Apertura del Giubileo del Beato Padre Luigi Tezza

Ieri, 25 settembre 2022, presso la Curia generale delle Figlie di San Camillo a Grottaferrata si è aperto ufficialmente il centenario della morte del beato Luigi Tezza.
La celebrazione è stata presieduta dal Superiore generale p. Pedro Tramontin. Tra i presenti anche tutta la Consulta e i Provinciali delle Provincie Nord Italiana, Romana e Siculo Napoletana.

Di seguito l’omelia del Vicario generale p. Gianfranco Lunardon.

Grottaferrata – 25 settembre 2022
Apertura centenario della morte del beato Luigi TEZZA
(† Lima, 26 settembre 1923 )

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Vorrei soffermarmi sulla prima lettura, che la liturgia ha scelto per la memoria liturgica del beato Luigi TEZZA, ampliandone un po’ la riflessione.

La scelta caduta su questo passo del libro sapienziale del Siracide mi è sempre suonata un po’ curiosa. Solitamente per i cosiddetti santi della carità ci si orienta su alcuni inni dell’apostolo Paolo (inno alla carità e affini).

Come tale, ritengo sarebbe utile, per noi, oggi, ampliare la meditazione del capitolo secondo del libro del Siracide almeno fino al versetto 18, cioè alla fine del capitolo secondo, e potremmo comprendere, senza nemmeno troppo sforzo, come venga tratteggiato, colore dopo colore, tessera dopo tessera, pennellata dopo pennellata, il ritratto più incisivo e delicato  della personalità umana, religiosa, spirituale, intellettuale, carismatica, fraterna di p. Tezza …

Dal libro del Siracide (Sir 2,7-13)

Voi che temete il Signore, aspettate la sua misericordia
e non deviate, per non cadere.
Voi che
temete il Signore, confidate in lui,
e la vostra ricompensa non verrà meno.

Voi che temete il Signore, sperate nei suoi benefici,
nella felicità eterna e nella misericordia, poiché la sua ricompensa è un dono eterno e gioioso.
Considerate le generazioni passate e riflettete: chi ha confidato nel Signore ed è rimasto deluso?
O chi ha perseverato nel suo
timore e fu abbandonato?
O chi lo ha invocato e da lui è stato trascurato?

I frutti del timore del Signore

 Guai ai cuori pavidi e alle mani indolenti
e al peccatore che
cammina su due strade!
Guai al
cuore indolente che non ha fede,
perché non avrà protezione.

14Guai a voi che avete perduto la perseveranza:
che cosa farete quando il Signore verrà a visitarvi?

15Quelli che temono il Signore non disobbediscono alle sue parole,
quelli che lo amano seguono le sue vie.
16Quelli che temono il Signore cercano di piacergli,
quelli che lo amano si saziano della legge.
17Quelli che temono il Signore tengono pronti i loro cuori
e si umiliano al suo cospetto.  

18Gettiamoci nelle mani del Signore
e non in quelle degli uomini
;

poiché come è la sua grandezza, così è anche la sua misericordia”.

Cuori pavidi – cuori paurosi (“non avere paura” – 365 volte nella BIBBIA) / ‘cuore’ nel senso di luogo intimo e decisionale abitato o indebolito dalla ‘paura’

Mani indolenti – mani pigre/attendiste/che non decidono/che non si immergono con determinazione poietica a trasformare la storia/mani che non portano frutto …

Cuori indolenti – torpido/grasso (che sopravvive semplicemente!) – cuore sclerocardico come ci ricorda anche il salmo 119

Cuore senza fede – cuore senza fiducia/senza perseveranza/sfi-duciati/dis-illusi/dis-perati/ un cuore che costruisce sulla sabbia, morbida al primo tatto, ma inconsistente poi …

Piedi che camminano su due strade – compromessi/ambiguità/interessi secondari/ipocrisie/maschere

È una riflessione sapienziale di elevatissimo valore: essa riflette il grande progetto antropologico e divino della persona che non vive avvoltolata su se stessa, ripiegata in modo ossessivo su se stessa, in una narcisistica contemplazione, fosse anche della sua perfezione morale e spirituale, ma in un mirabile tensione verso l’Altro (Dio) e verso l’altro (prossimo)!

Sapienziale: ossia capace di dare ‘sapore’ alle cose, alle scelte, alle relazioni, …

FORZA e VIRTU’; SAPIENZA e DIGNITA’; OPEROSITA’ e contestuale FIDUCIA NELLA PROVVIDENZA; DISCERNIMENTO PERSONALE ma anche il CORAGGIO DELLA TESTIMONIANZA, proprio per evitare inutili intimismi spirituali o morali.

Tutti questi atteggiamenti non sono dei semplici doni di natura, non sono dei pre-requisiti che una persona può avere o non avere: sono il frutto di un esercizio, di uno sforzo di crescita.

Il ‘timore del Signore’ si aggancia necessariamente alla ‘fortezza’ che è un altro dono dello Spirito Santo, che plasma la nostra ‘argilla’ e la rende nobile, profonda, capace di cose belle, vere, quindi sante!

La ‘FORTEZZA’ … è la capacità strutturata di resistere alla tensioni della vita … ma non solo come resistenza passiva – direi stoica, atarassica, priva di passioni – ma come offerta responsabile di verità, bellezza e bontà dentro il mondo, è l’offerta del lievito evangelico che impasta la storia personale, affettiva, sociale, comunitaria, spesso intrisa di male, di cattiveria, di brutalità, di cinismo.

Lasciarsi illuminare dagli eventi della storia, cercare di rispondervi al meglio delle proprie risorse, sempre con uno sguardo che confida (“GETTARSI NELLE MANI DEL SIGNORE” – cfr. v. 18) nella Provvidenza di Dio (una sinfonia scritta a ‘quattro mani’) genera nella persona una grande speranza e una altrettanto grande responsabilità:

non la speranza degli utopisti quasi rassegnati che vivono disancorati dalla realtà e dalle sue fatiche e limiti, ma il coraggio dei testimoni;

non la timidezza dei TURISTI DEL SACRO (che con passo svagato sgambettano allegramente sulla instabilità della sabbia, che al primo tatto è gradevole e promette impatti di morbidezza!), ma la tenacia (forse la follia!) dei PELLEGRINI DELL’ASSOLUTO (i cui piedi spesso spellati ma resi nerboruti dalla determinazione del cammino, si avvinghiano alla salda roccia di Cristo).

La sua casa, la casa del beato Luigi, edificata sulla roccia è stata il segno e il sogno degli abitanti di Lassù, degli uomini che vogliono diventare grandi: tuonano i venti, incute il terrorismo e la violenza, la chiesa vive i suoi scandali, il nostro corpo ci tradisce con la malattia, forse anche gli amici ci abbandonano, eccetera eccetera …, ma il cuore di chi abita questa casa sulla roccia non viene meno, pur soffrendone, chiaramente!!

TIMORE e FORTEZZA esprimono il contenuto più vero dell’autentica autonomia interiore, intesa come possibilità di trascendersi: la persona diventa progressivamente capace di EK-STASI, tenendo insieme la potenzialità dell’ORA (presente), il patrimonio dell’ALLORA (passato) in una tensione verso il NON-ANCORA (futuro).

Inizia, a questo punto, un processo di purificazione, un cambiamento radicale del proprio orizzonte di vita: è il passaggio dall’illusione all’incontro, dai miei desideri ai Suoi, dalla falsa all’autentica esperienza spirituale.

È chiaro che dal punto di vista causale v’è anzitutto il dono che Dio fa del suo amore, senza il quale non si dà autentica conversione. Ma questo dono richiede una risposta responsabile e globale, un investimento totale dell’uomo, e comporta una purificazione integrale.

In questa nuova ottica, la persona è liberata da sé stessa, o se si vuole, è affrancata dal condizionamento imposto dell’inevitabile prezzo da pagare. Ora, l’orizzonte è cambiato e cambiato è il criterio che muove il desiderio e dirige la decisione e l’azione: non più il prezzo da pagare, bensì la persona amata da raggiungere, costi quel che costi.

Tale progetto, santa Teresa d’Avila lo definisce come “portare lo sguardo al centro”, facendo convergere il meglio della propria esistenza su un grande progetto di santità e di carità.

Tale progetto in cui si riconoscere il primato assoluto di Dio come fonte ispirativa dell’opera permanente di carità, è ben sintetizzato in uno scritto di p. Tezza: “Tutto in Dio, tutto per Dio, tutto con Dio. Disposti per la carità a fare sempre più doloroso sacrificio, massime verso i poveri infermi; tale generosità sia di ogni istante e nei dettagli più piccoli della vita” (Scritti, 106, 27).

Emerge come l’immensità di Dio venga calata in forma radicale:

  • in ogni forma di ‘sacrificio’ (sacrum-facere), ossia di rinuncia;
  • in ogni forma di condivisione solidale con i poveri e i malati, percepiti come i destinatari privilegiati dell’amore di Dio;
  • in ogni forma di semplice, quotidiana e perpetua disponibilità;
  • in ogni forma di bene che deve essere curato nei minimi dettagli, preceduto/accompagnato/seguito da una cura ‘maniacale’ per amore della persona, nel cui profilo viene percepito il volto stesso di Dio.

Per p. Tezza, come anche per madre Giuseppina Vannini, risulta intuitiva la percezione del volto di Dio che è ‘carità’, ossia, un amore che ad imitazione di Gesù ‘si spoglia’ o meglio ‘si svuota’.

Spogliarsi è ancora poco: spogliarsi è l’esterno, svuotarsi è l’interno. L’amore cede tutto lo spazio all’altro, accoglie l’altro, non occupa posto, è pura accoglienza. Quindi, la prima manifestazione dell’amore è il vuoto, come la prima manifestazione dell’egoismo è riempire tutto.

L’amore è discreto, lascia il posto all’altro, si svuota e prende la ‘forma’ del proprio prossimo. Chi ama diventa come colui che è amato, si identifica con lui. Ecco che Dio, la sua gloria, la fa consistere nell’identificarsi con noi; quindi, non nel distinguersi. Mentre l’egoismo vuol distinguersi dall’altro, affermarsi sull’altro, la gloria di Dio prima di tutto si svuota, poi si identifica con l’altro e, alla fine, si fa ‘obbediente’, che in greco, vuol dire “ascoltare stando sotto, stando sottomesso”.

L’amore è sottomissione, non è dominio, è servizio, è andare incontro al desiderio dell’altro e non solo per un momento, ma fino alla morte, cioè tutta la vita a servizio.

Conosciamo la generosità del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, egli si fece povero, affinché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà.

Chiamati ad una vita intensamente evangelica, scegliamo di seguire il Salvatore che nacque nella povertà, visse nella privazione di tutte le cose, e morì nudo in croce.

Ecco, capire che questa è la gloria, è il grande mistero della nostra vita consacrata. Quando Gesù lava i piedi, noi diciamo sempre che Gesù si è degnato di lavare i piedi ai suoi discepoli: Gesù non si è degnato di lavare i piedi, ha manifestato la sua gloria lavando i piedi, la sua dignità, non si è abbassato, non si è umiliato a lavare i piedi, si è esaltato, ha mostrato la vera esaltazione, quella di servire, che è la gloria di Dio. Allora il vero problema è il baco che abbiamo in testa: il concetto di gloria, dal quale ci guarisce solo la contemplazione del Cristo.

Alla radice di ogni vera spiritualità si scopre che vi è una scelta e una rinuncia; c’è un guadagno ma anche lo svuotamento;  la vita consacrata è “sottrazione”, è avere meno come condizione per crescere.

Solo coloro che non hanno nulla da proteggere o da difendere godono di una grande libertà di spirito e possono accogliere Cristo nella loro vita. Coloro che hanno tutto o molto, non hanno bisogno degli altri. La semplicità di vita e la povertà dei consacrati rappresentano un modo di essere che fa sì che ciò che essi possiedono non possieda loro.

La semplicità ha sempre richiesto sobrietà e persino austerità nel rapporto con noi stessi; solidarietà nei nostri rapporti con gli altri, fiducia nel nostro rapporto con Dio e una saggia libertà e cura nel rapporto con le altre persone. Così si coprono tutte le dimensioni di una consacrazione che serve per stimolare un processo continuo di conversione.

Bene omnia fecit. Non cose straordinarie, non miracoli. Facciamo bene quello che dobbiamo fare. Nella proporzione in cui viviamo la nostra partecipazione alla vita stessa di Cristo godiamo di vita spirituale evangelica.

Vedi che non ci sia nulla che lavori nella tua mente e nel tuo cuore, se non Dio solo” (Anonimo inglese XVI sec.).