Tratto da Missione Salute Anno XXIX – N.3 Maggio/Giugno 2016
di p. Luciano Sandrin
La fragilità accompagna la nostra vita. E ha mille volti per farsi sentire. Tocca il nostro corpo, la nostra mente, le nostre relazioni e il nostro spirito. Per la cultura che respiriamo è spesso immagine della debolezza, da rimuovere o da superare a tutti i costi, anche con tentativi di mascheramento, non sempre riusciti. Richiama significati di vulnerabilità ma anche di delicatezza, di sensibilità e di preziosità. Scrive sinteticamente Eugenio Borgna, uno psichiatra particolarmente attento alle sfumature più nascoste e preziose della vita, nel suo libro La fragilità che è in noi: «nella fragilità si nascondono valori di sensibilità e di delicatezza, di gentilezza estenuata e di dignità, di intuizione dell’indicibile e dell’invisibile che sono nella vita, e che consentono di immedesimarci con più facilità e con più passione negli stati d’animo e nelle emozioni, nei modi di essere esistenziali, degli altri da noi».
Le relazioni tra noi possono mettere a nudo la nostra fragilità e, non poche volte, la feriscono e la amplificano. E sono molte le parole che ci diciamo l’un l’altro: parole che aiutano o che umiliano, che confortano o indeboliscono, che aprono alla speranza o alla disperazione; parole sfuggite frettolosamente senza passare per il cuore; parole sfuggenti, che non guardano gli occhi dell’interlocutore; parole che hanno dimenticato il valore terapeutico che hanno ricevuto in dono; parole che feriscono nell’altro i suoi preziosi silenzi, aggrediti frettolosamente senza cercare di intuirne le motivazioni. Nel dialogo col silenzio possiamo cogliere le ferite invisibili e inesprimibili dello spirito e di curarle senza lasciare cicatrici. «Solo nel silenzio – scrive il nostro Autore – si colgono fino in fondo gli abissi di fragilità che sono in noi, e negli altri da noi, e si impara ad accoglierli nelle loro luci e nelle loro ombre».
Sono fragili le nostre emozioni, la tristezza come la gioia. La tristezza fa parte della vita ed è facilmente ferita dalla solitudine e dall’abbandono, dalla noncuranza e dall’indifferenza. E da inopportune e frettolose parole di consolazione. Ma fragile, e preziosa, è anche la gioia, immagine ed espressione di un cuore che si apre all’amore dell’altro e alla solidarietà. E a volte è più difficile gioire con chi gioisce che soffrire con chi soffre.
Fragile è anche la speranza che vive del futuro che ancora non c’è, sospesa tra desideri e possibili delusioni. La speranza è una forma di vita fragile che rischia continuamente di dissolversi dinnanzi agli avvenimenti dolorosi della vita ma che non scompare mai. Nell’esperienza del malato, e di chi lo assiste e lo cura, la speranza mostra tutta la sua preziosità, ma anche la sua vulnerabilità che la espone alle ferite dell’indifferenza e della noncuranza. È questo il filo verde del mio libro sulla Psicologia del malato.
Sono molte le fragilità che si nascondono, che hanno il volto di chi ci passa accanto ogni giorno e che non riconosciamo. Fragilità che, a volte, vediamo con gli occhi ma che non commuovono il nostro cuore. Sono fragilità negli altri ma anche in noi. È la fragilità di chi si ammala ma anche la fragilità di chi lo cura. La fragilità ci accomuna, anche se possono cambiare i suoi “volti”, le sue espressioni, nelle diverse situazioni della nostra vita. Anche i santi le hanno vissute, a volte in forme dolorose. San Camillo ne ha fatto esperienza. Lo stessa vita di Gesù ne è stata segnata.
È importante educarci a riconoscere la fragilità che è in noi e quella che abita negli altri, a vederla come una forma di vita che ha bisogno di alleanze, di presenze umane attente all’ascolto e capaci di creare comunità di cura, nelle quali il più forte – non definito una volta per sempre – offre la sua mano al più debole. Non dimenticando, però, – come ben conclude il suo piccolo e prezioso libro Eugenio Borgna – che la fragilità è «visibile solo agli occhi bagnati di lacrime», a chi ha affinato la sua attenzione e sensibilità passando attraverso l’esperienza del dolore.
La fragilità è espressione della condizione umana, è dentro la nostra stessa anatomia e la nostra psicologia. Segna la nostra vita: preziosa e fragile, come un vetro di Murano o un cristallo di Boemia, bello, elegante, capace di dare luce alla luce, ma basta poco perché vada in frantumi. Sempre a rischio di fronte ai colpi della vita.
Abbiamo un po’ tutti l’idea che la fragilità sia la caratteristica di una popolazione particolare, di altri da noi. In realtà, nessuno è al riparo dalla fragilità. Siamo un po’ tutti fragili vasi di creta – come ci ricorda San Paolo – che portano, però, preziosi tesori da custodire e da offrire.
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