Il primo Capitolo fu indetto su espressa richiesta della Comunità in merito alla cosiddetta “questione degli ospedali”, che travaglierà per quasi sei anni l’intero Ordine, sino al limite della spaccatura, e sarà il fulcro della discussione e delibera di due Capitoli Generali. Il 13 febbraio 1595 Camillo aveva, infatti, dato avvio presso l’Ospedale Maggiore di Milano al servizio completo, spirituale e corporale, degli ammalati con abitazione nello stesso luogo. Un’assistenza, dunque, perpetua e continuativa, che San Camillo voleva applicare a tutti gli istituti in cui prestavano servizio i suoi compagni.
Ai Religiosi, però, la decisione del Fondatore non pareva conforme alla natura e agli obblighi dell’Istituto e del quarto voto (assistenza agli infermi anche a rischio della propria vita). Ritenevano, anzi, che fosse tale da favorire piuttosto le amministrazioni ospedaliere che gli infermi stessi e che avrebbe progressivamente sfiancato le forze e lo spirito dei Confratelli, obbligandoli a un lavoro eccessivamente pesante.
La questione verteva, ovviamente, sulle modalità dell’esercizio e non sulla sostanza. Non si trattava di un impedimento e declino dello spirito dei Religiosi, ma di una visione forse più realistica degli impegni del ministero camilliano.
Padre Camillo si trovò di fronte la posizione contraria di quasi tutti i partecipanti al Capitolo: 30 Religiosi, 23 sacerdoti e 7 fratelli, anche se in quel tempo il numero dei Fratelli superava il numero dei Sacerdoti. Non si conoscono i criteri con cui vennero fatte le scelte nei Capitoli locali, né quanti vennero delegati nelle singole case di Roma, Napoli, Milano e Genova. Quasi certamente i superiori delle case intervennero di diritto. Parteciparono le personalità più eminenti e rappresentative dell’Istituto, tra i quali i futuri primi tre successori del Fondatore nel governo dell’Ordine, P. Biagio Oppertis, P. Francesco Antonio Nigli e P. Sanzio Cicatelli, primo biografo di San Camillo. Quasi la metà dei Capitolari apparteneva al primo gruppo di Religiosi che aveva professato l’otto dicembre 1591. In quel periodo i Professi, sacerdoti e fratelli (chierici e laici) nell’Ordine erano un centinaio. Gli originari del Regno di Napoli costituivano il blocco maggiore.
Il Capitolo si concluse con un nulla di fatto sulla questione degli ospedali. Furono, però, eletti i primi Consultori Generali e stabilite norme di massima sul governo e l’organizzazione dell’Ordine.
Curiosità:
Nell’ultima sessione, quasi a conclusione, Camillo si inginocchia in terra dicendo: “Padri miei, vi rimando perdono per quanti errori ho possuto commettere in tutto il tempo del mio governo passato assicurandovi che quelli non sono proceduti da mala volontà, ma dal non haver più saputo. Questo è certo che in tutte le mie attioni non ho avuta mai altra mira che a gloria di Iddio e l’aiuto dei poverelli. Tutti siamo fragili e possiamo cascar facilmente però preghiamo il Signore che ci doni gratia di non errare, et di camminare avanti nel suo santo servigio. In quanto a me, spero per l’avvenire rimettermi in tutto e per tutto a’ miei compagni, e non fidarmi più del mio proprio sentimento come forse ho fatto per il passato. E con questo mi raccomando alle vostre orazioni e sacrifichi che il Signore vi benefichi e vi faccia tutti santi”.
Chiuso il Capitolo, Camillo e gli altri Capitolari furono ricevuti in udienza da Clemente VIII che benedisse ampiamente tutti i partecipanti esortandoli all’umiltà, alla perseveranza nel ministero e al buon governo dell’Ordine.
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