Tratto da Beato Luigi Tezza. Apostolo dell’amore di Dio, di Antonio Casera, edizioni Velar
Con la formazione degli stati indipendenti dell’America Latina, cessarono di esistere varie comunità religiose camilliane; questo accadde anche in Perù.
L’unica superstite era rimasta la casa della Buenamuerte che, pur dichiarata separata da Roma per volere delle autorità, aveva conosciuto disordini e momenti drammatici, dovuti alle tendenze anticlericali dei governanti.
Malgrado la situazione critica, il popolo aveva espresso un costante amore verso la comunità dei religiosi Camilliani, difendendola, anche perché essi, non erano mai venuti meno alla fedeltà all’assistenza dei malati.
Pur tuttavia era sempre emerso, nella comunità religiosa, il desiderio di dipendere dal governo centrale dell’Ordine, che aveva sede a Roma, voluta e realizzata dallo stesso fondatore San Camillo de Lellis.
Questo primo passo necessitava di essere accompagnato da un progetto di riforma che riportasse la casa religiosa ad uno stile di vita conforme alle esigenze del Vangelo e delle Regole dell’Istituto.
Al Tezza viene affidata questa delicata missione. La scelta di padre Tezza come Visitatore della Comunità camilliana di Lima non è casuale. Rivolgendosi a lui, il Superiore generale, padre Giuseppe Sommavilla, subentrato al padre Giovanni Mattis, sa di poter fare affidamento su una persona ricca di esperienza, cui è ben nota la situazione della comunità camilliana della capitale peruviana.
Quale sia stato lo stato d’anima del Tezza nell’attesa della partenza da Genova per Lima è ben descritta nelle lettere da lui inviate alla Figlie di San Camillo nello spazio di pochi giorni.
Nella corrispondenza di quel periodo egli non esita a manifestare i propri sentimenti. Il sacrificio della separazione, infatti, viene mitigato dalla constatazione che lo spirito del Signore regna tra le sue figlie, animate dal crescente desiderio e dalla ferma volontà di divenire sempre più delle vere e sante religiose.
Il viaggio è lungo e faticoso. Padre Tezza lascia il porto di Genova, sulla nave “Etruria” , il 3 maggio del 1900, e la traversata termina il 20 giugno con l’arrivo al Callao, porto di Lima. Sono trascorsi 49 giorni dalla partenza.
Durante il tempo trascorso sulla nave la finalità della spedizione non è mai dimenticata. La Messa celebrata quotidianamente lo rafforza e contribuisce a trasformare lo spostamento geografico da un continente all’altro in un movimento interiore, coerente con il cammino spirituale da lui percorso fino a quel momento della sua vita. Percorrendo i 12 km che separano il porto di Callao da Lima il padre Tezza raggiunge il convento camilliano della Buenamorte, “al suono delle campane a festa”, con tutti i religiosi “schierati in portineria in gran mantello”.
Quando, il giorno dopo il suo arrivo, si reca a rendere visita al Vescovo e al Delegato Apostolico, Mons. Pietro Gasparri, il quadro che viene illustrato è molto fosco: “Affare da mettere le mani nei capelli sia per il materiale che per il formale e il morale”, scrive impressionato il Tezza al Superiore generale. L’impresa del Visitatore si prospetta quindi molto ardua.
Un’autentica sfida, che il Tezza si dispose ad affrontare con spirito di fede e con coraggio. Qui i Camilliani del convento della Buenamorte erano presenti da quasi due secoli, esercitando il loro ministero al fianco dei moribondi. La gente amava chiamarli “i padre della buona morte”. Da molto tempo, però, era avvenuto il distacco della sede centrale dell’Ordine, vale a dire dalla Casa Madre di Roma, fondata da San Camillo, con conseguente rilassamento dello spirito religioso. Gli stessi religiosi verso la dine del 1800 chiedono di essere riuniti a Roma. Occorre però, come già detto, riportare la fondazione allo spirito primitivo.
Per questa ardua e delicata missione di riforma, era stato scelto, come abbiamo detto sopra, il padre Tezza, il cui soggiorno sembrava doversi prolungare per poco tempo, invece diventerà definitivo: vi rimarrà infatti per 23 anni.
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