Essere camilliano e samaritano nel mondo di oggi

di p. Laurent Zoungrana

INTRODUZIONE

Mi è stato assegnato il tema seguente: Essere camilliano e samaritano nel mondo di oggi. Questo tema mostra l’importanza della parabola evangelica del Buon Samaritano (Lc 10,25-37) nella vita del “camilliano” nel mondo contemporaneo. Nel dire “camilliano”, c’è il rischio di pensare solo al “Religioso, Ministro degli Infermi”. Nel nostro contesto, il termine “camilliano” non è circoscritto al religioso che rivendica l’appartenenza a san Camillo, ma ogni persona, religiosa o laica, che cerca di vivere il carisma che san Camillo ha ricevuto da Dio nella Chiesa e trasmesso al mondo. In questo senso possiamo dire che ogni membro della Famiglia Camilliana Laica è “camilliano” poiché vive il carisma di san Camillo. Non dimentichiamo che “All’inizio della vita dell’Ordine, infatti, san Camillo ha coinvolto nel servizio di assistenza ai malati un gruppo di laici, aggregandoli all’Istituto” (A. Brusco, Statuto Generale Famiglia Camilliana. Presentazione, Roma 1998, p. 4); e prima ancora, “un sacerdote e quattro laici aderiscono al progetto di Camillo” (Lettera della Consulta Generale nel documento 1591-1991: la Famiglia Camilliana si confronta, a cura di Missione e Salute, 1991, p. 3). E come diceva padre Emidio Spogli, “trasformata la sua prima “Compagnia” in Ordine religioso si preoccupa che l’azione di carità non venga, però, in tal modo a restringersi e per questo chiede e ottiene la facoltà di aggregare e di riunire in una “Congregazione” Laici, Chierici e sacerdoti che esercitassero ‘le stesse pie opere di misericordia e di carità’, e così poter raggiungere un maggior numero di infermi, moltiplicando le possibilità di servizio della sua Comunità” (La Famiglia Camilliana. A cura di E. Spogli, Estratto Camillo de Lellis – Un santo per chi soffre, Casa editrice Tinari, Bucchianico 1995. p. 9). Tenendo conto di questa considerazione storica, “camilliano” qui indica, laico, o religioso/a, o sacerdote chiamato quindi nella propria condizione a vivere il carisma di san Camillo, cioè “l’amore misericordioso di Cristo verso gli infermi” (Cost. n.1).

Nel trattare il tema, desidero, prima di tutto, rileggere la Parabola del Buon Samaritano(I), applicarla a san Camillo e al camilliano (II) ed infine, considerare uno dei personaggi della parabola (l’albergatore) come figura del camilliano a cui è affidato il carisma di san Camillo e il servizio camilliano (III).

RILETTURA DELLA PARABOLA DEL BUON SAMARITANO

La parabola del buon samaritano, raccontata solamente dall’Evangelista Luca, si colloca tra il Vangelo del ritorno dalla missione dei settantadue discepoli e quello di Gesù nella casa di Marta e Maria. I settantadue discepoli, dopo aver predicato la vicinanza del regno di Dio (Lc 10,9), offrendo la pace (Lc 10,5) e invitando alla conversione e all’accoglienza di Gesù Salvatore, tornano pieni di gioia (Lc 10,17). Si può dire che la parabola del buon samaritano, che viene subito dopo la missione dei discepoli, illustra il comportamento che si deve avere verso il prossimo dopo aver accolto il regno di Dio in Gesù che è regno di amore; la parabola illustra quindi la pratica o la non pratica del comandamento dell’amore del prossimo che permette di accedere o no alla vita eterna; essa mostra all’uomo la volontà di Dio che “chiede all’uomo un amore totale che in pratica è l’aiuto generoso al compagno di viaggio che si trova nella necessità”. Questo amore verso il prossimo va fino all’accoglienza del bisognoso nella propria casa, nella propria vita come ci fa vedere il passo seguente di Gesù, ospite nella casa di Marta e Maria.

Quindi, alla domanda del dottore della legge “Che cosa devo fare per ottenere la vita eterna?”, Gesù, in modo pratico mostra con la parabola del buon samaritano ciò che si deve fare per meritare di entrare nella vita eterna e come prova dell’accoglienza della predicazione del Regno di Dio. Nella parabola, se mettiamo da parte i briganti e il malcapitato, vediamo Gesù mettere in scena il comportamento di quattro personaggi: il sacerdote, il levita, il samaritano e l’albergatore; e possiamo già intuire che al centro della parabola c’è la sua persona, e il suo messaggio di misericordia.

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