In Alessandro Pronzato, Un cuore per il malato. Camillo de Lellis, Gribaudi, Sondalo (So), 1983, pp. 391
Io sono il malato tuo padrone e signore:
- Onorerai la dignità e la sacralità della mia persona, immagine del Cristo
- Mi servirai, come madre affettuosa e tenerissima, con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza, con tutta la fantasia, con tutte le forze e con tutto il tuo tempo.
- Ricordati di dimenticare te stesso
- Non nominare il nome della carità invano. Parlerai di preferenza con i piedi, le ginocchia e soprattutto con le mani
- Non commettere distrazioni
- Non uccidere la mia speranza con la fretta, l’impreparazione, l’indelicatezza, l’irritazione, l’impazienza
- Mi considererai un tutto. E tu ci sarai tutto in quello che fai. Perciò non rinchiudermi in una cartella clinica e non nasconderti dietro il tuo ruolo professionale
- Non sconsacrare il tuo cuore con il pensiero del denaro
- Desidera fortemente la mia guarigione. Mettiti bene in testa che sono entrato all’ospedale per uscirne, sano, il più presto possibile.
- Non esitare a rubare il mio peso, a impossessarti della mia sofferenza. Quando non puoi togliermi il dolore, almeno condividilo.
.. E quando avrai fatto tutto quello che devi fare, quando sarai stato ciò che devi essere, quando non ti sarai tirato indietro di fronte a nessuna incombenza fastidiosa e a nessun compito ripugnante… non scordare di ringraziarmi
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