Il servizio camilliano integrale per l’HIV/AIDS
di p. Aris Miranda – Camilliano
1 dicembre 2020
Giornata internazionale contro l’AIDS
Il mondo è afflitto da un’altra pandemia chiamata coronavirus (COVID-19), che ha causato a livello planetario la morte di circa 1,4 milioni di persone (al 1-XII-2020). Dal periodo delle pestilenze nel tardo Medioevo, all’HIV/AIDS, passando per l’infezione di Ebola in Africa occidentale e al COVID-19, nella stretta attualità, gli uomini che portano la croce rossa sul petto stanno realizzando una ‘crociata’ mondiale per celebrare queste ‘feste della carità’. Da questi tragici eventi è nata la nuova scuola di carità di San Camillo de Lellis, che ha generato ed inviato i ‘martiri della carità’, animati dal carisma camilliano e dalla spiritualità del servizio.
«Solamente hò toccate alcune poche cose di quei Padri o fratelli che in alcuna contagione, o altra degna attione morirono per la salute de prossimi. Accio da quelli possano gli altri nostri che verranno appresso cavar essempi di virtù per non perdonare alla carne, ne al sangue quando averrà loro d’essere adoperati in simili occasioni. Vedendo che gli antichi nostri non si delettarono di belle parole, ne di dare (come dice l’Apostolo) bastonate all’aria, ma di mortificar se stessi fin al lasciar la propria vita per salute dell’anime. Nelle quali contagioni havendo essi perduta la vita presente e momentanea chi dubita che non habbino acquistata l’eterna, e celeste? (Sanzio Cicatelli)
Le parole di padre Sanzio Cicatelli, biografo e compagno di san Camillo, rimangono una testimonianza vivente del dono dello Spirito Santo alla Chiesa e dell’autenticità dei suoi depositari e testimoni, nel servire i malati anche con pericolo della propria vita (quarto voto della consacrazione religiosa). Questa ispirazione rimane vibrante nei cuori, nella mente e nelle mani dei camilliani, oggi, in particolare nel loro impegno con le persone che vivono con l’infezione dell’HIV/AIDS.
La genesi e il contesto
Nell’ultimo quarto del XX secolo, l’HIV/AIDS è diventata una pandemia con casi crescenti in diversi paesi africani, europei, asiatici, in Oceania e negli Stati Uniti d’America. Nel maggio 1983, due scienziati dell’Istituto Pasteur in Francia, Luc Montagnier e Françoise Barré-Sinoussi, segnalarono la scoperta di un nuovo retrovirus, chiamato Lymphadenopathy Associated Virus (LAV) che avrebbe potuto essere la causa dell’AIDS: il virus, più avanti, diventerà noto come HIV.
L’anno successivo, il Progetto SIDA (1984-1997) lanciò la notizia che l’AIDS poteva essere contratta sessualmente, attraverso trasfusioni di sangue e, cosa importante, che l’AIDS poteva infettare chiunque. Con questa scoperta, il panico sociale è diminuito e sono stati attivati molti interventi di carattere sociale oltre che di natura clinica. Queste iniziative basate sulla ‘comunità’ si articolano
dallo sviluppo della risposta locale all’AIDS, all’educazione della comunità sulla trasmissione dell’infezione, alla creazione di linee di assistenza telefonica e, successivamente, alla promozione di risposte e di cure sempre più adeguate.
Il Visual AIDS Artists Caucus ha lanciato il Red Ribbon Project per creare un simbolo di sostegno per le persone che vivono con l’HIV e per i loro assistenti. Il colore rosso è stato scelto per il suo legame con il sangue e per il suo rimando all’idea sia di passione/rabbia che di amore.
Sfidati dalla pandemia dell’HIV/AIDS, mantenendo viva la loro missione profetica, i camilliani iniziarono a impegnarsi nel ministero con le persone infette da HIV/AIDS, in varie forme, programmi ed attività. Nel 1988 l’associazione La tenda di Cristo, sorta a Cremona, ha iniziato ad accogliere persone affette da HIV/AIDS, abbandonate dalle loro famiglie a causa dello stigma e dei pregiudizi sociali.
Nel 1993 nasce La tenda di San Camillo ad Acireale (Catania). Queste ‘tende’ sono state progettate principalmente per offrire una casa alle persone che vivono con l’HIV (ndr. PLWHA: People Living With HIV/AIDS), abbandonate e marginalizzate per il loro credo religioso, razza e cultura.
In Asia e in Africa è stata attivata la risposta camilliana più robusta e dinamica alla pandemia di HIV/AIDS. Padre Frank Monks, ex superiore generale dei Camilliani, ha sempre sostenuto che l’HIV/AIDS non fosse solo un problema di carattere sanitario, ma piuttosto una questione umanitaria. Non può essere lasciato esclusivamente nelle mani della scienza medica; un input cristiano è d’obbligo, soprattutto per il fatto che i poveri sono le persone più a rischio e ne portano le conseguenze più devastanti.
Nelson Mandela lo descrive come un “genocidio: gli orfani, la lotta impercettibile a causa dello stigma ad esso associato, il peso sostenuto dalle donne infette e dai loro figli in grembo”. In questo contesto, l’elemento più contagioso non è il virus ma il pregiudizio. Pertanto si richiede “una pianificazione collaborativa che tenga conto di molti fattori diversi: i segni dei tempi in cui dobbiamo essere consapevoli di ciò che sta accadendo tra le persone e la società; la competenza professionale in quanto dobbiamo esercitare una carità intelligente dove la responsabilità è un requisito fondamentale; l’alfabetizzazione teologica che ci fornisce la conoscenza della teologia della vita religiosa e della vocazione laicale” (Frank Monks).
Un intervento sviluppato e strutturato
Gli anni ’90 costituiscono l’apice della risposta camilliana alla pandemia globale di HIV/AIDS. Nel 1993, i religiosi camilliani della Thailandia hanno aperto il Soon Bantaojai (centro di consolazione), divenuto poi il centro sociale camilliano di Rayong (CSC). In questa struttura ci si è impegnati sulle frontiere delle cure palliative, della formazione nella prevenzione per la popolazione, per gli studenti e i membri della comunità sociale, articolando un centro per bambini orfani infetti e realizzando una rete di sostegno per le persone che vivono con l’HIV/AIDS. La struttura lavora a stretto contatto con le agenzie statali locali e nazionali, il personale sanitario, il settore imprenditoriale, le comunità locali, le scuole, le ONG, la società civile e le organizzazioni religiose per affrontare questa situazioni. La sua visione è quella di dare vita alla speranza offrendo gli elementi per la qualità e il rispetto della dignità umana delle PLWHA, sensibilizzando la società rispetto al tema di questa malattia, attraverso un approccio di prevenzione multi-stakeholder, costruendo reti di sostegno e sviluppando un centro di apprendimento per i gruppi più vulnerabili e le persone che lavorano con i PLWHA.
Nel 1995 i Camilliani in Perù hanno inaugurato l’Hogar San Camilo (HSC), il cui obiettivo principale è promuovere la salute integrale. Il valore della vita per le persone e per le famiglie colpite dall’HIV/AIDS che vivono in condizioni di estrema povertà è di fondamentale importanza. Il suo obiettivo primario di intervento è la famiglia colpita dalla malattia.
Nel 1997, lo Sneha Trust dei Camilliani in India ha avviato la sua prima iniziativa di assistenza sanitaria affrontando il problema dell’assistenza ai PLWHA. Gestisce quattro centri, coordinando le attività di cura, di supporto e di trattamento della malattia nello stato indiano del Karnataka. Inoltre, ha sviluppato un programma di assistenza completo che aiuta i bambini e gli adulti a crescere e a costruire il loro futuro con amore, cura e compassione.
Il signor Raj (nome di fantasia) ha condiviso la sua gioia di trovare un posto in cui sperimentare la cura e il sostegno personale. Era un ex agente di polizia, infettato da HIV/AIDS e alcool dipendente. “Ho potuto imparare, in questo centro, l’importanza della disciplina nella mia vita. Ora ti assicuro che condurrò una vita ordinata e dirò a tutti coloro che vengono in contatto con me che devono prendersi cura della propria vita in modo responsabile”. Tanta sfortuna (HIV/AIDS) gli è stata necessaria per vivere finalmente una vita normale nella società, dando un senso alla sua esistenza.
Il dottor Ravi Vaswani, medico volontario del centro indiano Snehasadan, ha affermato: “Questo centro di assistenza e di cura ha distribuito amore puro e compassione genuina, in più dosi di qualsiasi altra istituzione sanitaria che ho avuto la fortuna di sperimentare. Esso intreccia il suo spirito ideale attraverso il linguaggio universale ed eterno della cura amorevole, che sgorga dai cuori e dalle mani di quanti vi operano, spontaneamente, come provenissero da una forza maggiore, spirituale ed invisibile. I bambini orfani trovano a Snehasadan l’ultimo baluardo per la loro speranza, dove possono riaccendere la loro fede in un Dio benevolo e amorevole. Senza distinzione di casta, credo o religione, Snehasadan abbraccia chiunque abbia bisogno del ‘latte’ della gentilezza umana e una volta accettato in famiglia, a tutti viene offerto un affetto tenero e senza distinzioni. Sebbene il team di Snehasadan percepisca che ho reso loro un grande servizio, la verità è che io ho ricevuto molto più di quanto ho loro dato. Ogni volta che sperimento in prima persona la cura amorevole e compassionevole qui a Snehasadan, ho l’opportunità di liberarmi di tutto il cinismo e lo scetticismo accumulati. Ogni volta che parto da Snehasadan, parto con l’anima e lo spirito ringiovaniti, pronti ad affrontare le vicissitudini che la vita è destinata a lanciarmi. Snehasadan mi dà la speranza e la motivazione per intensificare i miei sforzi, sapendo che non tutto è perduto per il futuro dell’umanità”.
Nel 1998, anche la delegazione camilliana del Kenya si è impegnata nel ministero verso le persone con HIV/AIDS. Il St. Camillus Dala Kiye Children Welfare Home sostiene ed accompagna i
bambini orfani e vulnerabili che sono stati vittime di HIV/AIDS. Fornisce loro assistenza e supporto in termini di nutrizione, salute, istruzione, alloggio e formazione, oltre che offrendo supporto psicosociale. Inoltre, ha lanciato un programma di sviluppo economico alle persone che si prendono cura di questi bambini, fornendo formazione all’imprenditorialità e all’agricoltura e aiutandoli a proporre attività personali che possano offrire un sostegno economico continuativo.
Nel 2006 la provincia camilliana del Burkina Faso ha inaugurato il Centro di Ricerca Biomolecolare Pietro Annigoni (CERBA). Si tratta di una piattaforma tecnica moderna, unica nel suo genere, per la ricerca di base e la ricerca clinica su HIV/AIDS, epatite B e C e malattie genetiche come l’anemia falciforme. Offre di fatto una grande opportunità ai giovani professionisti e ricercatori dei vari paesi africani. Questa istituzione ha forti legami con note università nell’ambito medico, a livello internazionale.
Nel 2010, i camilliani nelle Filippine hanno attivato una serie di aiuti e di iniziative di carattere non discriminatorio e compassionevole, focalizzati sulla formazione e orientati al servizio e alle sfide della pandemia. Si diffondono informazioni e opportunità educative in tema di HIV/AIDS; si promuove la solidarietà a sostegno dei programmi HIV/AIDS di altre strutture cattoliche nelle Filippine e si supporta una risposta competente e professionale alla pandemia. In tal modo si riafferma, anche implicitamente, che la formazione e l’istruzione continuano ad essere il ‘vaccino’ più efficace per combattere la negazione, l’ignoranza e il pregiudizio, che mette le persone a rischio di contrarre l’infezione dell’HIV/AIDS.
Dati acquisiti – lezioni imparate
Un approccio di cura pluri-competente, multi-disciplinare, integrato ed integrale alle persone che convivono con l’HIV/AIDS è il contributo più significativo dei Camilliani nella lotta contro questa pandemia a livello globale. È il frutto di decenni di servizio e di impegno nella cura delle persone coinvolte in questa particolare malattia. Oggi abbiamo una migliore comprensione di come funziona il virus e di come testare, trattare e prevenire l’infezione da HIV/AIDS. Abbiamo prove chiare sui driver (veicoli) biomedici, sociali e strutturali che causano nuove infezioni e morti da HIV/AIDS e nuovi strumenti per combatterli e bloccarli. Inoltre, l’impegno camilliano in questo campo ha umanizzato l’approccio sistematico a questa malattia aiutando i sopravvissuti a trovare un significato nella loro sofferenza e facendo sì che le comunità locali siano più responsabili.
Lo sviluppo di centri di formazione, istruzione e ricerca è l’espressione contemporanea della nuova scuola di carità intuita e vissuta da San Camillo. Si offre formazione residenziale e competenza pratica alle persone impegnate nell’assistenza sanitaria insieme a rinnovati approcci pastorali per acquisire competenze e conoscenze sulla gestione della situazione dei PLWHA. L’obiettivo è di consentire agli aspiranti professionisti e ai ricercatori nei paesi in via di sviluppo di qualificare la loro preparazione scientifica per combattere questa pandemia. Per la popolazione civile sopraffatta dalla paura e dallo stigma sociale, questi centri hanno contribuito a far aprire gli occhi e sono stati uno spazio per un coinvolgimento più profondo in questo ministero. Hanno contribuito ad influenzare ed orientare le politiche nazionali di alcuni paesi attraverso il loro spirito di innovazione, di ricerca e di visione nell’assistenza integrale e compassionevole ai PLWHA, articolando strategie di prevenzione ed iniziative di cura. Tuttavia, la traduzione della scienza in legge civile e in scelte politica rimane un freno alla risposta integrale all’infezione dell’AIDS. Nonostante i rapidi progressi scientifici, il mondo non raggiungerà gli obiettivi globali sull’HIV del 2020, come preventivato invece nell’UNAIDS 2020 Evidence Review.
La costruzione di partnership e di collaborazione sono un’altra importante pietra miliare del ministero camilliano contro l’HIV/AIDS. In primo luogo, si acquisisce lavorando a livello di base (a livello di comunità locale) per acquisire le competenze, per trasmettere informazioni urgenti, complete e fondate sulle conoscenze riferite alla malattia e alla prevenzione. Quindi si lavora per l’eliminazione della paura, dello stigma sociale e della discriminazione nei confronti di coloro che convivono con l’HIV/AIDS, per garantire e sostenere l’accesso universale alla prevenzione, alla cura, al trattamento e al supporto più appropriati nell’infezione da HIV/AIDS. Seguendo l’insegnamento della Chiesa circa la salute fisica e spirituale e il benessere degli individui e delle comunità, ci si sforza di dichiarare e di salvaguardare i valori che promuovono e proteggono queste persone e questi gruppi di persone. Attraverso il suo insegnamento, la Chiesa cerca di sostenere e difendere l’integrità, la fedeltà e la responsabilità nelle relazioni, di accompagnare le persone e di aiutare a formare correttamente le loro coscienze mentre cercano di discernere la volontà di Dio nelle esigenze quotidiane della vita, all’interno di una comunità.
L’impegno di carattere legale, civile e sociale è un altro aspetto essenziale e innovativo di questo ministero. La lotta per l’accesso universale alla terapia antiretrovirale (ART) è sempre stata una delle priorità. Questa difesa è stata affrontata con una seria sfida quando l’accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (TRIPS) richiese ai paesi membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) di avere una forte protezione dei diritti di proprietà intellettuale nelle loro leggi nazionali, inclusa la protezione dei brevetti per i prodotti farmaceutici. Prima del TRIPS, i paesi in via di sviluppo potevano produrre o acquisire versioni generiche di farmaci ad alto costo, a prezzi più competitivi. Questo accordo commerciale rese gli acquisti molto più difficili ed onerosi. La firma dell’accordo ha galvanizzato le campagne di accesso alle cure contro Big Pharma. Questo impegno di advocacy sta proseguendo con successo nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo.
Il ministero camilliano nell’ambito dell’HIV/AIDS si sta evolvendo dal suo carattere assistenziale verso una forma di cura ed un sostegno più integrali, dall’approccio di accompagnamento al lavoro di advocacy, da una forma di intervento di cura individuale e indipendente al partenariato verso un metodo collaborativo, verso un apprendimento attraverso il coinvolgimento ed uno sforzo scientifico animato da un’intelligente carità: quella carità che i camilliani chiamavano e chiamano ancora ‘compassione competente’.
Nel corso degli anni, questo particolare tipo di ministero è cresciuto molto ed ha condiviso molto sforzo, impegno e visione con la Chiesa. Per noi Camilliani, questo è stato reso possibile grazie al nostro impegno personale e comunitario, definito dal ‘quarto voto’ della nostra professione religiosa: il servizio ai malati anche a rischio della nostra stessa vita.
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