Domenica 2 Febbraio, in occasione della Giornata Mondiale della Vita Consacrata celebrata nella Cattedrale di Trento, con la partecipazione dell’Arcivescovo Mons. L. Bressan, la Cumunità Camilliana di Trento, rappresentata da Fr. Lino Casagrande ha portato la sua testimonianza ai consacrati/e e ai fedeli presenti alla cerimonia.
IL CARISMA DI S. CAMILLO
I Religiosi Camilliani ricordano quest’anno 2013-14 il quarto centenario della morte del loro Fondatore, S. Camillo de Lellis, avvenuta il 14 luglio del 1614. Questa ricorrenza costituisce un buon motivo per presentare, sia pur brevemente , il carisma di S. Camillo che getta luce sul mandato di Gesù rivolto a tutti i credenti: “vai e anche tu fa lo stesso”. La prima ispirazione di Camillo è stata quella di costituire “una compagnia di uomini dabbene che non per mercede, ma per amor di dio assistessero gli ammalati”. Il primo programma di questi volontari per la salute dei malati veniva fissato nelle prime “regole della compagnia dei servi degli infermi”: servire i malati per amor di Dio; gratuitamente; con la tenerezza che sogliono avere le madri verso il loro unico figlio infermo; ravvisando nel povero e nel malato la persona del Signore; lasciandosi guidare dalla suggestione dello Spirito Santo e con il massimo rispetto della liberta del paziente. S. Camillo rimane : “l’iniziatore di una nuova scuola di carità”. Nell’universo complesso della sofferenza ripropone l’urgenza di mettere al centro la persona.
La felice espressione di S. Camillo che considerava i malati “come signori e padroni” chiedeva ai suoi seguaci, che ha voluto dapprima che si chiamassero “servi degli infermi”, un “servizio completo” , che prevedeva anche i lavori più’ umili e gravosi: una specie di “follia del servizio”. Poi i “servi” diventeranno “ministri degli infermi” pensando di mettere quel giusto senso del limite che tiene conto delle reali possibilità’ di un essere umano. Insisteva nel dire che i “ministri degli infermi” devono sapersi insudiciare le mani, senza rifuggire da quelli che Camillo chiama i “guanti d’oro della carità’”. A queste suggestive espressioni ne aggiungeva un’altra intensa e accorata che rivolgeva ai suoi religiosi: “più’ cuore in quelle mani” poiché’ la professionalità’ e la competenza personale devono essere integrate e sostenute da una profonda e bella umanità’. Solo così’ ci si può prendere cura dell’altro e delle sue necessità’. Infatti, egli voleva i suoi Religiosi, imbevuti di misericordia, attenti a chi soffre: ai morenti, ai malati e anziani, agli infermi e appestati, a chi fosse avvilito e triste, a chi avesse vergogna, ai barboni, ai poveri, a chi si sentisse solo per mancanza di amore o perché incapace di amare. Affermava ripetutamente: “il mio riposo e il mio conforto è soccorrere gli infelici e abbandonati”. In tutta la sua vita ha cercato di crescere in quella misericordia interiore e profonda da cui ha attinto il proprio messaggio di compassione.
Il tempo degli anni giovanili in cui e’ stato giocatore, soldato, bizzarro, superficiale, in perenne contraddizione con se stesso, egli non lo ha mai dimenticato , lo ha pianto ogni giorno, come ogni giorno ha rinnovato la fiducia in Dio misericordioso. La caratteristica della vera carità, per lui come per noi oggi, è saper trovare sempre forme nuove per venire incontro alle necessità che sono di sempre ma che esigono che si tenga conto dei mutamenti di sensibilità e di esigenza.
I Camilliani, a Trento, sono presenti dal 1980, e sembrava che, un paio di anni fa’, fosse arrivato il tempo di ritirarsi definitivamente da questa città. I Camilliani sono presenti e attivi da circa 30 anni con le attività di p. Beppino Taufer, responsabile delle comunità terapeutiche per malati psichici “Maso S. Pietro” e “Maso tre castagni” a Pergine, ma c’era necessità e desiderio anche di un intervento più vasto e di una ulteriore immersione nella Chiesa locale. Il P. Provinciale della nuova Provincia Italiana, P. Vittorio, accompagnato da don Rino Cozza, vicario episcopale per la vita consacrata, ha domandato ospitalità al vescovo, mettendo a disposizione alcuni Religiosi che, in collaborazione con gli organismi diocesani operanti nell’ambito dell’assistenza alle persone ammalate, potessero esprimere il carisma di san Camillo.
La costituzione della comunità e’ avvenuta il 14 luglio del 2011. Durante questi anni e’ stato possibile incontrare e conoscere le persone della parrocchia, dei servizi sociali, delle associazioni di volontariato e i referenti delle istituzioni civili ed ecclesiastiche. Da ottobre 2013, i Religiosi Camilliani a Trento sono tre: P. Renzo, che opera come assistente spirituale e fa parte della Cappellania dell’ospedale S. Chiara; P. Beppino direttore delle comunità terapeutiche di Pergine; Fr. Lino che opera prevalentemente nella parrocchia del S. Cuore, dove testimonia il carisma camilliano “della misericordia” a domicilio. In particolare, Fr. Lino, attraverso il servizio, come ministro straordinario della comunione, per le persone ammalate o anziane, ha potuto rilevare le risorse e i bisogni delle persone del territorio. In particolare ha colto dalle persone che visita la richiesta di evidenziare la fede attraverso una relazionalità umana piena di ascolto, vicinanza.
La volontà di esprimere anche questo servizio prende lo spunto dal cuore del carisma di s. Camillo che invitava a visitare gli ammalati nel loro domicilio dove a volte si vivono difficoltà che nessuno vede. “Se l’ospedale e’ il mare grande per noi, servire Cristo negli ammalati, il domicilio e’ l’oceano infinito” diceva San Camillo, proprio ad indicare che si devono raggiungere anche quei malati che vivono, talvolta da soli: la loro sofferenza, più che fisica è spesso psicologica. E’ auspicabile che le comunità parrocchiali, attraverso la collaborazione di tante persone, si propongano quale spazio in cui poter vivere e far trasparire il volto bello di essere Chiesa. L’invito a vivere un servizio di carità secondo il carisma di S. Camillo ci viene rivolto dalle persone che incontriamo ogni giorno, all’ospedale, a domicilio, in chiesa, in strada, nelle struttue di accoglienza. Io credo, che oggi, siano le comunità ecclesiali ad aver più bisogno della quotidiana presenza di animatori di misericordia, testimoni della forza umanizzate del Vangelo, piuttosto che le strutture dell’Istituto. Penso, per quello che è in parte la mia esperienza, ad una presenza sempre più comunicativa accanto ai malati terminali, e ai loro famigliari.
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