di p. Paolo Guarise
Il 23 febbraio scorso a Nairobi è venuta a mancare Sr. Tereza Brancalione delle Suore Ministre degli Infermi di S. Camillo. Ha trascorso la maggior parte della sua esistenza in missione, tra cui trentotto anni in Kenya. I Camilliani, particolarmente quelli che l’hanno conosciuta a Tabaka e a Nairobi intendono, con questo scritto, manifestare la loro gratitudine.
“Oh, ecco che arriva la Reverenda Madre!”. Così la chiamava l’anziano gesuita quando lei arrivava in stanza per le medicazioni. Questo avveniva nel 2016, dopo che era stata assegnata alla comunità/infermeria “Pedro Arrupe” dei Gesuiti di Karen (Nairobi). Senonché, dopo qualche mese, lo stesso religioso che scherzava chiamando l’infermiera “Reverenda Madre” ora la salutava chiamandola semplicemente “madre”, cioé mamma, perché era così che quell’infermiera si comportava: come una mamma!
Stiamo parlando di Sr. Tereza Brancalione, suora camilliana che è venuta a mancare il 23 febbraio 2021 a Nairobi (Kenya), a seguito di una breve malattia. Dal nome si potrebbe pensare che fosse italiana – infatti parlava italiano molto bene -, senonché nel nome di battesimo c’è quella “z” di Tereza che ci fa capire che non era italiana, ma brasiliana di lontane origini italiane (precisamente veronesi).
Missionaria in Italia
Suor Tereza Brancalione nasce a Protàsio Alves – Nova Prata/RS, in Brasile, da Luiz Brancalione e Maria Lunardi il 24 settembre 1948. A 14 anni, il 2 gennaio 1962, viene ammessa come aspirante nella Congregazione delle Suore Camilliane a São Leopoldo, nello stato del Rio Grande do Sul. Il 7 luglio 1965 emette i voti semplici, dopo di che frequenta il Corso per Infermiere e nel 1970 viene inviata “in missione” in Italia dove lavora in ambulatorio, a Lucca, per tre anni. Il 24 giugno 1972 emette i voti perpetui presso la Casa Generalizia di Roma per poi ritornare in Brasile nel 1973. Nei dieci anni che seguono Sr. Tereza, quale degna figlia della Beata Domenica Brun Barbantini, pratica l’attività di infermiera curando i malati in diversi ospedali, perfezionando il suo diploma in Technical Nursing (1978) ed anche assolvendo all’incarico di superiora della comunità. E’ in questo periodo che Sr. Tereza contrae l’infezione della tubercolosi per la quale deve lottare per oltre otto mesi.
Missionaria in Africa
Nel 1983 ritorna all’Università dove consegue un’ulteriore specializzazione in Scienze Infermieristiche, cosicché è pronta alla più grande avventura della sua vita, della quale però non ha nessuna conoscenza. Questa avventura diventa realtà quando la Superiora Generale le chiede di andare in missione, stavolta non in Italia ma in terre più lontane, in Africa, precisamente in Kenya. Sr. Tereza accoglie con obbedienza ed entusiasmo l’ordine che viene dall’alto e il 21 dicembre 1983 atterra all’aeroporto di Nairobi dal quale si dirige immediatamente all’ospedale di Tabaka, gestito dai Religiosi Camilliani, dove già lavorano quattro sue consorelle da sette anni. A Tabaka si ferma poco, giusto per imparare l’inglese, perchè nel 1984 si trasferisce ad Ongata Rongai, nelll’area metropolitana di Nairobi, per prestare servizio al “Fatima Health Centre”. Vi rimane fino al 1990 quando approda alla Casa di formazione e sede della Delegazione di Masai Lane, a Nairobi. Qui esercita l’incarico di Superiora della Delegazione del Kenya per nove anni (1990-1999) e allo stesso tempo è impegnata nella formazione delle aspiranti e giovani suore africane. In questo tempo è pure superiora della comunità ed economa di Delegazione per diversi periodi.
Nel 2016 riceve l’invito dei Padri Gesuiti ad occuparsi, come infermiera, del “Centro Padre Arrupe” che ospita i loro religiosi anziani e malati. Sr. Tereza si prende cura con amore di madre – come detto sopra – dei religiosi malati nei quali vede e serve la persona di Cristo. Sr. Tereza ha sempre goduto di buona salute, per cui è per tutti oggetto di sorpresa quando il 24 gennaio 2021 viene ricoverata d’urgenza al “Nairobi Hospital” dal quale purtroppo, con le sue forze, non uscirà più. In quell’ospedale ha lottato per un mese, con fede e coraggio, prima di ricongiungersi con il suo Signore e con la sua Fondatrice il 23 febbraio 2021.
Un addio triste, eppure velato di gioia
Il funerale viene celebrato da uno dei suoi “ospiti” del Centro Arrupe, che lei aveva accudito per cinque anni, Mons. Rodrigo Mejia, colombiano, Vescovo Emerito di Soddo (Etiopia). Il corpo di Sr. Tereza riposa nel terreno della Casa Centrale di Nairobi in Msai Lane, vicino al Centro Arrupe dei Gesuiti e al Seminario S. Camillo dei Camilliani: due luoghi a lei familiari. Nel corso del rito funebre Mons. Mejia, che ha conosciuto bene Suor Tereza negli ultimi anni, ha voluto che durante la Messa venisse cantato il Gloria, nonostante si fosse nel tempo liturgico di Quaresima, e venisse recitato il salmo 118 che proclama con esultanza: “Questo è il giorno che il Signore ha fatto, rallegriamoci ed esultiamo”. “Forse vi meraviglierete – ha precisato Mons. Mejia durante la celebrazione – che vi inviti a rallegrarvi nel corso di un funerale! Lo faccio di proposito perchè abbiamo buone ragioni di pensare che Sr. Tereza sia in Paradiso! La sua vita è stata vissuta in una consacrazione totale al Signore, attraverso l’esercizio della cura e assistenza dei malati, nella fedele osservanza al suo quarto voto”.
Trentotto sono gli anni che Sr. Teresa ha trascorso in Kenya. La sua attività, oltre al servizio competente e disinteressato ai malati e sofferenti, è stata caratterizzata da una intensa dedizione alla causa del sorgere e svilupparsi della Delegazione keniota della Congregazione, in particolare nel campo formativo e nella fase iniziale della leadership. Caratteristiche del suo temperamento sono state la semplicità, un’indole gioiosa e facile al sorriso, la generosità e un profondo senso di resposabilità nel portare a compimento gli svariati impegni della Delegazione.
Il suo volto avrà sorriso ancora una volta nel sentire la voce del suo Signore che l’ha chiamata con le parole che tutti conosciamo e che vorremmo fossero rivolte anche a noi: “Vieni, benedetta dal Padre mio, perché ero infermo e sei venuta a visitarmi”.
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