La relazione della famiglia camilliana con l’Ordine camilliano e la Chiesa

di Angelo Brusco

Introduzione

            La profezia di San Camillo che prevedeva l’estendersi della pianticella dell’Ordine da lui fondato in tutto il mondo, si è realizzata anche per la Famiglia camilliana laica. Essa, infatti, ora è presente in tutti i continenti, moltiplicando il numero delle braccia tese verso quanti si trovano nella difficile stagione della sofferenza. Il percorso che ha portato l’Associazione al punto in cui si trova oggi è molto variegato, essendo stato condizionato da numerosi fattori di ordine socio-culturale e religioso. Non entra nell’obiettivo del mio intervento il tratteggiare dettagliatamente la storia della Famiglia camilliana laica, che è già stata fatta oggetto di vari articoli, compresi i miei, anche se manca ancora una trattazione sistematica. Nel necessario riferimento alla storia, mi limiterò quindi a fare accenno solo agli avvenimenti che aiutano a comprendere la relazione dell’Associazione con l’Ordine camilliano e con la Chiesa.

            La relazione con l’Ordine camilliano

            Padre Mario Vanti, lo storico più autorevole dell’Istituto, ha scritto che nell’Ordine camilliano è sempre stato presente un bisogno “quasi congenito” di aggregare laici nell’esercizio della propria missione apostolica. Tale bisogno è stato avvertito ancora agli inizi dell’Istituto, come lo testimonia la Bolla di fondazione dell’Ordine Illius qui pro gregis emanata nel 1591 da Gregorio XIV, dove si legge: “Il Superiore generale, e con la sua autorizzazione gli altri Superiori delle comunità locali, possono aggregare e riunire nella propria Congregazione altri secolari Laici, Chierici e Sacerdoti per esercitare le stesse opere di misericordia e di carità”.

Non solo dotato di spirito profetico, ma anche uomo concreto, San Camillo non ha atteso molto tempo nel mettere in pratica quanto concesso dalla Bolla. In una lettera a P. Biagio Oppertis, nel 1592, scrive: “A gloria del Signore, il giorno di tutti i santi daremo principio alla Congregazione di secolari che sarà di qualche utilità all’Istituto”. Per la realizzazione dell’iniziativa, egli offre una sala e mette a disposizione del gruppo un religioso dotto e spirituale. Che nei primi anni di vita dell’Ordine, il progetto di coinvolgere i laici nella missione dell’Istituto fosse tenuto in grande considerazione, è testimoniato dal fatto che esso è stato inserito nell’agenda del II Capitolo generale, celebrato nel 1599.

Due osservazioni

I brevi accenni al sorgere e ai primi passi di una associazione di laici istituita dall’Ordine camilliano e finalizzata alla collaborazione nell’esercizio delle opere di carità nel mondo della sofferenza e della salute vanno completati con due osservazioni.

Il periodo in cui Camillo è giunto a Roma e ha iniziato a lavorare nell’ospedale di San Giacomo, cioè la seconda metà del 1500, era caratterizzato dal fiorire straordinario dell’associazionismo laicale, molto attivo e orientato ad esprimere la propria spiritualità rispondendo “alle nuove povertà della società rinascimentale: ignoranza religiosa, abbandono dei minori, trascuratezza dei malati più poveri”. Camillo respirò l’atmosfera di quei movimenti laicali. Infatti, come risulta da un documento del 1527, prima ancora di fondare l’Ordine si iscrisse alla Compagnia di San Giacomo degli incurabili e, più tardi, alla Congregazione mariana, fondata dai Gesuiti. Egli stesso volle formarne una, cioè una Compagnia di uomini pii e dabbene, cioè di laici impegnati nel dare una svolta radicale al modo di assistere i malati, spostando l’assistenza dal polo dell’interesse, da lui chiamato senza mezzi termini bramosia di lucro, al polo della carità.

Quando la Compagnia degli uomini dabbene diventò un Ordine religioso, in Camillo non venne meno l’attenzione ai laici e al ruolo che essi potevano svolgere, collaborando con i religiosi dell’Ordine, nell’assistenza integrale ai malati. Questo spiega il motivo che l’indusse a chiedere alla Santa Sede di inserire nella “Bolla di Fondazione” dell’Ordine l’autorizzazione di aggregare dei laici all’Istituto da lui fondato e, poi, di istituire la Congregazione dei secolari.

Osservando questa iniziativa di San Camillo non ci si può sottrarre ad un sentimento di ammirazione. Questo uomo, che San Filippo Neri non considerava capace di Fondare una Congregazione, ha dato prova di possedere, ad un grado elevato, quell’intelligenza spirituale che consente di cogliere i segni dei tempi e di mettere in atto dei progetti da essi ispirati.

Dai documenti riguardanti l’aggregazione dei laici all’Ordine, nei primi anni della fondazione camilliana, appare chiaro che tale iniziativa, promossa in un primo tempo da San Camillo, è stata fatta propria dall’Ordine, entrando quindi nei programmi da esso perseguiti, come è stato ricordato sopra in riferimento ai II Capitolo generale. Questo ci consente, da una parte di affermare che l’attuale Famiglia camilliana laica affonda le sue radici nel progetto pensato ed attuato da San Camillo e, dall’altra, di sottolineare la responsabilità dell’Ordine di continuare questa iniziativa, adattandola i rapporti con essa ai cambiamenti socio-culturali e religiosi che hanno avuto luogo lungo il corso dei secoli.

            Un passo avanti nel tempo

Facendo, ora, un passo in avanti nel tempo, raggiungendo il 1971, anno in cui l’Ordine camilliano, a Vienna, ha celebrato il Capitolo generale. In quell’occasione, i capitolari hanno messo nella loro agenda anche il tema della collaborazione con i laici in un modo in cui si avverte un ritorno alle origini. Vale la pena rileggere il testo elaborato durante quell’Assise capitolare: “Fermo restando che per partecipare pienamente alla vita dell’Istituto è richiesta la scelta personale della sequela di Cristo nella professione dei consigli evangelici e l’accettazione piena e incondizionata della missione camilliana nel mondo, pensiamo che si possa allargare la cerchia dell’Ordine in una organizzazione più ampia, della quale i religiosi costituirebbero il nucleo animatore, accogliendo quanti si sentono attratti dal nostro ideale e si impegnano apostolicamente nel campo della salute”. Lette attentamente, queste parole contengono un’eco di quelle scritte nella Bolla di Fondazione dell’Ordine e nella lettera di Camillo a p. Oppertis.

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