Tra le Opere di Misericordia che avevamo imparato al Catechismo vi era anche “ammonire i peccatori”, espressione forse poco felice, perché sembra presupporre che il cristiano non peccatore debba ammonire chi lo è. Anche per questo, probabilmente, tale opera è andata dimenticata, e così si è persa memoria del fatto che l’istanza sottesa a questa espressione è in verità quella della correzione fraterna, una correzione però sempre reciproca. Ammorbati come siamo da una vera e propria patologia quale è l’indifferenza degli uni verso gli altri e la conseguente mancanza di prossimità, non sappiamo neppure più che la correzione fraterna è uno degli atteggiamenti cristiani più decisivi per la salvezza del singolo e per la stessa comunità cristiana, la Chiesa. Se non ci si sente custodi, responsabili del fratello ,della sorella, dell’altro (vedi Gen.4,9: “sono forse io il custode di mio fratello?”), allora si vive nel proprio isolamento, senza guardare gli altri, senza avvicinarsi all’altro. In questo modo non nasce mai l’occasione per la correzione reciproca, e di fatto si incoraggia la crescita del male, che sarà sempre più dilagante in quanto non viene mai giudicato: e così, lo si voglia o no, si autorizza chi compie il male a commetterlo senza essere frenato, richiamato.
Questa opera di misericordia pertanto ci spinge in primo luogo a prendere atto, senza dubbio alcuno, che siamo tutti peccatori; in secondo luogo a convincerci che il peccato agli occhi della fede, è la peggior disgrazia che possa capitarci. Constatiamo invece che l’esasperata laicità degli stati moderni, il dilagare, a volte spregiudicato, dei mezzi di comunicazione- giornali, radio, televisione-, e molte altre cause ancora, stanno cancellando il senso del peccato anche nelle famiglie che si dichiarano cristiane. Il peccato è stato sempre presente nella storia umana, e lo è ancora oggi, anche se la stessa parola è scomparsa quasi del tutto e non sono rari i casi nei quali esso viene approvato e applaudito. Esiste infatti un legame innegabile tra Dio e l’uomo, tra Creatore e creatura, ed è per questo vincolo che il peccato assume il ruolo preciso di rifiuto e di opposizione a Dio. Esso infatti si oppone all’amore di Dio per noi e viene definito da sant’Agostino “l’amore di sé fino al disprezzo di Dio”. Dare pertanto una mano al fratello perché se ne liberi, significa volergli bene davvero. “Chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore –scrive l’apostolo Giacomo- salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati.”(Gc.5,20) E la Lettera ai Galati: “Quando uno venga sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con dolcezza. E vigila su te stesso per non cadere anche tu in tentazione.”(Gal.6,1) La correzione fraterna è però iniziativa delicata e non priva di rischi. Non bisogna mai perdere di vista la pungente parola del Signore:” Come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza del tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave?”(Mt.7,4) Così pregava a questo proposito sant’Ambrogio:” Ogni volta che si tratta del peccato di uno che è caduto, concedimi di provarne compassione e di non rimproverarlo altezzosamente, ma di gemere e piangere, così che mentre piango su un altro, io pianga su me stesso.”E sarà bene in ogni caso essere persuasi che “la miglior correzione fraterna è l’esempio di una condotta irreprensibile”.
Il verbo Ammonire, nel linguaggio biblico, assume molteplici volti e significati come esortare, correggere, ammaestrare, rimproverare, riprendere, come quando viene detto che il Signore corregge colui che ama: “Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che ama e percuote qualunque riconosce come figlio. E’ per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal Padre? Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono addestrati. Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire.”(Ebr.12,5-7.11-13) Dio quindi ci corregge perché ci ama e per questo Giobbe potrà affermare:”Felice l’uomo, che è corretto da Dio: perciò tu non sdegnare la correzione dell’Onnipotente, perché egli fa la piaga e la fascia, ferisce e la sua mano risana.”(Gb.5,17-18) Per il pio israelita pertanto, imitare la condotta di Dio, non era un consiglio, ma un vero comando:” rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui”;(Lv.19,17) tacere invece avrebbe significato complicità con il peccato altrui:” Se io dico all’empio: empio tu morirai, e tu non parli per distoglier l’empio dalla sua condotta, egli, l’empio, morirà per la sua iniquità; ma della sua morte chiederò conto a te.”(Ez. 33,6) Sulla stessa lunghezza d’onda, Gesù invita noi a fare altrettanto:”Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all’assemblea; e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano.”(Mt.18,15-17) Ricordando che Gesù sulla croce è morto per tutti e per ciascuno, per questo il desiderio del Padre è che tutti si salvino:”Com’è vero che io vivo, non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva.”(Ez.33,11)
Per questo San Paolo ci consiglia come dobbiamo agire per la salvezza dei peccatori:”La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente. Ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza.”(Col.3,16) Benedetto XVI ha scritto nella Quaresima 2012 una Lettera Pastorale proprio per spiegare il senso della correzione fraterna, così desueta in un tempo di imperante individualismo .Egli Scrive:”Viviamo un’epoca di benessere spirituale soggettivo piuttosto che di vita fraterna comunitaria e di amicizia. Prevale la paura di farsi carico l’uno dell’altro, cioè di vero amore reciproco. Infatti, ammonire non è liberarsi dell’altro con un giudizio, ma legarsi a lui, aiutarlo. Chi ammonisce deve volergli ancora più bene! L’ammonimento per essere credibile richiede insistenza e fedeltà, non un gesto di impulso per mettersi a posto la coscienza! Solo un amore così permette di cambiare e di comprendere il nostro peccato!..L’essere fratelli in umanità e, in molti casi, anche nella fede, deve portarci a vedere nell’altro un vero alter ego, amato in modo infinito dal Signore! Non tacere per amore, ammonire, è vera carità e non farlo non è rispetto, ma indifferenza. La correzione certamente non è attraente né per chi la esercita, né per chi la subisce.
E’ tale solo se esercitata e vissuta nell’amore! E’ mossa sempre dalla misericordia e sgorga da vera sollecitudine per il bene del fratello! Ammonire- conclude il Papa Emerito- è gesto di carità e tutti ne abbiamo bisogno.”La parola che salva pertanto va annunziata a tutti, volenti e nolenti ,da coloro che sono addetti alla predicazione- il Papa, i Vescovi, i Parroci, i Laici loro collaboratori e tutti i battezzati- i quali devono pure impegnarsi ad ammonire e istruire i fedeli che si trovano in difficoltà, usando discrezione, amabilità e soprattutto dando il proprio esempio, con quella maturità e spirito evangelico di cui parla San Paolo: ”Fratelli miei, sono convinto che voi pure siete pieni di bontà, colmi di ogni conoscenza e capaci di correggervi l’un l’altro.”(Rm.15,14) San Francesco che era geniale nella carità, ci ricorda che “ammonire non avviene soltanto con le parole, ma anche e soprattutto con la nostra vita e con l’esempio. Triste invece l’uomo cui non si può dire nulla.”Mentre S. Vincenzo de’ Paoli ci suggerisce:”prima di ammonire, bisogna pregare; non bisogna ammonire ad ogni momento e per cose da nulla; bisogna ammonire a tempo opportuno, quando si può sperare un buon frutto; bisogna avvertire con molto rispetto e umiltà e dopo essersi scusati; non bisogna mai correggere spinti dalla passione; mai ammonire in presenza d’altri.”Non dimenticando di invocare lo Spirito Santo, perché ci suggerisca le parole giuste che possono toccare il cuore di chi ci ascolta.
Padre Rosario Messina
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