Maria Salus Infirmorum: tentativo di una reinterpretazione teologica

Prof.ssa Cettina Militello

Maria Vergine salute degli Infermi

Forti dell’adagio “lex orandi lex credendi”, intendiamo avvalerci, per una prima ricognizione e acquisizione dei termini, del messaggio teologico sotteso al formulario n.44 delle “Messe della Beata Vergine Maria”.

La messa di “Maria Vergine salute degli infermi”, che è poi quella votiva della famiglia camilliana, costituisce la testimonianza ultima della ricezione, nel contesto applicativo della riforma liturgica seguita al Vaticano II, dell’epiteto “salus infirmorum”. La sua costante presenza in seno al popolo di Dio, la pietà popolare che se ne è fatta carico, trovano qui, formulazione propriamente liturgica.

Iscritto nel tempo “ordinario”, il formulario è prossimo a quelli contigui di “regina e madre della misericordia”, “madre della consolazione”; “aiuto dei cristiani”, “porta del cielo”, tutti alla sezione terza. Ma potrebbe facilmente evocarsi la prossimità della “salus infirmorum” a Maria “madre e mediatrice di grazie”; “fonte della salvezza”, causa della nostra gioia”:

misericordia, consolazione, aiuto, grazia, salvezza, gioia sono, infatti, termini contigui, prevalentemente declinati nella prospettiva della maternità di Maria. I problemi che pongono sono perciò gli stessi posti dalla dizione “salus infirmorum”.

Prima di entrare nel merito, un breve cenno all’architettura della messa.

Innanzitutto, i testi biblici. Ovvio lo spessore cristologico di IS 53. La liturgia della parola prende l’avvio dal poema del servo sofferente, prestando insieme attenzione all’uomo del dolore che ben conosce il patire!” e alla speranza di riscatto e di premo, di salvezza senza fine che ne corona l’accettazione esemplare di una ingiusta sofferenza.

Al SL 102, ricondotto nel ritornello al nesso immediato guarigione-salvezza, segue la pericope di Lc 1,39-56, introdotta come “canto al vangelo” dalle parole di Elisabetta al v. 45. Difficile correlare immediatamente l’incontro di Maria ed Elisabetta al tema della guarigione. Né, nel “magnificat”, è in questione la salute come bene psicofisico. Certamente il brano propone prepotentemente il tema cristologico della salvezza, come compiersi dell’attesa e della promessa.

La valenza teologica della salvezza, pur se intrecciata con il tema della prova caratterizza, dall’altra parte, l’”antifona d’ingresso”.
La “colletta” entra più esplicitamente nel tema come richiesta a Dio del dono della salute del corpo e dello spirito, anche nel tramite di Maria, per la sua intercessione.

La preghiera “sulle offerte” manca di elementi teologicamente rilevanti, come del resto l’”antifona alla comunione” e l’orazione “dopo la comunione” – quest’ultima tuttavia declina Maria come “vergine della salute” -. Più significativo, invece, il “prefazio”, non solo perché accoglie la dizione “salute degli infermi”, ma perché fonda l’identità di Maria quale 2 segno di salvezza e di speranza a quanti nell’infermità invocano il suo patrocinio” nella sua “partecipazione singolare al ministero del dolore”: Ella è, dunque, modello perfetto di adesione al volere divino per quanti, sofferenti, guardano lei; è modello perfetto di conformità a Cristo che si è fatto carico delle nostre debolezze e dei nostri dolori.

Maria, insomma, a ragione è invocata; a ragione è d’esempio, proprio nella prossimità all’esperienza del Figlio, la cui vicenda di servo obbediente sino alla morte condivide sia partecipando al suo dolore sia, ancor di più mettendone in atto l’adesione incondizionata al volere del Padre.

Come la Salvifici doloris che intreccia più esplicitamente la sua condivisione “materna” alla sofferenza del Figlio, anche le brevi annotazioni che introducono la messa affermano che la “beata Vergine, quale madre del Cristo salvatore dell’uomo, e madre dei credenti, è premurosa e tenera nel soccorrere i suoi figli che si trovano nel dolore. Per questo sono moltissimi gli ammalati che ricorrono a lei… per riavere, per sua intercessione, la salute”. Il nostro “Prefazio” non indulge alla stereotipia della “funzione”, non chiama in causa Maria come “madre”. Potremmo dire, piuttosto, che la regione per cui la si invoca “salute degli infermi” è quasi interamente affidata all’esemplarità della sua fede nel Dio della promessa, la cui parola in lei si compie. È quanto sottolinea la breve introduzione che addita nel 2prefazio” Maria come “patrona” e “modello”. Patrona perché a lei si rivolgono quanti sono afflitti dal dolore e dalla prova; modello, come già annotavamo, per la qualità esemplare del suo aderire, nella fede, alla promessa di Dio.

SCARICA QUI IL TESTO COMPLETO