Ma come rese concreta questa sua profezia?
Dotata di facilità di penna e di parola, ricca di conoscenza e di pensiero, oltre che di spiritualità ha donato a piene mani le sue ricchezze inizialmente per la formazione del personale infermieristico, affinchè fosse accanto al malato con dedizione e amore, in seguito per le trasmissioni di Radio Vaticana, e per riviste di spiritualità, dando la propria riflessione su temi di pastorale, di missionarietà, di accostamento al sofferente, della laicità e della consacrazione. Ha chiarificato ed elaborato la spiritualità di speranza, come radice del carisma dell’Istituto secolare da lei fondato, ma se ne è fatta animatrice in ogni circostanza e con ogni mezzo. Speranza come Cristo, unica sorgente di pace e di amore, ma anche speranza nell’uomo che porta in sé i germi di Figlio di Dio e anche quando non lo conosce o non lo accetta spera in qualcosa, in qualcuno….
A 21 anni aveva pensato di vivere in semplicità la sua sequela di Cristo, nella spiritualità di San Camillo, iniziando il noviziato presso le “Figlie di San Camillo”; ma il 6 gennaio 1936, solo poco più di un mese dopo il suo ingresso, ebbe una “luce”, quella che lei chiamò sempre la “prima idea”: fondare un gruppo di donne, laiche, che restando nel mondo, nella vita qualunque, nei lavori e negli ambienti più diversi, donassero la propria vita a Cristo per una disponibilità totale ai sofferenti, ovunque e a qualunque costo. Così Germana descrive la “prima idea”: “La sera del 6 gennaio 1936, ecco che chiaramente Nostro Signore si degnò di mostrarmi la sua volontà: iniziare un gruppo di persone consacrate nel mondo, per compiere l’apostolato di carità tra gli infermi più lontani da Dio, secondo lo spirito del nostro santo Camillo. L’Idea era nitida, ma come attuarla?”
Era una “profezia”: gli Istituti Secolari non erano ancora stati creati dalla Chiesa che solo nel 1947, raccogliendo le istanze di vari fedeli laici (come Lazzati e la Barelli), riconobbe e fondò la vocazione di consacrazione secolare. Un camilliano, Padre Angelo Carazzo, intuì la vocazione straordinaria di questa giovane donna e ci credette, sostenendola nel cammino, senza sostituirsi all’azione della Grazia. Nel 1946 Germana si presentò a Pio XII che l’accolse con grande interesse; fu sempre sostenuta dall’amicizia profonda e paterna del Cardinal Larraona . Non tutti capirono subito la profezia Nel 1948 fu riconosciuto l’Istituto secolare “Missionarie degli Infermi”, al cui nome fu in seguito aggiunta la specificazione “Cristo Speranza”: un Istituto veramente laicale che conta ora circa 350 membri, sparsi nel mondo intero.
Ciascuna vive la sua realtà di laica consacrata nella missione verso i sofferenti nel modo che più è consono alla sua realtà personale e richiesto dalla realtà sociale; anche in altri Paesi il compito “missionario” dell’Istituto, come diceva Germana, sta nel formare persone che nel proprio Paese siano donate a Cristo nella “missione”.
Un tema a lei particolarmente caro fu il ruolo dei laici nella società e nella Chiesa: lottò con le idee, con la costanza, la fermezza e la dolcezza che le erano proprie, perché i laici prendessero coscienza del loro compito nella Chiesa, fossero presenti in modo attivo nella società; dopo il Concilio, fu presenza viva, propositiva, amata e stimata, presso la Santa Sede, anche come consultore per gli Istituti Secolari.
Ma soprattutto visse semplicemente da laica la sua quotidianità fatta di fedeltà al proprio dovere: competenza e preparazione seria nel lavoro di insegnante, partecipazione alla vita della scuola, dell’ambiente, della parrocchia…. Scrive: “Il mondo è l’ambiente privilegiato in cui i cristiani sono chiamati a vivere e realizzarsi: il mondo in cui sono nati e cresciuti, rimanendo in mezzo alle realtà temporali da ordinare secondo Dio, da orientare a Lui. Il mondo è il luogo in cui il laico esercita pienamente la vita che diventa apostolato: una vita per Cristo e per gli uomini, animata dallo Spirito, vissuta nei suoi aspetti terreni e profani, escluso il peccato. Una vita che assume e santifica in Cristo i valori e le tensioni del proprio tempo, le fatiche, le gioie, le aspirazioni degli uomini, per cercare insieme, in Cristo, la risposta di fondo ai problemi.”
Ricordare Germana significa ricordare in lei i miliardi di persone “qualunque” che “reggono” il mondo, ma sapendo però che per lei la realtà sociologica assumeva un significato “teologico”, perché viveva in Cristo, incarnato e vissuto da uomo per esprimere la totalità dell’amore del Padre. Germana precorse sempre i tempi, con l’intuizione dell’amore. Diceva che nessuno si dovrebbe sentire “speciale”: siamo semplici creature, ma possiamo guardare i problemi dell’altro con cuore e intelligenza, essere attenti, interessati, conoscere per poter offrire aiuto e competenza.
E seppe con la stessa semplicità, ritirarsi quando la sua sofferenza divenne troppo forte e l’età le impedì di bastare a se stessa: come una “donna qualunque” entrò in una casa di riposo dei Religiosi Camilliani, a Capriate, dove visse gli ultimi anni, continuando a donare la sua carica umana, la sua esperienza e il suo amore a Camillo.
Estratto dal sito: http://www.aigermana.it
In copertina, Germana Sommaruga.
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