Oltre alla celebrazione eucaristica domiciliare e ai gesti di quotidiana carità, la Parrocchia è invitata a riscoprire ,su iniziativa dei Parroci specie se Camilliani, il valore, il significato e l’urgenza di donare agli infermi il Sacramento della Santa Unzione, voluto da Gesù per la guarigione globale della persona, proprio nel tempo della malattia e della sofferenza.
Questo sacramento infatti, che nei primi nove secoli della Storia della Chiesa è stato donato con abbondanza da sacerdoti, diaconi e semplici fedeli (come oggi avviene per i ministri straordinari dell’Eucaristia) ai fratelli malati senza alcuna connotazione di gravità, (1) deve tornare ad essere richiesto e desiderato con gioia nel momento del dolore, proprio quando l’uomo è malato e non moribondo, quando l’incontro con Cristo può sprigionare tutti i suoi benefici effetti di salvezza, di sollievo e di salute. E’ infatti l’olio, divenuto sacramento per volontà di Gesù, che nutre, illumina, riscalda, solleva, allevia la spossatezza, la depressione e l’angoscia del malato e lo restituisce sano e salvo alla comunità cristiana, perché torni alle sue solite occupazioni. Tutto questo infatti si chiede al Signore durante l’amministrazione del Sacramento dei malati.
Qualora invece la malattia fosse seria, grave e irreversibile, allora l’incontro con Gesù nel segno dell’Olio, addolcirà l’amarezza e il peso del dolore e della croce, gli conferirà forza ed energia per reagire alla tentazione della disperazione, lo renderà capace di soffrire come Cristo con serenità e coraggio e perfino di offrire il proprio dolore per la salvezza del mondo, preparandolo anche ad affrontare serenamente l’evento della morte. E’ necessario quindi un radicale cambiamento di mentalità sia nei sacerdoti che nei fedeli, una nuova visione del sacramento che il Concilio Vaticano II- dopo dieci secoli di oscurantismo e di paura perché ridotto ad Estrema Unzione- ha ridato alla Chiesa del Terzo Millennio come medicina di guarigione globale a quanti soffrono nel corpo e nello spirito, purchè però venga amministrato ai malati e non ai moribondi; per questi ultimi infatti è più opportuno donare loro il Santo Viatico, che li accompagni nel cammino verso la vita eterna. L’esegesi infatti dello stesso testo biblico su cui si fonda il sacramento, parla esplicitamente di un malato che personalmente chiama i presbiteri della Chiesa perché lo ungano con olio nel nome del Signore; la preghiera fatta con fede salverà il malato, il Signore lo solleverà, e se avesse dei peccati gli saranno perdonati.(Cfr Gc.5,14-15)
In questa auspicata conversione del cuore e della mente circa questo sacramento, mi fanno pertanto paura quei sacerdoti (mi auguro non Camilliani) che per un verso sono diventati talmente larghi e tolleranti nell’offrire l’Eucaristia Domenicale alla moltitudine dei fedeli che processionalmente si accostano all’altare ( pur essendo consapevoli che moltissimi di essi non si confessano da mesi e spesso anche da anni), mentre poi sono enormemente zelanti, severi, rigidi, scrupolosi nel selezionare, indagare, misurare la gravità della malattia, se il malato si è confessato e se può essere annoverato tra i predestinati a ricevere il sacramento degli infermi.
Ho esagerato un po’ ma non troppo! Vorrei pertanto, con cristiana carità, esortare questi fratelli nel sacerdozio, ancor di più se Camilliani, che non si possono usare due pesi e due misure tra due sacramenti, ma che soprattutto non si può infierire proprio sui malati che sono i più deboli e indifesi e che sono stati i più amati da Gesù. Vorrei invece esortarli a largheggiare proprio nei confronti di questo sacramento, per donarlo con gioia a tutti i malati che lo chiedono, senza alcuna connotazione di gravità, come ce lo conferma la lunghissima tradizione della Chiesa e l’esegesi dello stesso testo biblico. Ricordando ancora che se questo sacramento viene accolto con fede e amore da parte del malato, ha anche un effetto penitenziale: “se avesse dei peccati –afferma San Giacomo- gli saranno perdonati”, mentre lo stesso Sacerdote prega il Signore perché il malato, guarito dal Sacramento, “torni alle sue solite occupazioni”.
(1) Messina Rosario,” L’OLIO CHE GUARISCE”,Edizioni Camilliane, Torino 1999
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