Intervista a p. Virginio Bebber, presidente Aris al giornale https://www.linkiesta.it/ – 18 Marzo 2020
“…C’è da dire che il volontariato cattolico, connesso non solo a tali macrostrutture, si è dato da fare sin dalla prima ora soprattutto nel Nord Italia. E poi c’è l’aspetto non irrilevante di quanto si sta operando in ospedali e case di cure, gestiti soprattutto da congregazioni religiose maschili e femminili, sui quali ha cercato di fare chiarezza a Linkiesta il sacerdote camilliano Virginio Bebber, presidente dell’Associazione religiosa degli istituti socio-sanitari (Aris). Organismo, questo, costituito da 257 strutture sanitarie e socio-sanitarie non solo cattoliche ma anche di altre confessioni cristiane o religioni.
«Le cose sono andate per gradi – spiega padre Bebber –. I nostri ospedali, che sono strutture non profit ma inserite a pieno titolo nel servizio sanitario pubblico e che sono 12 nelle zone del Nord Italia particolarmente colpite, sono entrati subito nell’ottica della prevenzione e del contrasto al Covid-19. Poi ci sono altre realtà quali le case di cura, che si sono immediatamente attivate. A tal riguardo vorrei ricordare la Poliambulanza di Brescia, che aumenta ulteriormente la disponibilità dei posti letto per pazienti Covid-19 o con sintomatologia sospetta. Io stesso sono in prima linea a Cremona nella nostra Casa di cura San Camillo».
Il camilliano ricorda poi che «non appena il Governo ha chiesto aiuto e disponibilità, il 60% dei nostri medici si sono messi a disposizione in tutta Italia. Soprattutto in Lombardia, dove abbiamo 15.000 tra operatori sanitari e medici, nelle nostre cliniche sono rimasti solo quelli necessari a garantire il servizio di guardia. Ma gli altri si sono messi a disposizione partecipando ai turni nelle varie strutture ospedaliere statali. Nel frattempo si stanno attrezzando le nostre case di cura soprattutto a Roma, dove il picco dovrebbe registrarsi dalla settimana prossima in poi, con posti di ventilazione assistita. Bisogna poi ricordare l’impegno dell’Ospedale Israelitico, aderente all’Aris, che si è messo subito a disposizione dello Spallanzani, creando un polo esclusivamente d’infettivologia e mettendo così l’intera struttura a servizio dell’Istituto nazionale per le malattie infettive. Voglio infine ricordare che la somma destinata dalla Cei viene ripartita a favore delle Caritas – e non delle nostre strutture, come da alcuni si dice – per sovvenire alle necessità di senza tetto e indigenti. Opera che è svolta encomiabilmente anche da altre realtà come, ad esempio, la Sant’Egidio».
Intanto, anche a seguito delle richieste della Protezione civile, le diocesi iniziano a mettere disposizione le proprie strutture per ospitare persone o gruppi familiari che non possono vivere la quarantena nella propria casa. È quanto fatto, ad esempio, ieri da quella di Rimini in eventuale riferimento alla Casa di accoglienza di Montefiore Conca. Ed è quanto si appresta a fare l’arcidiocesi di Bologna come comunicato dal card. Matteo Zuppi al nostro giornale.
C’è poi chi come don Fabrizio Fiorentino, il sacerdote palermitano dell’Addaura da sempre impegnato per la tutela delle minoranze, si pone un interrogativo: «Abbiamo la possibilità di tornare all’essenziale: chiediamoci, dopo settimane di isolamento, che cosa mi manca di più? Scopriremo quanto tempo trascorrevamo inutilmente invece di impiegarlo per la crescita personale, per l’arricchimento interiore, culturale e spirituale. Intanto il pianeta ringrazia: le polveri sottili abbattute, lo spreco alimentare più che dimezzato, l’inquinamento acustico scomparso. Spero davvero che non torneremo come prima del Covid-19, perché un invisibile virus ci ha ricordato di essere più umani, più lenti, più solidali, più disponibili». Staremo a vedere.
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