Roma, giugno ( varie date: 14.20.24.29) e luglio 10,1614
Firma autografa. Lettera scritta da Camillo di suo pugno, circa un mese prima della morte. Ne fa fare copia per ogni casa dell’Ordine, perché sia letta ai 322 religiosi. Firma ogni copia.
Camillo raccomanda ciò che più gli sta a cuore: ricorda in particolare la carità verso i malati, la povertà perfetta, la carità fraterna, la santità della vita, la piena parità tra padre e fratelli, la misericordia…
Conclude mandando mille benedizioni a quanti, nel presente e nel futuro lavoreranno nel campo della carità corporale e spirituale verso gl’infermi.
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In nome della Santissima Trinità, della gloriosa Vergine
e di tutta la Corte celeste
Pax Christi
Molto reverendi Padri e Fratelli amatissimi in Cristo,
poiché quasi senza dubbio fra pochi giorni me ne andrò all’altra vita, dato che sono gravissimo per le mie lunghe infermità, e ormai quasi costantemente condannato dai medici, mi pare che mancherei al mio dovere se, prima che finisca questa vita, non vi dicessi con ogni semplicità e rettitudine quello che ho sentito e sento in me circa il nostro santo Ordine, affinché tutti camminiamo con la rettitudine e la fedeltà che Dio vuole da noi. Egli ce le chiede affinché non sotterriamo il talento così prezioso che nostro Signore ci ha posto nelle mani, perché conseguiamo la santità durante la vita e poi la gloria eterna. C’è anche un altro motivo: parlando in coscienza e in verità, quasi si può dire che questa fondazione è stata fatta in un modo miracoloso in vista della gloria di sua Divinità Maestà e di un bene così grande per le anime e i corpi del nostro prossimo. È una fondazione assai necessaria al cristianesimo, assai conforme al santo Vangelo e alla dottrina di Cristo nostro Signore; egli tanto nell’Antico quanto nel Nuovo Testamento sottolinea questa missione anche con l’esempio della sua santissima vita trascorsa curando gli infermi e guarendo ogni sorta di malattia.
Ho detto che questa fondazione è un evidente miracolo di Dio: in particolare che si sia servito di me, gran peccatore, ignorante, pieno di tanti difetti e mancanze, degno di mille infermi. Ma Dio è il padrone, può far quello che gli piace ed è fatto infinitamente bene. Nessuno si stupisca né che Dio abbia operato per mezzo di un tale strumento, dato che è maggior gloria sua fare cose ammirevoli servendosi di un nulla come me, né che il diavolo non abbia cessato e non cessi ora ne mai di tentare di far si che questa povera pianta, dalla quale Dio si aspetta tanta gloria, venga distrutta, annientata e maltrattata in un modo o in un altro. Se il diavolo non ci riuscirà sotto apparenza di un male lo tenterà sotto apparenza di bene, cercando tutte le strade e tutti i mezzi possibili. In particolare potrà servirsi di alcuni religiosi di questo stesso nostro Ordine suggerendo loro, sotto apparenza di bene, che cerchino di far deviare e alterare lo scopo del nostro santo istituto.
Perciò ognuno si guardi da cosi grande sacrilegio e offesa di Dio, che provocherebbe l’ira dell’Altissimo, perché essa non caschi sopra di loro in questa vita e ancor più nell’altra. Esorto quindi tutti i religiosi presenti e futuri a non pretendere di sapere di più di quello che occorre, ma a camminare in santa semplicità nelle cose stabilite nelle nostre Bolle approvate dalla Santa Sede Apostolica. Esorto tutti a esserne fedelissimi difensori. Felice chi lo sarà e infelice che non lo sarà!
Nel raccomandare la fedeltà alla nostra santa vocazione faccio particolare menzione al voto di povertà. A questo riguardo non voglio tralasciare di dire e ricordare a tutti i presenti e i futuri che se, com’è giusto, desideriamo che il servizio ai poveri infermi nell’ospedale – nostro fine principale – e nella raccomandazione delle anime persista e duri per sempre, dobbiamo mantenere la purezza della nostra povertà, con ogni esattezza, diligenza e buon spirito, nel modo stabilito dalle Bolle del nostro Ordine, poiché esso tanto sussisterà quanto la povertà sarà osservata alla perfezione, cioè anche nelle minime cose. Perciò esorto tutti ad essere fedelissimi difensori di questo santo voto di povertà e a non consentire in nessun modo che venga alterato anche per poco, né che, deviando, se ne offuschi la purezza. Non bisogna lasciarsi ingannare dal diavolo sotto apparenza di falso bene, pensando di non poter vivere con le sole elemosine, perché questo è un inganno diabolico manifesto per rovinare il nostro santo Ordine. Infatti esistono nella Chiesa di Dio tanti Istituti religiosi mendicanti che professano una povertà più grande della nostra e tuttavia il Signore provvede loro in tutti i bisogni. Chi potrà dubitare allora che non provveda anche il nostro Ordine, dato che esso esercita un’opera tanto viva, non solo nell’ospedale ma anche nella raccomandazione delle anime? Questa è una carità ben grande, gradita e accetta non solo a Dio, ma anche al prossimo: se esso, per dir così, avrà un pane, lo spartirà a mezzo con noi. Perciò in questo non dobbiamo dubitare che possa mancarci il necessario: anzi, con la grazia del Signore, ne avremo anche da buttar via, purché facciamo il nostro dovere.
Non voglio mancare di ricordare l’unione, la pace, la concordia fra padri e fratelli, poiché, in tutta sincerità, non senza una causa misteriosa la grande Provvidenza del Signore ha voluto che noi abbiamo questo nome di Ministri degli Infermi che comprende tutti, padri e fratelli, e il nostro ministero in comune a tutti. Dobbiamo però sempre lasciarci guidare dalla nostra seconda Bolla « Superna dispositione», che dà direttive chiare e precise sia per i padri sacerdoti, sia per i fratelli, su ciò che dobbiamo fare. Non bisogna stare a guardare se altri Ordini nella Chiesa di Dio non camminano per questa nostra strada, perché non hanno, come invece noi, un fine comune tra padri e fratelli. Raccomando a tutti di osservare in modo vero e perfetto anche gli altri voti.
Nessuno ardisca sia pure per qualsiasi apparenza di bene, di togliere ai fratelli quello che la Santa Sede Apostolica ha loro concesso.
Esorto tutti, presenti e futuri, a camminare per la strada dello spirito, cioè della vera mortificazione religiosa, se vogliamo essere quasi sicuri della nostra eterna salvezza; infatti il nostro Ordine richiede uomini perfetti, che facciamo la volontà di Dio e che giungano alla perfezione e santità. Sono questi che non soltanto faranno del bene a se stessi, ma anche daranno edificazione alla santa Chiesa e a tutto il mondo. In esso si farà gran progresso e profitto per mezzo loro. Al contrario, quelli che fossero sensuali, di poco spirito religioso, immortificati rovineranno l’Ordine.
Io dichiaro che la mia volontà è che non soltanto si fondi l’Ordine nelle città grandi o meno grandi, ma anche nei luoghi piccoli, dove si possano mantenere dodici religiosi mediante le elemosine, e ciò allo scopo di aiutare i poveri infermi che muoiono in questi ospedali. In più intendo che non si prenda mai cura soltanto dell’assistenza spirituale senza l’assistenza corporale, secondo ciò che dice la nostra seconda Bolla « Superna dispositione».
Infine, se rimane qualcosa che io non ho chiarita in questa mia lettera, per il servizio di Dio, io mi raccomando all’Altissimo di ispirare a tutti i padri e fratelli presenti e futuri quello che è per la gloria sua.
In quanto poi all’aiuto da dare all’anima mia, cioè le preghiere e i sacrifici dei miei cari padri e fratelli, so che non mi mancherà la loro carità. Anzi non soltanto mi aiuteranno con i soliti suffragi richiesti dalle costituzioni quando muoia uno di noi, ma spero che in più mi faranno alcuni altri suffragi sia con la preghiera sia con la celebrazione di Messe, perché ho più bisogno degli altri. Ve lo chiedo per amor di Dio e della beata Vergine: aiutatemi quanto prima, appena si saprà della morte, lasciando trascorrere meno tempo possibile.
Con questo finisco e, per quanto mi è concesso da Dio nostro Signore e da parte sua, invio a tutti mille benedizioni: non solo ai presenti, ma anche ai futuri che sino alla fine del mondo saranno membri di questo santo Ordine. Sarebbe mio desiderio, anzi volontà, che questa mia lettera si conservi in perpetua memoria nell’archivio dove ci sono i documenti della Casa, facendo in modo che non si perda.
Roma, 10 luglio 1614
Vostro servo nel Signore
Camillo de Lellis
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