Il mistero pasquale al cuore della speranza cristiana

Testo tratto dal libro di p. Arnaldo Pangrazzi, Lenisco il mio dolore parlando del mio amore 

Il mistero pasquale al cuore della speranza cristiana

La fede cristiana non si fonda su credenze orientaleggianti, quali la reincarnazione, né su fenomeni paranormali o sullo spiritismo, ma su una Persona che ha vissuto l’evento drammatico della morte e l’evento prodigioso della risurrezione, dando cosi compimento al progetto di salvezza di Dio.

Per tutti noi la vita è un viaggio con il solo biglietto di andata; Gesù è l’unica persona che ha timbrato il biglietto di andata e ritorno: attraverso il mistero dell’Incarnazione si è reso solidale con l’uomo; attraverso la risurrezione lo riveste di incorruttibilità.

A testimonianza dell’evento pasquale c’è la tomba vuota, le apparizioni di Gesù risorto, le attestazioni degli apostoli: “Voi avete ucciso l’autore della vita, ma Dio lo ha risuscitato dai morti e noi ne siamo testimoni” (At 3,14-15). La fede cristiana si fonda sulla certezza che “in Lui morto è redenta la nostra morte, in Lui risorto tutta la vita risorge” (Prefazio di Pasqua).

Il duplice volto della speranza cristiana consiste nell’adoperarsi a vivere la pienezza della vita futura.

La traformazione di questa vita inizia da sé stessi, con lo spogliarsi dell’uomo vecchio per rivestirsi dell’uomo nuovo, praticando le opere di misericordia corporali e spirituali. Il filo conduttore della salvezza è la capacità di mare: “Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore” sono le parole di san Giovanni dalla Croce.

Il futuro destino e il giudizio di Dio dipendono da cosa si è fatto con la propria vita, come ricorda San Paolo: “tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finche era nel corpo, sia in bene che in male” (2Cor 5,10).

L’aldilà

Gesù nel suo insegnamento, non si sofferma a descrivere l’aldilà, ma lo paragona a un banchetto, a una festa di nozze.

Anche la Chiesa usa sobrietà di linguaggio nel parlare di questo argomento, perché l’eternità sfugge alle leggi del tempo e dello spazio. Il paradiso non è un luogo, ma uno stato di comunione con Dio.

Nel riflettere sulle realtà eterne siamo condizionati dall’esperienza del corpo e dalle nostre categorie mentali, per cui risulta difficile comprendere la differenza tra il corpo biologico e il nuovo “corpo spirituale” o trasfigurato che Dio ci darà. Cosi come è inconcepibile immaginare una quercia contemplando una ghianda; ma Dio ha il potere di trasformare la morte in una nuova vita: “Sappiamo infatti che quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un’abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli (2 Cor 5,1).

Il bambino nel grembo della madre non può immaginare il mondo che incontrerà, ma nascendo lo scoprirà. Similmente, siamo figli del tempo e dello spazio, ma un giorno inizieremo un viaggio misterioso, senza tempo e senza confini, il viaggio dell’immortalità.

“Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me anche se è morto vivrà” (Gv 11,25)

La morte non è la fine.
E la fine non può essere la morte.
La morte è la strada.
La vita è il viaggiatore.
L’anima è la guida.
La nostra mente pensa alla morte.
Il nostro cuore pensa alla vita.
La nostra anima pensa all’Immortalità.

Sri Chinmoy