Venerdì 16 settembre presso l’Ospedale S. Maria della Pietà di Casoria si è tenuta l’assemblea provinciale dei religiosi camilliani della Provincia Siculo-Napoletana.
Hanno partecipato anche il Consultore e responsabile del segretariato per la Formazione p. Baby Ellickal e Suor Laura Cortese, Vicaria generale delle Figlie di San Camillo.
Di seguito la relazione del Superiore Provinciale, fr. Carlo Mangione.
Confronto, dialogo e correzione fraterna:
per una fraternità camilliana evangelica
da VIVERE in Vita, da Vivi
Carissimi, per l’ assemblea di oggi, ho pensato di approfondire un aspetto importante della nostra vita, quello della FRATERNITA’, come ho già accennato nella relazione d’inizio mandato. A volte, i nostri cammini, soprattutto con le loro criticità, dal nostro modo di affrontarli, diventano veri “problemi”.
Quando parliamo della vita religiosa e programmiamo, ci soffermiamo maggiormente sui voti, sulla vita di preghiera, sul ministero, sull’osservanza regolare, sui bilanci, ecc …
Ma cosa “programmiamo” per LA CURA della vita fraterna?
Sì, la vita fraterna va curata ed è il terreno fertile per vivere casti, poveri e obbedienti e così lavorare contenti per il Regno.
Nelle nostre comunità, quasi sempre, riusciamo a vivere i voti, a vivere momenti di preghiera e a lavorare tanto. Ma, a volte, la vita in comune ci fa essere anche tristi, nervosi, inquieti. Alcuni confratelli a distanza di 50 anni soffrono per certe risposte ricevute o per mancanza di vicinanza e di attenzioni, magari vissute in situazioni dolorose e di sofferenza.
Ecco perché mi pace dire: Cerchiamo di VIVERE in Vita, da vivi, la vera fraternità!
Vivere da Vivi mi sembra molto adatto per riflettere sul tema della riconciliazione. Quando si è in una situazione di NON fraternità, di NON riconciliazione, NON STIAMO BENE: ci sentiamo inquieti, disturbati, morti.
Ci sentiamo lontani da Dio e lontani dai FRATELLI
La fraternità è Riconciliazione e insieme rappresentano motivo di RISURREZIONE. Personale e comunitaria
Mi piace ricordare le parole di SOCRATE:
“Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farvi pensare!”.
Quando ci si prepara a offrire una riflessione, soprattutto a chi ci conosce molto bene, come voi, si avverte un po’ d’imbarazzo; sarebbe più facile e più comodo invitare qualcuno e fare sviluppare questo tema, sarebbe un gioco facile.
Invece, guardarci negli occhi tra di noi diventa un modo per esercitare una duplice carità: verso noi stessi e verso le persone alle quali parliamo, perché preparandoci
ricordiamo sia a noi stessi che a quelle verso cui abbiamo una responsabilità, tutto ciò che dobbiamo vivere di buono e di bello.
Di conseguenza, stamattina, vorrei spargere semi di risurrezione per noi, e, di conseguenza, per le nostre comunità appena costituite.
Il nostro essere qui, oggi, vuole essere la condivisione del nostro cammino di credenti. Anche noi religiosi o sacerdoti, prima di essere tali siamo credenti (dovremmo riflettere molto su questa cosa, siamo più portati a insegnare agli altri, a dare delle regole, che a vivere noi quello che proponiamo).
Mi colpisce molto vedere come tanti di noi, quando siamo fuori dalla comunità, riusciamo a fare tanto e tanto bene, a dare tanti buoni consigli, ad essere riconosciute come persone autorevoli, di spessore spirituale e poi in comunità a volte sperimentiamo un’immaturità umana, una mediocrità spirituale, che meraviglia molto, stupisce, perché sbilanciata.
Il tentativo che vorrei fare in questo triennio è quello di ricordare a ciascuno di noi, per primo a me stesso, che siamo persone che si esercitano a diventare coerenti, con quello che diciamo e consigliamo agli altri ma anche con quello che viviamo tra di noi, nei rapporti interpersonali, nelle dinamiche comunitarie locali e di provincia.
Dovremmo avere l’ OSTINAZIONE della riconciliazione. Sapete perché? Perché le parole di Gesù:
“Da questo sapranno che siete miei discepoli se avrete amore gli uni per gli altri”
dovrebbero essere incise a fuoco nel nostro cuore, (qui abbiamo il fondamento dell’ animazione vocazionale, della formazione).
Oggi nei gruppi ecclesiali, nelle comitive si vive la fraternità. Guai se la vita religiosa offrisse meno di un gruppo ecclesiale o di una comitiva che gode del piacere di ritrovarsi insieme e, senza saperlo, vive in fraternità.
Questo cammino può e deve avvenire INSIEME, è un SINODO:
che letteralmente, come ben sappiamo, significa: (Sun=insieme e odòs=strada) insieme in strada, CAMMINARE INSIEME
L’ insistenza sulla vita fraterna, oggi nei documenti e scritti vari, rivela proprio la difficoltà a fare comunione, nell’unità d’intenti e di strumenti. Quando di qualcosa si parla troppo, vuol dire che manca, che c’è ne bisogno.
Mi viene sempre in mente P. Ferrari e la considerazione che aveva della vita comunitaria. Egli diceva: “oggi si scrive e si parla di fraternità ma non la vedo; ai miei tempi non se ne parlava ma ci volevamo bene”
Quindi OGGI se si indica un sinodo a livello mondiale è perché c’è una criticità, c’è qualche difficoltà nel camminare insieme, ecco la sfida, che, a mio parere , si pone su due aree:
1) AD INTRA: tra di noi all’ interno, tra le comunità religiose, a volte più che comunità potremmo apparire concorrenti o coabitanti in appartamenti condivisi.
2) AD EXTRA: con chi è fuori, coloro che lavorano con noi, i tanti volontari e laici in generale che ruotano attorno a noi ( Ottobre / Dicembre)
Camminare con chi?
Con Gesù, con i fratelli, ammalati e sofferenti, con i confratelli e con i laici, nostri collaboratori a vario titolo
Per andare verso dove?
Verso i bisogni dell’ uomo: bisogni materiali, ma anche spirituali, la fame e la sete di Dio, che la gente ha; annunciare testimoniando.
Noi camilliani siamo avvantaggiati: nelle chiese la gente deve decidere di andare, da noi, invece, arriva. Arriva con tutta la sua fragilità e povertà umana: la salute persa o insidiata, la solitudine, l’abbandono e il distacco dal proprio ambiente familiare, e quant’altro.
A che cosa siamo chiamati?
Siamo chiamati ad:
– Ascoltare – Discernere – Decidere – Operare
Può sembrare un cammino complicato e difficile ma in realtà è molto semplice e conseguenziale, è il cammino del Vangelo: “ Vi riconosceranno se avrete amore gli uni per gli altri!”
COSA COMPORTA IL CAMMINARE INSIEME?
Accogliersi (non é obbligatorio piacersi)
Noi siamo chiamati ad accogliere gli altri; gli altri sono chiamati ad accogliere noi.
Sembra facile vero? “Piacersi” è un fatto spontaneo, quasi istintivo, mentre l’accoglienza è uno stile, un modello, una regola relazionale.
Il “piacersi”, il sentire all’unisono può essere casuale o può accadere nel tempo, dopo un periodo di conoscenza.
L’accoglienza è un dovere civile, umano e religioso richiede solo il rispetto per la dignità che ogni uomo porta in sé e deve essere pronta, immediata ad ogni presenza.
In questo cammino di accoglienza ci siamo noi con il nostro carattere, le nostre spigolosità, irruenze e ferite, elementi questi che spesso generano CONFLITTI interpersonali e comunitari.
E vediamo, allora, quale elemento può aiutarci ad accoglierci crescendo nella fraternità, dimensione umana e spirituale.
L’Art. 23 della Costituzione, dopo aver elencato i vari compiti del superiore, afferma: ”Se è necessario, aiuta i religiosi, anche con la correzione fraterna”
Parleremo della CORREZIONE FRATERNA (CUM-REGERE: cum=insieme, con qualcuno; e reggere=guidare, governare, sostenere, tenere fermo o duro, non vacillare, resistere, dirigere = dare una direzione, perseverare, sorreggere, sopportare, resistere) tutto questo insieme, chiaramente in RECIPROCITA’, con i superiore e tra noi confratelli.
Ci dobbiamo chiedere:
- Perchè dobbiamo esercitare la correzione fraterna?
- Come esercitarla?
- Come farla esercitare?
- Come accoglierla?
Ci sono due TENDENZE:
- quelli che amano sempre e molto correggere gli altri, di solito sono quelli che meno sono disposti a riceverla, a cui poco si può dire.
- quelli che dicono: “per amore di pace fammi stare zitto”
Sono due opposti che non aiutano la vita fraterna.
Poniamoci una domanda:
La correzione fraterna risolve o a volte può far aumentare i problemi?
Dipende da come si fa, da come si accoglie. Ma c è una regola d’ oro, che è questa: NON PUOI CAMBIARE COLUI CHE PRIMA NON AMI.
La correzione evangelica deve partire dall’ amore per quella persona e deve portare all’ amore.
Se non è così sarà sfogo, impazienza, rabbia; sarà un vomitare addosso a chi ci ascolta le cose che più ci infastidiscono. E chiaramente, così, si moltiplica il disagio della relazione invece che ridare vita e vigore alla comunità.
Definizione di correzione fraterna:
Per correzione fraterna si intende l’ aiuto dato al prossimo, che a motivo del suo difetto, corre il rischio di danneggiare se stesso e gli altri;
ed in nome della solidarietà umana siamo tenuti a correggere chi sbaglia.
• GESU’ nel Vangelo ci dice:
“Se un tuo fratello ha commesso una colpa va e ammoniscilo.
• LIBRO DELLA SAPIENZA: 12, 2
“Per questo tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato, perché messa da parte ogni malizia, credano in te Signore”.
• LETTERA AGLI EBREI 10 V. 24:
“Prestiamo attenzione gli uni gli altri, per stimolarci a vicenda nella carità”
• LETTERA S.PAOLO EFESINI:
“Perciò bando alla menzogna e dite a ciascuno la verità al suo prossimo, perché siamo membra gli uni degli atri
• SANT’ AGOSTINO:
“Se trascuri di correggere, diventi peggiore di chi ha peccato”.
• SAN TOMMASO:
“La correzione fraterna è un atto di carità superiore alla cura delle malattie del corpo o alle elemosine, perché tolgono le miserie interiori”.
Non un optional: La correzione fraterna non è un optional ma un dovere di carità, chiaramente esercitato con PRUDENZA.
Che significa con prudenza?
E’ un precetto che obbliga sempre, ma non in ogni momento, in qualsiasi tempo, in qualsiasi luogo …
Noi, in questo caso, siamo molto fortunati perché la vita religiosa ha i suoi momenti e spazi specifici e preziosi.
Ne cito alcuni: a livello interpersonale – Riunione di consigli di famiglia – Assemblea come questa, consigli provinciali, Visita canonica – Capitolo Provinciale o generale.
Saper discernere sui momenti e spazi dove poter parlare per correggere, altrimenti diventiamo come i nostri malati psichiatrici o gli alcolizzati, che possono dire tutto a tutti, in qualsiasi momento.
La costituzione ci è di grande aiuto in questo
La correzione fraterna va fatta con DOLCEZZA per non inasprire gli animi.
E’ bene pensare sempre di non correggere con superiorità, ma chiederci: “Come si sente l’ altro? E se fossi io?”.
Una correzione diretta senza offendere. C’è la tentazione di pensare che per andare d’accordo bisogna essere uguali o simili, dire o pensare le stesse cose.
L’ OBBLIGO DELLA CORREZIONE FRATERNA E I REQUISITI NECESSARI
1) Che la materia sia certa e manifesta:
Non v’è obbligo se la materia non è certa.
2) La necessità :
quando si prevede che senza correzione non vi può essere miglioramento
3) L’ Utilità:
Cioè, che vi sia speranza di buon esito. Se si prevede infatti che la correzione sarà controproducente, forse è bene non farla al momento.
4) L’ Opportunità:
che venga fatta nel tempo, nel luogo, e nel modo giusto.
E’ lecito pertanto e anche doveroso, attendere tempi migliori.
LA DOLCEZZA NELLA CORREZIONE FRATERNA
Per non inasprire gli animi la correzione fraterna va fatta con DOLCEZZA.
San Paolo dice:
“Se qualcuno viene sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo spirito, correggetelo con dolcezza. E vigila su te stesso per non cadere anche tu in tentazione” Gal. 6,1.
E ancora “Non riprendere l’ anziano con durezza, ma esortalo come si fa con un padre” (1 Tm 5,1)
San Gregorio Magno:
“ I giusti, quando castigano severamente, non perdono la grazia della dolcezza interna!
San Francesco di Sales:
“Una goccia di miele attira più che un barile di aceto”
San Basilio di Cesarea (330 D.C.):
“Chi presiede la comunità non deve essere il solo a non beneficiare del sostegno fraterno della correzione reciproca, lui che esercita la funzione più pesante “
San Giovanni Crisostomo (400 D.C.):
“Non dobbiamo, quindi ne insultare ne ingiuriare coloro che peccano, ma dobbiamo avvertirli. Non bisogna dirne male e diffamarli, ma consigliarli. Dobbiamo correggerli con l’ amore e non insorgere contro di loro con arroganza. Correggi, certo, però non come se tu fossi un nemico che chiede giustizia, ma comportandoti come un medico che prepara il rimedio per guarire il malato”.
La correzione va fatta dunque con carità, umiltà e prudenza.
La prudenza poi insegna a non fare con frequenza le osservazioni e soprattutto, a non farle pubblicamente, secondo l’ insegnamento del Signore, perché chi è ripreso non si senta umiliato davanti a tutti e sia tentato di risentimento. Ricordo un formando che nel colloquio personale mi suggeriva di non riprenderlo pubblicamente perché la correzione non portava frutto. Ho gradito molto il momento e il tono come l’ha detto. Però vedevo che lui con gli altri faceva il contrario di quello che aveva chiesto a me.
Citazioni carine
- Rivista umoristica tedesca ( Fliegende – Blatter):
“ I veri amici vedono i tuoi errori e ti avvertono, i falsi amici vedono allo stesso modo i tuoi errori e li fanno notare agli altri” - Pitagora: 570 A.C. circa 2660 anni fa:
“Se non hai un amico che ti corregga, paga un nemico perché ti renda questo servizio”
Correzioni storiche:
- San Bernardo di Chiaravalle e Papa Eugenio III (Siamo intorno al 1100)
Bernardo si spinge con audacia fino a ricordare al papa che egli è successore di Pietro e non di Costantino e si rivolge a lui dicendogli: “ Anche se sei vestito di porpora e cammini coperto d’ oro, non c’è nessuna ragione perché tu che sei erede del Pastore, abbia fastidio del ministero pastorale e provi vergogna del Vangelo. Se, invece, ti dedicherai con decisa volontà all’ evangelizzazione, avrai un posto glorioso tra gli apostoli. Evangelizzare, vuol dire pascere. Fà dunque l’ evangelizzatore e sarai pastore. - Santa Caterina da Siena: Una donna di fuoco, che verso la fine del IV secolo, Le “Lettere”, che la mistica osa scrivere al Papa in nome di Dio, sono vere e proprie “colate di lava”; la sua parola d’ordine è virilità. Una ragazza di vent’anni che chiede a papa Gregorio XI – da lei definito il “dolce Cristo in terra” – il ritorno alla sede papale, con fermezza e decisione
- Don Antonio Rosmini : Le cinque piaghe della Chiesa
- Fratel Ettore Boschini : P. Monks ai suoi funerali ha detto: “Grazie Ettore, perché sei stato la nostra spina nel fianco”. La sua vita è stata una spina nel fianco, non ha mai gridato contro nessuno, gridava la sua vita.
CONCLUSIONE
Spero tanto che questa chiacchierata il dialogo assembleare che ne può
scaturire, serva a ciascuno di noi a riflettere per vivere bene in comunità e far stare bene anche gli altri.
Papa Francesco al capitolo generale dei Dehoniani il 5 giugno del 2015 disse
così: “La vita religiosa è una convivenza di credenti che si sentono amati da Dio e cercano, insieme, di amarlo.
Giovanni Paolo II ai partecipanti alla plenaria per gli Istituti di vita consacrata del 21 Novembre cosi si espresse: “Tutta la fecondità della vita religiosa dipende dalla qualità della vita fraterna in comune. La vita religiosa sarà tanto più significativa, quanto più riuscirà a costruire comunità fraterne nelle quali si cerchi Dio sopra ogni cosa e lo si ami sopra ogni cosa.
Non scordiamoci della dimensione ESCATOLOGICA della vita religiosa:
noi anticipiamo su questa terra quello che saremo per sempre nell’ eternità.
Noi siamo il “già” del “non ancora”, ovvero di ciò che è stato promesso per la vita eterna.
Vivere insieme da fratelli sempre e in ogni momento, senza bisogno d’aspettare la morte per scrivere un bel necrologio o dire cose carine e belle sul fratello o sulla sorella, nella predica del suo funerale. Castità è avere un cuore puro, trasparente, che non ha veli sulla verità, detta con garbo, segno di lealtà, di fiducia e di libertà.
Dio ci ha fatti liberi e ci tratta con libertà e con rispetto perché ci ama.
Le Mille benedizioni di San Camillo ci raggiungano personalmente e comunitariamente a livello locale, provinciale e per tutto il nostro amato Ordine.
Fratel Carlo Mangione
Superiore Provinciale
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