Il 1° ottobre si celebra la Giornata Mondiale degli anziani, istituita nel 1990 dalle Nazioni Unite.
Per l’occasione pubblichiamo il messaggio di S. E. Mons. Zygmunt Zimowski, Presidente dell Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute).
Domani, 2 ottobre 2013, Mons. Zimowski guiderà il pellegrinaggio a Bucchianico del suo Dicastero nell’Anno Giubilare per le celebrazion i del IV Centenario della morte di San Camillo.
Messaggio di S.E. Mons. Zygmunt Zimowski,
Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari
(per la Pastorale della Salute)
in occasione della Giornata Internazionale dell’Anziano
1° Ottobre 2013
Il valore della vita della persona anziana
Cari fratelli e sorelle già avanti negli anni, cari familiari e personale del mondo socio-sanitario che siete loro vicini,
in occasione della Giornata Internazionale dell’Anziano, che si celebrerà martedì prossimo, 1° ottobre, desidero rilanciare gli appelli di Sua Santità Papa Francesco, affinché tutti ci impegniamo ad avere maggiore considerazione per gli anziani, a difenderne il diritto ad una vita dignitosa ed alla partecipazione attiva alla comunità ed alla società.
Questa Giornata Internazionale costituisce una ricorrenza importante, destinata ad assumere una rilevanza sempre maggiore, anche in ragione degli oltre 600 milioni di anziani stimati a livello planetario, nonché del progressivo invecchiamento della popolazione mondiale che, entro una decina d’anni, si stima potrebbe comprendere oltre un miliardo di persone anziane.
Pertanto siamo chiamati tutti, cristiani e persone di buona volontà, a collaborare ovunque per una società umana quanto più equa e giusta, arricchita anche dall’effettiva partecipazione di chi potrebbe essere considerato “non utile” o, addirittura, “di peso”, ma che può invece apportare il proprio contributo per l’esperienza e la saggezza acquisite nel cammino della vita.
«Siamo in presenza di una filosofia e di una prassi di esclusione dei due poli della vita», ha evidenziato Papa Francesco il 25 luglio scorso, durante l’incontro con i giovani argentini nella Cattedrale di San Sebastián di Rio de Janeiro. Si potrebbe pensare – prosegue il Santo Padre – che ci sia «una specie di eutanasia nascosta, cioè non ci si prende cura degli anziani; ma c’è anche un’eutanasia culturale, perché non li si lascia parlare, non li si lascia agire». Sono parimenti emarginati i giovani: questa è una civiltà «che ci ha portato a escludere i due vertici che sono il nostro futuro». Pertanto, «i giovani devono emergere, devono farsi valere» e «gli anziani devono aprire la bocca, gli anziani devono aprire la bocca e insegnarci! Trasmetteteci la saggezza dei popoli!».
In molte società dei Paesi cosiddetti “ricchi”, far sì che l’anziano sia e rimanga co-protagonista della vita sociale comporta, inoltre, affrontare la realtà del prolungarsi della vita, dovuto a vari fattori, fra cui le accresciute conoscenze in campo medico e scientifico. Un prolungamento che non può, dunque, essere solo tempo di sopravvivenza, ma che dovrebbe essere valorizzato in modo rispettoso e appropriato, a partire dalla volontà e dalle caratteristiche della stessa persona anziana, e dal contesto a cui appartiene.
«È bello essere anziani!», esclamò Papa Benedetto XVI visitando una Casa-famiglia di Roma il 12 novembre 2012. «In ogni età – proseguì il Santo Padre – bisogna saper scoprire la presenza e la benedizione del Signore e le ricchezze che essa contiene. Non bisogna mai farsi imprigionare dalla tristezza! Abbiamo ricevuto il dono di una vita lunga. Vivere è bello anche alla nostra età, nonostante qualche “acciacco” e qualche limitazione. Nel nostro volto ci sia sempre la gioia di sentirci amati da Dio, e non la tristezza».
Ciononostante, le persone avanzate in età possono rischiare a volte di essere trascurate persino nella Comunità ecclesiale. Già molti anni fa la Dichiarazione di Toronto sui diritti e sulle cure degli anziani aveva affermato che, se è pur vero «che le persone anziane hanno l’opportunità di pregare, meditare e crescere nella vita spirituale, spesso non sono incoraggiati a sviluppare la loro spiritualità per una scarsa comprensione dei loro problemi».
Ancora oggi la situazione non è molto mutata. Eppure “evangelizzare la vecchiaia” significa scoprire le sue intrinseche e originali possibilità, i suoi propri significati, quei valori che si possono attuare soltanto in questo tratto del cammino dell’uomo. È uno spazio vero per la Buona Novella.
Non si evangelizza un’età della vita aggiungendovi qualcosa dall’esterno, né semplicemente riempiendola di cose da fare. È anzitutto questione di significati, non di cose o di attività.
Mediante la solidarietà tra giovani e anziani si ha modo di comprendere come la Chiesa sia effettivamente famiglia di tutte le generazioni, in cui ognuno deve sentirsi a casa, dove non regna la logica del profitto e dell’avere, ma quella della gratuità e dell’amore. Quando negli anni della vecchiaia la vita diventa fragile, essa non perde mai il suo valore né la sua dignità: ognuno è voluto, amato da Dio, ognuno è importante e necessario.
In tale prospettiva si inserisce il valore di una pastorale specifica, che comprende anzitutto come elemento fondamentale la comunione fra generazioni. Un primo grande aiuto verrà dal realizzare una comunità ecclesiale fraterna, dove giovani e anziani insieme si rivolgono a Dio, e dove tutti sono convinti che una concezione efficientistica della vita non è adeguata. Si tratta, dunque, di favorire una cultura dell’unità: unità anche fra le generazioni, da non vedersi staccate l’una dall’altra, tanto meno contrapposte; una visione della vita che serva alle nuove generazioni per crescere, respirando quotidianamente questa cultura dell’unità, in cui ciascuno dà un suo apporto insostituibile.
Inoltre, si dovrebbe operare una pastorale degli anziani piuttosto che per gli anziani. La persona di una certa età non è prima di tutto oggetto di cura e di attenzione pastorale caritativa, quanto piuttosto soggetto e protagonista potenziale dell’azione pastorale. Il Beato Giovanni Paolo II, nell’Enciclica Christifideles laici, evidenziò che «la Chiesa chiede e attende che essi [gli anziani] abbiano a continuare la loro missione apostolica e missionaria, non solo possibile e doverosa anche a questa età, ma da questa età resa in qualche modo specifica e originale» (n.48). Questa missione apostolica e missionaria – prosegue – «è un compito da assumersi, superando con decisione la tentazione di rifugiarsi nostalgicamente in un passato che non ritorna più o di rifuggire da un impegno presente a causa delle difficoltà incontrate in un mondo dalle continue novità; e prendendo sempre più chiara coscienza che il proprio ruolo nella Chiesa e nella società non conosce affatto soste dovute all’età, bensì conosce solo modi nuovi».
Per quanto riguarda l’assistenza sociale e sanitaria, poi, è essenziale che essa sia animata da profonda considerazione per le persone, in comunità che riuniscano non solo le persone anziane, ma anche gli operatori professionali. Un’istituzione geriatrica può permettere di stringere nuove relazioni e offrire l’occasione di aiutarsi e di incoraggiarsi a vicenda, ma tutto ciò deve essere animato dall’amore: perché quello che è fatto o dato senza amore, dalla persona è percepito come umiliante. Una particolare cura, come già accade in molte realtà anche economicamente povere, è da riservare all’assistenza religiosa degli anziani non autosufficienti, non solo nelle case di riposo, ma anche nelle loro abitazioni, sia visitandoli spesso, sia valorizzando la loro vita e le loro sofferenze durante la liturgia e nella preghiera comune. L’assistenza religiosa degli anziani dovrebbe essere infatti un impegno di tutta la comunità cristiana, oltre che una particolare attenzione del volontariato. È con tale spirito che il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari sta organizzando, per i giorni 21, 22 e 23 novembre, in Vaticano, la Conferenza Internazionale dedicata a “La Chiesa a servizio della persona anziana malata: la cura delle persone affette da patologie neurodegenerative”.
Nella prospettiva cristiana, infatti, la vecchiaia non è il venir meno della vita, ma il suo compimento. L’età anziana porta con sé la sintesi di ciò che si è appreso e vissuto, la sintesi di quanto si è sofferto, gioito, sopportato: «come nel finale di una grande sinfonia, ritornano i temi dominanti della vita per una potente sintesi sonora», come sottolineò Papa Wojtyla nel suo Discorso agli anziani, tenuto a Monaco di Baviera il 19 novembre 1980.
La vita è un viaggio che può far acquisire una profonda saggezza, quella saggezza citata da Papa Francesco nel suo primo Angelus, quando ha raccontato: «Una volta venne da me una signora anziana, molto umile. “Nonna – che da noi le signore anziane si chiamano così – nonna, vuole confessarsi?”. “Sì, mi rispose”. Le chiesi: “Lei è convinta del perdono del Signore?”. E lei: “Sono certa, perché Dio perdona tutto”. Allora le chiesi: “Come fa a essere così sicura?”, e lei “Se Dio non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe».
Cari fratelli e sorelle, soprattutto voi che siete già avanti negli anni, vi saluto con affetto e cordialità e vi chiedo di non lasciarvi andare, di mantenervi saldi, nella consapevolezza che siete una testimonianza e una ricchezza per tutti noi e che ogni minuto della vostra vita è per noi prezioso.
Vi affido alla protezione della Vergine Santissima, che, dopo l’Annunciazione, andò in fretta dall’anziana parente Elisabetta, per aiutarla, condividere con lei la gioia per le grandi opere del Signore e lodare la sua infinita misericordia.
Città del Vaticano, 29 settembre 2013
Festa dei Santi Arcangeli Michele, Raffaele e Gabriele
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