Mario Bizzotto, In lotta per credere, Edizioni Sant’Antonio
Il linguaggio religioso rischia di degenerare in artifici celebrativi, qualora trascuri il confronto con la realtà. A dettare la giusta misura è l’esperienza. Lo insegna la bibbia, che presenta modelli di credenti colti all’interno della storia. La loro è una fede esistenziale. Conosce la preghiera, il peccato, il tradimento, la ribellione, la violenza. Rispecchia la vita con tutto il suo groviglio di disordini e sorprese. Eppure tra le molte traversie il credente trova sempre un’uscita di sicurezza.
L’aderenza alla realtà non lascia posto alla retorica. Detta il giusto linguaggio sobrio e castigato. Insegna che la fede è realtà vivente. Attraversa infatti lotte, tensioni, dubbi, pressioni culturali e tutti i condizionamenti delle diverse età. Come la fede anche la speranza è un’esperienza di vita. Giusto il detto popolare: non c’è vita senza speranza. Lo sa chi cade malato, chi è alla ricerca d’un lavoro, chi semina o cura un vigneto: tutte persone che per vivere devono sperare. C’è però anche la speranza tradita da sogni irreali e utopici. Un richiamo alla realtà può essere suggerito dal primo comandamento.
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