Se il cuore di San Camillo pulsa ovunque viene curato un malato, esso arde maggiormente dove si assistono gli ultimi. (Documento capitolare 2001, n. 46)
Il dolore, la sofferenza, la malattia non conoscono barriere né confini e spesso sono generati e a loro volta generano povertà, disagio affettivo, fratture familiari, emarginazione degrado morale e relazionale. Attraversano paesi e culture lasciandosi alle spalle lacrime, amarezza e impotenza.
Anche se Camillo – mosso dallo zelo di una carità irrefrenabile – esortava i suoi a “scavare sottoterra alla ricerca dei malati” qualora non ne avessero a portata di mano, la malattia ed il soffrire sono l’evidenza più lampante del vissuto umano. In diverse forme e con differenti aspetti, la vita dell’uomo è segnata con il marchio del limite, dell’imperfezione, del dolore e della mancanza di salute.
Camillo de Lellis ha messo in guardia i suoi affinché fossero attenti a percepire il grido di dolore che si eleva dall’umanità e – come una madre amorevole – fossero pronti a rispondere con creatività e con cuore.
Nell’orizzonte dell’Ordine, la malattia assume una prospettiva ampia e non solo biologica. Aspetti sociali, psicologici, morali e spirituali, oltre a quelli inerenti alla mancanza di giustizia, concorrono a determinare il benessere o il suo contrario, la malattia.
L’Ordine fa proprio il grido di dolore di ogni essere umano, qualunque ne sia la razza, il ceto sociale, la provenienza. Di più: con maggiore dedizione si dedica ai più poveri ed a coloro la cui malattia può essere fonte di un pericolo e di rischio della vita!
Nulla della sofferenza umana è estraneo al seguace di Camillo de Lellis.
Con questo spirito camilliano alcune comunità del nostro Ordine hanno celebrato, passando ‘dalle parole ai fatti, nella verità delle opere’, la prima giornata mondiale dei poveri (19 novembre 2017), fortemente desiderata e voluta da papa Francesco.
«Tutti questi poveri – come amava dire il Beato Paolo VI – appartengono alla Chiesa per «diritto evangelico» (Discorso di apertura della II sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II, 29 settembre 1963) e obbligano all’opzione fondamentale per loro. Benedette, pertanto, le mani che si aprono ad accogliere i poveri e a soccorrerli: sono mani che portano speranza. Benedette le mani che superano ogni barriera di cultura, di religione e di nazionalità versando olio di consolazione sulle piaghe dell’umanità. Benedette le mani che si aprono senza chiedere nulla in cambio, senza “se”, senza “però” e senza “forse”: sono mani che fanno scendere sui fratelli la benedizione di Dio» (Papa Francesco, Messaggio. I Giornata Mondiale dei Poveri, n.5).
Presso il centro di accoglienza ‘san Camillo’ di Acireale – Catania – fr. Carlo Mangione e i confratelli camilliani, con i loro collaboratori e volontari hanno veramente ‘solennizzato’ questa giornata con una ‘tre giorni’ di eventi, dibattiti pubblici, di celebrazioni e di preghiera, per sensibilizzare la comunità civile ed ecclesiale rispetto a questa urgenza sociale in costante aumento.
In questi giorni è stata potenziata l’offerta sanitaria gratuita per tutti gli ‘amici della mensa’ – mensa che ogni giorno sforna circa 50-60 pasti – che al centro ‘san Camillo’ ogni giorno vengono ripuliti (offerta della doccia, del cambio della biancheria), accuditi (offerta di sostegno presso il centro di ascolto) e sfamati. Anche in questi giorni, alcuni militari americani di stanza alla base di Sigonella hanno offerto il loro aiuto e le loro competenze, soprattutto in ambito sanitario, per offrire il loro sostegno ‘alla comunità civile che li ospita nella propria terra’.
Dolore, emarginazione, sopruso, violenza, sopraffazione, prigionia e guerra, privazione della libertà e della dignità, ignoranza e analfabetismo, emergenza sanitaria e mancanza di lavoro, tratta e schiavitù, esilio e miseria. L’elenco dei “mille volti” della povertà è al centro del messaggio per la Giornata mondiale dei poveri. Verso di loro, spesso alziamo muri e recinti, pur di non vederli e non toccarli, dall’altro della nostra «ricchezza sfacciata».
Volenti o nolenti, almeno questa domenica, siamo stati ‘obbligati’ ad aprire i nostri occhi per constatare, forse con fastidio, che i poveri esistono, e ci sono prossimi, più di quello che stimiamo. Siamo chiamati ad uno stile sobri e continuativo di «condivisione» con loro, per non amare a parole ma con i fatti, come Francesco d’Assisi con il lebbroso. I poveri, ammonisce il papa nel messaggio, non sono i semplici destinatari di una buona pratica di volontariato, che a volte, semplicemente, rischia di essere una piccola panacea, per far star bene ed ‘in pace’ la nostra coscienza.
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