La misericordia nell’arte, Itinerario giubilare tra i Capolavori dei grandi artisti italiani, a cura di Maria Grazia Bernardini e Mario Lolli Ghetti, Gangemi Editore, Roma, 2016
Il Poeta Charles Péguy pone in bocca a Dio parole sublimi: «La carità, non è lei a stupirmi. Non è sorprendente in sé. È che queste povere creature sono cosi infelice che se non hanno un cuore di pietra, non possono non aver carità le une per le altre…» (Charles Péguy, Le parole da la deuxième vertu). Ma queste parole corrispondono a verità? È vero invece che la misericordia non è molto amata e già nel 1980, nella seconda enciclica del suo lungo pontificato, consacrata appunto alla misericordia – e questo mostra bene quanto il tema gli stesse a cuore – papa Giovanni Paolo II osserva: «La mentalità contemporanea, forse più di quella dell’uomo del passato, sembra opporsi al Dio di misericordia e tende altresì ad emarginare dalla vita e a distogliere dal cuore umano l’idea stessa della misericordia. La parola e il concetto di misericordia sembrano porre a disagio l’uomo, il quale, grazie all’enorme sviluppo della scienza e della tecnica, non mai prima conosciuto nella storia, è diventato padrone e ha soggiogato e dominato la terra» (Dives in mesericordia 2).
E le sofferenze oggi non sono certo inferiori. Da qualsiasi parte ci si volga, il cuore sanguina alla vista delle miserie che ci circondano: le lunghe processioni di quanti fuggono dalla guerra, le vittime di un terrorismo cieco che ci portano a ritenere che si stia scatenando una sorta di terza guerra mondiale «a pezzi», per riprendere un’espressione di papa Francesco, per non parlare dei bambini maltrattati, dei vecchi abbandonati in case dove nessuno fa loro visita, delle violenze domestiche e delle oppressioni di ogni tipo…
Era dunque urgente forzare in qualche modo il cuore dell’uomo contemporaneo per obbligarlo a chinarsi sulle miserie del mondo. Perché questo è appunto il senso del termine: la misericordia infatti mostra precisamente l’amore che si manifesta verso coloro che soffrono. E sappiamo bene che è una delle prime qualità – uno dei primi predicati, direbbero i teologici – di Dio stesso. Quando il popolo della prima alleanza sentiva di essere sul ciglio dell’abisso, si volgeva a Colui che voleva essere il suo Pastore e lo invocava sotto il nome di «Dio di misericordia». «Voi che temete il Signore, aspettate la sua misericordia» (Sir 2,7), perché «la sua misericordia è grande» (1Cr 21,13): così si potrebbe dire che è infinita.
La misericordia divina si è fatta carne in Gesù Cristo e non rappresenta solo uno dei temi principale della sua predicazione, ma si rivela in modo perfetto nel momento in cui egli accoglie la croce come cammino verso la risurrezione. La parabola più suggestiva è quella detta del figlio prodigo (Lc 15,11-32): in essa la misericordia divina trova la sua più limpida rappresentazione. L’hanno capito benissimo, i pittori. Nel museo dell’Ermitage, a San Pietroburgo, un quadro di Rembrandt occupa un grande spazio di parete: lo si vede da lontano e si viene attirati subito come da uno strano magnetismo. E perciò è cosi celebre e cosi tanto riprodotto, che non c’è quasi bisogno di parlarne; la sua potenza evocatrice resta tuttavia senza eguali. Dopo aver consumato tutta la sua eredità di una vita di piacere, il figlio prodigo si è deciso a tornare a casa: i suoi vestiti sono strappati, cammina a piedi nudi, come gli schiavi; lo si vede inginocchiato davanti al padre, mentre si batte il petto e chiude gli occhi per la vergona. Il padre è anziano, con una lunga barba fattasi bianca per il dispiacere della separazione e per l’attesa vana: indossa un lungo mantello rosso, il colore del bene e della luce. Ed è di fatto questa luce che attira e fissa lo sguardo di chi contempla l’opera. Anche il padre tiene gli occhi chiusi, ma lo fa per non vedere le mancanze di suo figlio: ha il capo reclinato in segno di affetto e di misericordia e le mani sulle spalle di colui che ha accettato di tornare a casa, ed è pronto a riportarlo nella condizione di figlio di famiglia. Sulla sua bocca nessun rimprovero, nessuna ammonizione, nessuna intenzione di metterlo alla prova, mentre gli spettatori – amici e servitori (e noi con loro) – sono paralizzati dalla sorpresa. Dal loro atteggiamento traspaiono ironia e dubbio, come se per loro il perdono fosse improbabile, persino impossibile. Il figlio maggiore, nascosto dietro un pilastro – immagine di un senso del dovere inaccessibile al pentimento e alla tenerezza – rifiuta di partecipare alla festa. Immerso nella sua gioia interiore, il padre non sa ripetere altro che queste parole: «Mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» (Lc 15,32).
Aprendo un anno giubilare straordinario consacrato alla misericordia, papa Francesco vuole piantare la misericordia nel cuore delle società moderne. Le sfide da raccogliere non mancano: soprattutto, come mostrare la potenza della misericordia divina in una società segnata dal relativismo filosofico e morale? Come aprire un cammino verso Dio in un mondo pluralista? Come risvegliare l’assoluto dell’amore in un contesto di scetticismo generalizzato? Mille iniziative sono già in programma.
Desidero presentarvene una davvero originale: la sola di questo tipo a Roma e, credo, nella Chiesa in generale. Poco fa, riferendomi a Rembrandt, dicevo che la misericordia è tra i temi che hanno goduto di maggior favore tra i pittori, specie in Italia. Ci è dunque venuta l’idea di organizzare una mostra su La misericordia nell’arte: potremmo anche intitolarla L’arte della misericordia. L’iniziativa è offerta in collaborazione al Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, alla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma Capitale, alla Santa Sede e la Centro Europeo del Turismo; sarà ospitata presso i Musei Capitolini.
Due gli assi portanti in cui si articolerà la manifestazione. Il primo asse coglie l’immagine della misericordia associata spesso alla Vergine Maria che protegge e accoglie sotto il suo manto il popolo di Dio. l’iconografia che ne deriva ebbe origini n Toscana e nel Lazio nell’alto Medioevo e larga diffusione fra il Tre e il Quattrocento. L’opera più celebre è – fra i tanti artisti che vi si sono cimentati – il Polittico della Misericordia di Pietro della Francesca, conservato a Sansepolcro. In mostra saranno esposti alcuni di questi dipinti, per esemplificare anche la popolarità di questo culto mariano, legata anche ad un’antica anafora latina di origine greco-alessandrina (Sub tuum praesidium confugimus).
Il secondo filone di lettura del tema si sposta sul modo di comportarsi dei cristiani (sullo stile di vita dei credenti): come accolgono la misericordia che sgorga direttamente dal cuore stesso del Padre? Come imitano la misericordia che è quasi il filo conduttore della predicazione di Gesù? Come la vivono? Come la traducono in atti concreti? Da qui le cosiddette Opere di Misericordia, che per la prima volta sono descritte da Gesù stesso nel Vangelo di San Matteo e che furono ben presto codificati in vari elenchi. Probabilmente nel XII secolo viene stabilita la lista delle sette opere:
dar da mangiare agli affamati;
dar da bere agli assetati;
vestire gli ignudi;
alloggiare i pellegrini;
visitare gli infermi;
visitare i carcerati;
seppellire i morti;
L’opera d’arte più celebre, quella che meglio esplica il tema delle opere di misericordia, è il dipinto di Caravaggio, noto appunto come le Sette Opere di Misericordia, eseguito per il Pio Monte della Misericordia a Napoli. In uno dei suoi colpi di genio, Caravaggio unisce l’iconografia della Madonna della Misericordia con quella delle Sette Opere di Misericordia, in un simbolico dialogo tra la Vergine e il popolo di Dio.
La mostra si propone di continuare precisamente questo dialogo, nel contesto del Giubileo della Misericordia, un dialogo che sarà rivolto ai pellegrini che verranno a Roma, ai turisti interessati alla cultura cristiana, e quindi alla cultura in quanto tale, ma anche ai romani (in francese si direbbe «lew vieux romains») attenti a tutto ciò che la loro splendida città offre di bello e attraente. La mostra sarà inaugurata il 30 Maggio 2016 e chiuderà i battenti il 27 Novembre 2016.
Sua Eccellenza Mons. Jean-Louis Brugès, O.P.
Archivista e Bibliotecario di S.R.C.
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