Forse quanto avvenuto nei lager non si può comprendere, poiché comprendere è giudicare e mettersi al posto dell’autore che ha vissuto sulla propria pelle la catastrofe, ma ciò è assolutamente impossibile. Il male, così inteso, è radicale e colui che lo compie è un essere disumano, un mostro il cui agire non può essere in alcun caso compreso, perché, per comprenderlo, occorrerebbe entrare nella sua personalità.
Misericordia e Compassione (Dono e Con-dono) ci umanizzano perché ci permettono di ricomprenderci non solo a livello ideale, ma soprattutto a livello pratico.
La profondità della misericordia offerta da Dio si intreccia con l’abissalità del peccato dell’uomo (“incurvatio in sé ipsum”). L’uomo raggiunto dalla misericordia di Dio “si raddrizza”, può vedere davanti a sé, lungo e lontano, alla pari.
Etty Hillesum, Diario 1941-1943
“Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. … Si, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali ma anch’esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: tu non puoi aiutarci, ma tocca a noi aiutare te, difendere fino all’ultimo la tua casa in noi”.
Etty ad Auschwitz non ha cercato un Dio utile, ma ha cercato di rendersi utile ai suoi compagni di sventura, credendo fortemente di aiutare Dio in questo modo. La testimonianza della Hillesum è una risposta che rimanda all’aldilà della ragione senza essere contro la ragione. Il modo con cui essa ha elaborato ed affrontato la tragedia del suo popolo diventa la via per santificare il Nome di Dio: non giustificando il male ma rendendo operative accanto e all’interno del male la misericordia e la compassione del Dio sperimentato nella fede. LA SUA TESTIMONIANZA EVOCA QUELLA IMPONENTE DELL’EBREO GESÙ SULLA CROCE: UN DIO CHE INVITA A SEGUIRLO NON PERCHÉ È STATO CAPITO IL SUO MINISTERO MA PERCHÉ È STATO SPERIMENTATO IL SUO AMORE. Così il mysterium iniquitatis di Auschwitz rimanda al mysterium dilectionis di Dio. Perché l’uomo non smetta di cercare Dio e Dio non smetta di stupirlo!!
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